domenica 14 febbraio 2010

Impareggiabile Suspence


Ancora vittima delle vertigini procuratemi da Shutter Island, sono andato alla ricerca di altri titoli legati al tema della follia e ho recuperato Suspence, un classico del gotico che, chissà per quale oscura ragione, mi era finora sfuggito.
Ma non è mai troppo tardi per colmare (imperdonabili) lacune ed assegnare immediatamente al film di Jack Clayton un posto di assoluto rilievo nella classifica dei miei film preferiti. Seminale horror psicologico tratto da Giro di vite (The Turn of the Screw) di Henry James, Suspence (molto più azzeccato il titolo originale, The Innocents) è uno di quei film che non smette di darti brividi lungo la schiena ben oltre lo scorrere dei titoli di coda. Con un equilibrio che toglie il fiato Clayton riesce miracolosamente a conservare l'ambiguità del testo originale e realizza un'opera magistrale carica di suggestioni spaventose e di terribili, irrisolti sottintesi psicanalitici.


L'immagine iniziale (la stessa che torna alla fine) impone già il tono oscuro e dannato del film: due mani giunte in preghiera, un volto di donna dallo sguardo ora supplichevole, ora smarrito, ora posseduto, e una voce che dice: "Tutto quello che ho sempre voluto era aiutare i bambini, non far loro del male".

"Più di ogni altra cosa io amo i bambini"

Nonostante la mancanza di esperienza, Miss Giddens (Deborah Kerr) viene assunta come istitutrice dei piccoli Flora e Miles. Lo zio non ha tempo per occuparsi di loro e, dopo la morte della precedente maestra, è ansioso di trovare una sostituta che se ne assuma la piena responsabilità. Giunta a Bry, splendida ed isolata magione, Miss Giddens conosce la vivace Flora e il precocissimo Miles, espulso dal collegio per la sua "cattiva" influenza sugli altri compagni. Miss Giddens è conquistata da entrambi ma è allo stesso tempo lusingata e turbata dai modi galanti (quasi da uomo maturo) che Miles ha nei suoi confronti.

Col passare dei giorni strani eventi iniziano a verificarsi: voci e risate indistinte percorrono il giardino e risuonano attraverso i muri, la sagoma di un uomo appare per un istante accanto alla torre, la figura di una donna vestita di nero attraversa il corridoio e i bambini si comportano come se nascondessero qualcosa. A poco a poco, Miss Giddens viene a conoscenza di una terribile storia legata al passato della casa: i due bambini erano fortemente legati l'uno al guardiacaccia Quint e l'altra alla vecchia istitutrice, Miss Jessel. La relazione perversa tra Quint e Miss Jessel non era un segreto per nessuno: lui abusava di lei "come un demonio" e, più la umiliava e la percuoteva, più lei lo adorava, divorata da una malsana febbre d'amore. "Si comportavano in casa come se fossero in mezzo al bosco", racconta la placida governante Mrs Groce, alludendo al fatto che i bambini avrebbero benissimo potuto assistere ai loro scandalosi atteggiamenti sessuali. Un giorno, Quint venne trovato morto sulle scale della magione (fu proprio il piccolo Miles a vedere per primo il corpo): Miss Jessel cadde in una profonda depressione e si suicidò gettandosi nel lago.


Il racconto sconvolge profondamente Miss Giddens: da questo momento in poi si convince che i bambini siano invasati dagli spiriti dei due amanti defunti, che in questo modo possono continuare a vedersi e a congiungersi anche dopo la morte, prolungando all'infinito i loro atti aberranti e moralmente riprovevoli. Come liberare i poveri "innocenti" da una simile oscenità? Miss Giddens non ha dubbi: i bambini devono confessare di vedere i fantasmi di Quint e Miss Jessel, ammettendo così di esserne succubi. "I bambini sanno, i bambini vedono", dice Miss Giddens. Lei stessa arriva più volte a dubitare della propria sanità mentale ma quando lo spirito di Miss Jessel lascia una vera lacrima sulla cattedra dello studiolo ogni dubbio è dissipato.

Apparentemente ci troviamo di fronte ad un classico racconto di fantasmi ambientato in epoca vittoriana, ma la messinscena, sospesa tra realtà ed allucinazione, suggerisce che tutto potrebbe essere frutto della mente instabile della protagonista. Le apparizioni di Peter Quint avvengono sempre dietro ad una vetrata (il cadavere fu ritrovato all'esterno della casa) e sono legate alle presenza di Miles (dettaglio non trascurabile: Miss Giddens vede distintamente il volto del guardiacaccia solo dopo essersi incidentalmente imbattuta in una foto che lo ritrae), mentre quelle di Miss Jessel hanno luogo nello studiolo o sul lago, dove Flora si rifugia "quando vuole stare sola" e dove l'istitutrice fu rinvenuta morta.

Dotata di una grande immaginazione, Miss Giddens è istruita, gentile, amorevole ma è anche sessualmente repressa (è figlia di un pastore anglicano): in una delle scene più sconvolgenti, quando Miles le dà un appassionato bacio della buona notte, il dettaglio delle labbra tremanti della donna e il suo sguardo violentemente scosso rivelano una terribile attrazione, un desiderio imperdonabile. Come giustificare questo desiderio tanto sconveniente, osceno ed inconfessabile verso il piccolo Miles? Ecco che allora la sua fantasia partorisce la storia della possessione demoniaca: è lo spirito del selvaggio Quint che si è impadronito di Miles a far sembrare il bambino tanto desiderabile ai suoi occhi, come se fosse un uomo adulto. O forse gli spiriti ci sono davvero e le apparizioni sono reali. Il confine tra realtà ed immaginazione resta incerto e il finale, agghiacciante, sublime, non esaurisce le risposte. Anzi, moltiplica le domande.



Grandissimo film. La tensione è evocata negli spettatori ad un livello profondissimo, lavorando sull'inconscio e sull'immaginazione, con una sottigliezza impareggiabile. Clayton non ricorre al solito campionario di effetti sonori e visivi che vanno tanto in voga oggi, ma crea il terrore lavorando sull'illuminazione, sui dettagli, sulle atmosfere e sul pittoricismo delle apparizioni demoniache.

L'impavida Deborah Kerr affronta il ruolo da vera maestra del non detto e si prodiga in una delle performance più prodigiose della storia del cinema. Dietro la facciata di rispettabilità legata alla sua figura istituzionale, la Kerr insinua progressivamente il dubbio sulla sanità mentale del suo personaggio e, ad un livello ancora più sotterraneo, sulla sua moralità. Con una misura strabiliante.

Alejandro Amenabar si è ispirato non poco alle atmosfere impalpabili e angoscianti di Suspence per il suo pregevole The Others. Ma la misura e l'ambiguità del film di Clayton non ha eguali. E di fronte ad un'attrice come Deborah Kerr non c'è Kidman che tenga.

Voto: 10

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