Visualizzazione post con etichetta Julianne Moore. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Julianne Moore. Mostra tutti i post

martedì 19 marzo 2013

Dove eravamo rimasti



          Some things we lost in the middle (a brief walk through the last three years)

Dal 2010 al 2012 gli Oscar hanno visto trionfare i gradevoli ma normativi The King's Speech, The Artist e Argo, ma scelte decisamente migliori sarebbero state The Social Network, The Tree of Life e Zero Dark Thirty
Annette Bening è rimasta per la quarta volta a bocca asciutta ma almeno la prova di Nathalie Portman  nel turbinoso Black Swan era davvero eccezionale (anche per merito del buon Darren).


L'immarcescibile Meryl Streep si è finalmente portata a casa il tanto sospirato terzo Oscar per una grande performance, certo, ma imprigionata in un film tremendo. E, la povera Glenn Close col suo dolente Albert Nobbs è arrivata ad eguagliare il record di Deborah Kerr e Thelma Ritter: sei nomination e zero statuette.
Ancor peggio è andata a Julianne Moore, adorabile troublemaker in The Kids Are All Right, alla metafisica Tilda Swinton di We Need To Talk About Kevin, a Charlize Theron, affilata e geniale in Young Adult, all'aspra, fiera Marion Cotillard di Rust and Bone e alla sublime Rachel Weisz di The Deep Blue Sea: tutte performance eccezionali, ignobilmente snobbate.
Nel frattempo la divina Cate Blanchett si è rinchiusa nel teatro di Sidney ed ha diradato le sue apparizioni sullo schermo. Ma presto la vedremo nei nuovi film di Woody Allen e George Clooney.


Nicole Kidman, dopo aver inanellato una serie sterminata di flop, è tornata a rifulgere prima in Rabbit Hole e poi nello sfrontato, oltraggioso e dannatamente divertente The Paperboy.
Carey Mulligan ha confermato il suo talento drammatico in Shame e Drive e quest'anno l'attendiamo al varco de Il Grande Gatsby e del nuovo film dei Coen.
Jennifer Lawrence è deflagrata, prima al box office con The Hunger Games e poi agli Oscar col sopravvalutatissimo Silver Linings Playbook, scippando la statuetta alle ben più meritevoli Emmanuelle Riva e Jessica Chastain.


La Chastain è infatti la vera rivelazione degli ultimi due anni ma la più brava tra le nuove leve resta ancora Michelle Williams: da Blue Valentine a Meek's Cutoff, da My Week with Marylin a Take This Waltz, nessuna riesce ad essere così intensa e naturale, senza affettazioni o manierismi.
Blue Valentine è uno dei cult movie del decennio ed ha definitivamente lanciato Ryan Gosling nella stratosfera. Posto che condivide con Michael Fassbender, immenso in Shame e Jane Eyre e unica vera ragione per addentrarsi in Prometheus.


E i film? Bellissime sorprese sono state il delicato Beginners col terzetto McGregor-Laurent-Plummer, l'irriverente Bridesmaids (sorprendente, malinconico film sulla depressione abilmente mascherato da commedia) e, da poco uscito anche in Italia, il bellissimo The Perks Of Being A Wallflower (Noi siamo infinito). E i capolavori assoluti The Tree of Life, A Separation, Amour, Moonrise Kingdom e la prima metà di The Master. Ma il mio cuore ha battuto soprattutto per il crudele ritratto di Young Adult, la discesa agli inferi di Shame e il romanticismo tempestoso di Jane Eyre, il lancinante melo' Rust and Bone con la memorabile coppia Cotillard-Schonaerts e i cromatismi psicologici di Take This Waltz.

Quanto alla tv, la ferale Patty Hewes di Glenn Close ci ha definitivamente lasciati con la chiusura di Damages, le crinoline british di Downton Abbey hanno fatto il pieno di ascolti e gli intrecci psico-fanta-spio-politici di Homeland hanno conquistato tutti i premi possibili. E meritatamente, perché si tratta di una delle serie migliori dello schermo anche grazie alle prove di Claire Danes e Damian Lewis.


Kate Winslet si è tenuta in disparte dopo l'Oscar per The Reader ma non prima di aver fatto i fuochi d'artificio con Mildred Pierce, miniserie capolavoro diretto dal genio di Todd Haynes, in cui dà  ulteriormente prova della sua generosità senza limiti. E Julianne Moore ha finalmente agganciato il ruolo giusto, Sarah Palin in Game Change, per raggranellare i primi premi importanti (Emmy, SAG e Golden Globe) dopo  20 anni di carriera. L'Oscar non dovrebbe essere tanto lontano.


Best Actress Confidential is back.

mercoledì 28 luglio 2010

La marcia trionfale di "The Kids Are All Right"


Toy Story 3 ha fatto sfracelli e dovrebbe presto superare la soglia dei 400 milioni di dollari di incasso. The Twilight Saga - Eclipse è andato benissimo (anche in Italia, considerata la stagione) a conferma di un trend, quello del vampiro neo-romantico, di cui il pubblico sembra ancora non sazio (si veda anche il successo del serial tv True Blood, la cui terza stagione è appena partita negli Usa). L'attesissimo Inception, molto apprezzato dalla critica, è già a quota 143 milioni in appena due week end, mentre Salt, action movie vehicle per Angelina Jolie ha debuttato la scorsa settimana raccogliendo la ragguardevole somma di 36 milioni in soli tre giorni.

Ma sta per entrare in top ten The Kids Are All Right, gay indie dramedy costato appena 4 milioni di dollari, uscito in distribuzione limitata il 9 luglio in appena sette sale registrando la più alta media per sala del 2010 (72mila dollari!) e gia arrivato a quota 5 milioni di incasso in soli tre week end (la Focus ha ampliato il numero delle sale a 38 nel secondo week end e a 201 nel terzo e sta organizzando una distribuzione a tappeto per le prossime settimane). Il successo del film era facilmente pronosticabile, vista l'accoglienza trionfale al Sundance e a Berlino: a oggi Kids è il film meglio recensito dell'anno, con una percentuale di recensioni positive su Rottentomatoes del 96%. Nomination all'Oscar assicurata per Annette Bening, Mark Ruffalo, sceneggiatura e miglior film, mentre per Julianne Moore tutto dipenderà dalla categoria in cui potrebbe essere inserita, Best Actress o Best Supporting.

Restando in campo indie, notevole anche il successo di Winter's Bone (3.5 milioni di incasso per un budget di 2 milioni), Io sono l'amore (3.2 milioni) e Cyrus con Marisa Tomei e John C. Reilly (6.4 milioni).

lunedì 31 maggio 2010

"Vivere nel passato è il mio futuro"


"Forse sono gelosa che fra noi non ci sia stato un amore così.
In realtà non ho mai avuto un amore così."

Charley (Julianne Moore) a George Falconer (Colin Firth) in A Single Man di Tom Ford

sabato 10 aprile 2010

Poster e trailer per "The Kids Are All Right"


La Focus Features ha reso noti il poster e il trailer della gay dramedy sensation The Kids Are All Right, dei cui trionfi al Sundance e a Berlino ho già ampiamente parlato. Se non è ancora chiaro, muoio dalla voglia di vedere questo film. L'accoppiata Annette Bening e Julianne Moore rischia di avere lo stesso effetto esplosivo (in termini di iconografia femminista) di Susan Sarandon e Geena Davis in Thelma & Louise.


Guy Lodge del sito Incontention scrive che il film della Cholodenko rappresenta un intelligente passo in avanti nel campo delle politiche sessuali e vanta la migliore performance di Julianne Moore da otto anni a questa parte.
A questo link trovate il trailer del film:

Appuntamento nei cinema americani il 7 luglio. La Focus deve pianificare una buona campagna promozionale se vorrà che l'onda lunga del film giunga fino a dicembre in zona nominations all'Oscar.

venerdì 2 aprile 2010

The sheltering has begun....



... he will find you.

Esce l'8 aprile nel Regno Unito Shelter, il thriller demoniaco con Julianne Moore e Jonathan Rhys Meyers. La domanda è: aspettare che esca anche da noi (...) o prendere un volo Ryan Air ed andare a vederlo a Londra? Juli ha confessato che adora il thriller sovrannaturale e che uno dei suoi film preferiti è Rosemary's Baby di Polanski. Quindi dovrebbe essersi sentita a casa tra le fosche e terrificanti atmosfere di Shelter. Date un'occhiata al trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=oH5tPbV8qzo&feature=PlayList&p=F6B4033D0EB5A3E2&playnext_from=PL&playnext=1&index=20

Domanda numero 2: Julianne Moore e il thriller? Non le sono bastati Hannibal, Il colore del crimine e l'inguardabile Next con un altrettanto inguardabile Nicholas Cage capellone? Juli action heroine davvero non funziona, quindi speriamo bene...

Molto meglio la Moore declinata nella variante thriller psico-erotico. Chloe ha fatto un'apparizione fugace nelle sale italiane, ma Julianne è sensazionale. Per la cronaca il sofisticato film di Egoyan è uscito in America in distribuzione limitata venerdì 26 marzo: critica non proprio favorevole (51% di recensioni positive su rottentomatoes...) ma consensi dappertutto per la prova della Moore (e della Seyfried), definita fearless e terrific.

mercoledì 24 marzo 2010

"Shame on you!" - Julianne Moore in Magnolia


"Figlio di puttana...! Maledetto stronzo brutto pezzo di merda... ma chi cazzo sei? Ma chi cazzo ti credi di essere? Io vengo nel tuo negozio, tu che ne sai di me? Non sai chi cazzo sono, come sia la mia vita ed hai la faccia di culo di ficcare il tuo naso sporco di merda nel mio inferno privato? E levati dal cazzo anche tu e non chiamarmi signora! Io arrivo qui, vi dò le mie ricette, voi controllate, fate... fate le vostre telefonate, mi guardate con sospetto, mi chiedete... senza sapere che io sono malata! Tutto ciò che ho di più caro al mondo è malato! E voi mi fate domande sulla mia vita... Stronzi, che cos'ho che non va? Avete mai avuto la morte nel letto? Nella vostra casa? Ma non ce l'avete un po' di decenza? Voi e le vostre domande del cazzo! Che cosa c'è... che non vaaaaaa!!! Stronzo succhiami il cazzo! Ecco che cosa c'è che non va! E tu hai l'ipocrisia di chiamarmi signora? Dovreste vergognarvi! Dovreste vergognarvi! Dovreste vergognarvi tutti e due!"

Linda Partridge (Julianne Moore) in Magnolia di Paul Thomas Anderson

La scena della farmacia è il cuore del torrenziale affresco di dolori, miserie e solitudini losangeline tratteggiato da Anderson in Magnolia e uno dei momenti più alti della carriera di Julianne Moore. L'attrice modella la sua performance sullo stile vigoroso, eccessivo e debordante che il regista imprime al materiale narrativo e si abbandona al dolore (e al turpiloquio) del suo personaggio come non ha mai fatto prima. E' come se la sofferenza trattenuta, la rabbia inespressa e la frustrazione latente di tutti gli altri suoi personaggi rompessero gli argini e trovassero finalmente una via d'uscita in questa performance.

Sublime quando lavora sulle sfumature, sulla negazione del sé e sui conflitti interiori, in Magnolia la Moore cambia registro ed abbraccia il dramma nel senso più totale/teatrale del termine, rischiando patetismo ed over-acting. Mantenere una tensione ed un livello emotivo esterno così alto per due ore di pellicola è impossibile (ci proverà in Freedomland-Il colore del crimine, nel quale senza alcuna direzione registica sbanda come un cavallo di razza lasciato allo sbaraglio). Ed infatti il ritratto di Linda funziona proprio perché schizzato in poche scene che vanno ad incastrarsi in quel mosaico musicale di vite distrutte orchestrato da Anderson con tanta generosità e acume drammaturgico.

Se il personaggio è una scheggia impazzita, l'attrice non perde mai (davvero) il controllo. Con quello sguardo obliquo e quella tensione nervosa che esplode in modo deflagrante e definitivo, Julianne Moore vampirizza l'obiettivo della macchina da presa. E conquista gli spettatori. Il risultato è memorabile: una performance irripetibile e straziante.

domenica 14 marzo 2010

Le torbide pulsioni femminili di Chloe


Ammetto che mi è davvero arduo essere obiettivo quando c'è in scena Julianne Moore. Per fortuna Chloe è tutt'altro che disprezzabile anche se è l'interpretazione della Moore (e quella di Amanda Seyfried) a valere il prezzo del biglietto molto più della storia (ispirata al film Nathalie di Anne Fontayne) e della macchinosità dello script.

Abilmente diretto da Atom Egoyan, Chloe rischia di essere scambiato per un pruriginoso e sensazionalistico thriller erotico dall'aria vagamente retro' (di quelli che andavano di moda all'inizio degli anni '90) e con un risvolto che rovescia al femminile il turning point di Attrazione fatale. Rispetto al film di Lyne, Chloe non scivola inverosimilmente nell'horror e resta sospeso in un'atmosfera rarefatta, tesa ed ipnotica di un certo effetto. Sembrerebbe un film commerciale (davvero pessimo il poster italiano), invece è l'esercizio di stile (forse un po' algido e cerebrale ma di sicuro intrigante) di un autore complesso che, attraverso il genere, lavora sui meccanismi del desiderio e sull'analisi del comportamento umano nei suoi aspetti pulsionali più morbosi, torbidi e nascosti.


Dietro al plot (Catherine, ginecologa di successo e moglie frustrata in crisi di mezza età, crede che il marito la tradisca e per mettere alla prova tale supposta infedeltà decide di pagare una escort col compito di sedurlo: le coseguenze saranno pericolose per tutti) Egoyan suggerisce una complessa trama di rapporti e sentimenti raggelati, chiusi in interni freddi e lussuosi e schiacciati da imponenti architetture metropolitane (il film è stato girato a Toronto). A questi scenari si contrappone il giardino esotico che fa da sfondo all'atto sessuale raccontato da Chloe ed immaginato da Catherine. Col suo groviglio inestricabile di piante, la serra diventa luogo simbolo del desiderio, lussureggiante, tortuoso ed inconfessabile della protagonista. E non a caso ritorna nel bellissimo finale, a suggellare una chiave di lettura meno scontata di quanto ci si aspetti e a dir poco inquietante.

Al di là del livello superficiale della trama, Egoyan è, quindi, abbastanza bravo da insinuare la pulsione omosessuale di Catherine come sottotraccia narrativa sin dall'inizio: Catherine osserva/spia Chloe dalla finestra del suo studio ancor prima di trovare le prove del tradimento del marito e di coinvolgere la ragazza nel suo piano. Il vetro/finestra è uno dei leit motif del film (assieme al fermaglio hitchcockiano): i protagonisti si guardano, si desiderano e si rivelano attraverso vetrate o specchi, a suggerire una distanza, una separazione e, in termini più ambigui, una deviazione rispetto alla (percezione della) realtà. Quindi una difficoltà di fondo ad esprimere i sentimenti senza strategie, manipolazioni o mercificazione.


La fascinazione di Catherine verso la giovane Chloe, anche grazie alla stratificatissima performance della Moore, si afferma così come l'elemento più interessante del film almeno fino al colpo di scena che scioglie ogni ambiguità, normalizza l'atmosfera disturbante e riporta il racconto sui prevedibili binari del thriller. Ma anche nella parte finale l'eleganza sottile di Egoyan regala momenti difficili da dimenticare. La scena dello scontro risolutivo tra Chloe e Catherine è al tempo stesso morbosa, autentica e disperata.

Naturalmente gran parte del merito va agli attori, cui è richiesto uno sforzo di credibilità ben oltre le motivazioni dello script. Julianne Moore, spettacolare, è capace di passare al microscopio tutte le pulsioni del suo personaggio, restituendo un viaggio emotivo elettrizzante. Ed anche Amanda Seyfried è miracolosa, e vena di mistero e vulnerabilità un personaggio che nella seconda parte rischia di scivolare nel ritratto sopra le righe di una ragazza disturbata (non si sa per quale motivo).

Voto: 7

First look at Oscar 2010: chi vincerà come migliore attrice?


Sipario calato sugli Oscar 2009. A giochi fatti, i pronostici della vigilia sono stati ampiamente rispettati, tra conferme e (cocenti) delusioni. Per fortuna non è mai troppo presto per voltare pagina ed iniziare a dare uno sguardo alle possibili contendenti alla statuetta di migliore attrice per il prossimo anno.

Al Sundance sono state viste alcune performance su cui c'è già oscar buzz (non dimentichiamo che le voci di una probabile candidatura per Carey Mulligan e Gabby Sidibe partirono proprio dal Sundance): sto parlando naturalmente di Annette Bening e Julianne Moore, lesbo-mamme in The Kids are all rigt. Il film è una commedia (o un dramedy, come è stato definito) e la Focus Features ha pianificato un'uscita estiva, elementi che giocano a sfavore in vista di una campagna per gli Oscar. Ma le due attrici sono entrambe eccellenti, non hanno mai vinto e pare che si dividano perfettamente la scena. In che modo la Focus deciderà di promuoverle per gli Oscar? Bening e Moore saranno sostenute entrambe come attrici protagoniste alla Thelma & Louise o, per evitare la concorrenza interna e la divisione dei voti, una delle due sarà pubblicizzata come non protagonista?


Annette Bening ha un altro film importante in uscita il 7 maggio, Mother and Child, di Rodrigo Garcia. Anche se l'accoglienza sia a Toronto che al Sundance è stata piuttosto fredda, i critici hanno elogiato il terzetto di interpreti: Bening, Watts e Samuel L. Jackson. La Bening potrebbe essere candidata come protagonista (di conseguenza sarebbe lei a slittare nella categoria supporting per The Kids) e Naomi Watts come non protagonista (e sarebbe la sua seconda nomination dopo quella per 21 Grammi nel 2003 e l'incredibile snub per Mulholland Drive). Anche in questo caso, l'uscita primaverile potrebbe giocare a sfavore: i membri dell'Academy hanno la memoria corta...


Le altre due performance che hanno sollevato applausi scroscianti e voci di nominations al Sundance sono quelle di Jennifer Lawrence (già vista in The Burning Plain) per Winter's Bone e Michelle Williams per Blue Valentine. Soprattutto per la Lawrence si parla di uno star-making turn impossibile da ignorare. La strategia distributiva sarà ad ogni modo determinante.


Un paio di altri titoli in uscita non prima dell'auGrassettotunno hanno superato i primi screen text facendo già parlare di candidature all'Oscar per le sue interpreti. Hilary Swank (l'attrice più sopravvalutata della storia) potrebbe tornare vendicativa dopo il fiasco clamoroso di Amelia e strappare una terza nomination per Betty Anne Waters, storia di una working mother che comincia a studiare legge per poter difendere il fratello ingiustamente accusato di omicidio. Sarebbe un incubo: la Swank che vince il suo terzo Oscar è mille volte peggio della Bullock che ne vince uno. L'altro film già passato attraverso i temibili screen text è Love and Other Drugs di Edward Zwick con Anne Hathaway e Jake Gyllenhaal. A due anni di distanza da Rachel Getting Married il film potrebbe segnare il ritorno agli Oscar per la Hathaway nel ruolo di una donna colpita dal morbo di Parkinson.


Dopo una sfortunatissima sequenza di titoli rivelatisi sonori flop (la sua ultima interpretazione davvero bella risale al 2007 con Il matrimonio di mia sorella) Nicole Kidman dovrebbe tornare a risplendere nelle mani di James Cameron Mitchell (Shortbus, Hedwig) come protagonista dell'atteso Rabbit Hole. In coppia con Aaron Eckart, Kidman promette scintille. Altro film d'autore di cui si fa già un gran parlare è Black Swan dell'acclamato Darren Aronofski: Nathalie Portman (e chissà, magari anche Winona Ryder come non protagonista) potrebbe essere una probabile contendente alla statuetta di migliore attrice se il film dovesse confermare le attese.


Qualcuno sostiene che Carey Mulligan potrebbe già avere delle buone chance con Never Let Me Go, uno dei suoi film in uscita quest'anno. Ma mi sembra troppo presto, a meno che la performance non si riveli davvero eccellente. Molto più agguerrita è Helen Mirren con quattro titoli in uscita: The Debt di John Madden, The Tempest di Julie Taymor (rielaborazione de La Tempesta di Shakespeare in cui è un'ipnotica Prospera), Love Ranch diretto dal marito Taylor Hackford e Brighton Rock (con la Mulligan). C'è di che pentirsi per averla nominata nel 2009 per The Last Station. Le probabilità che torni in gara anche il prossimo anno sono molto altissime.

E ancora Tilda Swinton per Io sono l'amore e We Need To Talk About Kevin (se dovesse essere pronto in tempo), Keira Knigthley per London Boulevard, Diane Lane per Secretariat, Robin Wright Penn per The Conspirator, Naomi Watts per Fair Game o You Will Meet a Tall Dark Stranger (nuovo film di Woody Allen), Renee Zellweger per My Own Love Song, Marisa Tomei per Cyrus.

Tra le non protagoniste Marion Cotillard per l'attesissimo Inception di Christopher Nolan e Amy Adams per The Fighter sembrano avere già la strada spianata. Ma aspettiamoci una stagione ricca di sorprese, una su tutte Juliette Lewis, che potrebbe tornare alla ribalta con tre film in uscita.

E Meryl Streep? The Ice at the Bottom of the World con Charlize Theron è indicato come in production su imdb, ma potrebbe non essere pronto per la fine dell'anno. Una corsa per gli Oscar senza la Streep? Che noia.

martedì 9 marzo 2010

Oscar 2009, Julianne Moore e Michelle Pfeiffer...


... insieme nella stessa inquadratura! Una visione mistica, un'esperienza religiosa. Vinceranno mai? If Sandra can...

sabato 6 marzo 2010

Julianne Moore is hot!



Non avrà ricevuto la tanto attesa (e meritata) nomination all'Oscar per la sua Charlie di A Single Man, ma Julianne Moore è più hot che mai. Passati i tempi bui di Marie and Bruce, The Forgotten, Laws of attraction - Matrimoni in appello, Next e Trust the Man, la Moore ha riconquistato terreno con Blindness e, soprattutto, Savage Grace nel 2008, per tornare in piena forma nel sorprendente debutto di Tom Ford.

Il NY Times l'ha scelta come cover star del Women's Spring Fashion 2010: negli scatti di Raymond Meier (foto sopra) Julianne recita il "complesso teatro della personalità femminile" e in una breve ma illuminante intervista "svela" di essersi ispirata alla Julie Christie dei primi anni '60 per catturare la voce e la parlata da party-girl di Charley (assolutamente da gustare in lingua originale).


Dopo la partecipazione a due episodi della popolarissima serie televisiva americana 30 Rock nel ruolo di Nancy Donovan, vecchia fiamma del protagonista Alec Baldwin, Julianne dovrebbe tornare in tv per una breve apparizione nella soap opera che la lanciò alla fine degli anni '80, As The World Turns, la cui chiusura è annunciata per settembre e per la quale l'attrice vinse un Daytime Emmy Award nel 1988.

Nel frattempo campeggia dalle copertine dei magazine: in occasione dell'uscita inglese di A Single Man, Bazar UK le dedica un ampio servizio nel numero di febbraio, mentre Vanity Fair Italia, recuperando i magnifici scatti già apparsi su Vogue nel luglio 2009 (foto sotto), pubblica una bella intervista di Paola Jacobbi in attesa dell'uscita di Chloe il 12 marzo.


E non è finita qui. Se non ve ne foste accorti, Julianne è la testimonial della nuova campagna di Bulgari e in qualsiasi parte del mondo vi troviate, vi sarà già capitate di vederla: sui giornali, in vetrina, in metro o alle fermate degli autobus.

Quanto al cinema, l'horror movie Shelter, girato nel 2008, sarà distribuito in Gran Bretagna a partire dall'8 aprile e il trailer lascia ben sperare (di sicuro sarà meglio di The Forgotten). Probabile che in America esca direttamente in dvd, ma per l'Italia non escluderei una distribuzione estiva.


E poi c'è The Kids Are All Right, il film che dovrebbe riportarla alla notte degli Oscar del 2011 come candidata. 7 luglio l'uscita americana, da noi dovremmo aspettare l'autunno.

venerdì 5 marzo 2010

Aspettando gli Oscar (1)


Countdown per la notte delle stelle. Lunedì mattina conosceremo finalmente i vincitori di quest'anno. Nel frattempo Avatar è diventato il film di maggior incasso della storia del cinema (2 miliardi e oltre 500 milioni di dollari l'incasso a livello mondiale, di cui 710 negli Usa, mentre anche in Italia il film di Cameron ha superato Titanic, raggiungendo ad oggi 62 milioni di euro), ma The Hurt Locker resta il favorito sia come miglior film che come miglior regia. Nelle categorie per gli attori i giochi sembrano fatti, anche se non perdo le speranze per il terzo Oscar a Meryl Streep (e per Colin Firth). E c'è grande attesa anche per il miglior film straniero: chi la spunterà fra i Il Nastro Bianco e A Prophete, entrambi capolavori?
Questi i pronostici definitivi delle categorie principali:

Miglior film
Vincerà: The Hurt Locker
Dovrebbe vincere: Avatar
Avrebbe dovuto essere candidato anche: A Single Man (e, sulla fiducia, Bright Star di Jane Campion: quanto ci scommettiamo che è infinitamente più bello di An Education?)

Miglior regia
Vincerà: Kathryn Bigelow
Dovrebbe vincere: Kathryn Bigelow
Avrebbe dovuto essere candidato anche: Joel & Ethan Coen (ma anche Micheal Mann, gli europei Haneke ed Audiard, il debuttante Tom Ford, Jane Campion...)

Miglior attore
Vincerà: Jeff Bridges
Dovrebbe vincere: Colin Firth
Avrebbe dovuto essere candidato anche: Tahar Rahim (Un Prophete), Michael Stuhlbarg (A Serious Man), Joaquin Phoenix (Two Lovers)

Miglior attrice
Vincerà: Sandra Bullock
Dovrebbe vincere: Meryl Streep
Avrebbe dovuto essere candidata anche: Michelle Pfeiffer (Chéri) e Saoirse Ronan (Amabili Resti)

Permettetemi qualche considerazione in più sulla mia categoria preferita. Dispiace non aver ancora visto Precious, anche perché, se non fosse l'anno di Sandra Bullock e se Meryl Streep non fosse meritevole di un terzo Oscar dopo 27 anni di nomination a vuoto (27! ogni commento è superfluo), secondo il parere di molti la statuetta finirebbe nelle mani di Gabourey Sidibe. Attenendomi alle performance che ho potuto vedere finora, devo dire che Carey Mulligan è brava ma non eccezionale e che l'interpretazione di HelenCorsivo Mirren nulla aggiunge al suo prestigio. Al loro posto avrei preferito Michelle Pfeiffer e Saoirse Ronan. Nell'attesa di recuperare anche la Charlotte Gainsbourgh di Antichrist e la Tilda Swinton di Julia (e sperando che la 01 distribuisca presto Bright Star con Abbie Cornish), vi dò appuntamento ai Best Confidential Award le cui nomination saranno rese note nelle prossime settimane.

Miglior attore non protagonista:
Vincerà: Christoph Waltz
Dovrebbe vincere: Christoph Waltz
Avrebbe dovuto essere candidato anche: Anthony Mackie (The Hurt Locker)

Miglior attrice non protagonista
Vincerà: Mo'nique
Dovrebbe vincere: Mo'nique
Avrebbe dovuto essere candidata anche: Julianne Moore (A Single Man) e Marion Cotillard (Nine)

Mo'nique di Precious ha già l'Oscar in tasca. E' impossibile che non vinca. Se non ci fosse stato l'exploit del film di Lee Daniels, chi avrebbe avuto maggiori possibilità di vincere in questa categoria? Forse le attrici di Tra le nuvole, Kendrick e Farmiga, o le muse tarantiniane Laurent e Kruger. Ma ritengo che senza Mo'nique in gara, sarebbe stata Julianne Moore a spuntarla e, giunta alla quinta nomination, avrebbe anche portato a casa l'Oscar (come accadrà quest'anno per Jeff Bridges). Per quanto riguarda la Cotillard, i Weinstein hanno azzerato le sue probabilità di candidatura nel momento in cui l'hanno sostenuta come protagonista e non come supporting role.

Miglior sceneggiatura originale
Vincerà: The Hurt Locker
Dovrebbe vincere: Bastardi senza gloria
Avrebbe dovuto essere candidato anche: Il nastro bianco

Miglior sceneggiatura non originale
Vincerà: Tra le nuvole
Dovrebbe vincere: Tra le nuvole
Avrebbe dovuto essere candidato anche: A Single Man

Per il miglior film straniero non saprei proprio chi tifare, se il gelido splendore austriaco o la sanguinosa odissea carceraria francese. Quanto al film d'animazione, mi vergogno di non avere ancora visto Up, ma sono completamente innamorato di Coraline (ed attendo con ansia The Fantastic Mr Fox, in uscita ad aprile).

E i vostri pronostici quali sono?

lunedì 22 febbraio 2010

Chiude Berlino. Teddy Award a "The Kids Are All Right"

Cala il sipario sul Festival di Berlino 2010. L'Orso d'oro è stato assegnato al film Honey/Bal del regista turco Semih Kaplanogu, mentre Roman Polanski ha vinto il premio per la miglior regia per The Ghost Writer. L'Orso d'argento è invece andato al film rumeno If I Want To Whistle, I Whistle di Florin Serban.


Presentato fuori concorso il 17 febbraio, The Kids Are All Right di Lisa Cholodenko ha replicato il grandissimo successo di pubblico e critica del Sundance. Il film è stato premiato con il Teddy Award, l'equivalente del Queer Lion che viene assegnato a Venezia al miglior film del festival a tematica omosessuale.


Ecco alcune foto con la divina Julianne Moore e la regista sul red carpet. Dopo Lontano dal paradiso, The Hours, Savage Grace e A Single Man, qualcuno ha ancora qualche dubbio su chi sia l'unica vera icona gay del cinema d'autore del decennio?

mercoledì 3 febbraio 2010

Nominations 2010: the day after


Per la prima volta nella storia degli Academy Awards, i candidati alla categoria di miglior film sono 10 anziché 5. Negli ultimi anni l'esclusione dalla cinquina finale di titoli come Wall E e The Dark Knight aveva sollevato un polverone enorme tale da indurre l'Academy ad ampliare il numero dei contendenti alla statuetta più prestigiosa ed inserire titoli di grosso successo popolare, oltre che critico. Questo allargamento ha permesso l'ingresso nella rosa dei candidati di film più che meritevoli che altrimenti sarebbero rimasti fuori: soprattutto A Serious Man e Up. Non ho visto District 9, ma ne hanno parlato più che bene. E An Education esce venerdì, quindi il giudizio è rinviato soltanto di pochi giorni. Sull'uscita di Precious la distribuzione italiana tace, ma si spera che cavalchi l'onda delle candidature e che il film non finisca nel dimenticatoio come Littel Children o Half Nelson, titoli nominatissimi e da noi mai distribuiti.


Quanto a The Blind Side, sprecare altre parole sarebbe inutile. Ma, considerato come ne parlano in America (vale a dire non benissimo), verrebbe da pensare che se i candidati al miglior film fossero rimasti 5, sarebbe stato molto meglio. Nessuno si sarebbe lamentato di una cinquina composta da Avatar, The Hurt Locker, Bastardi senza gloria, Tra le nuvole e Precious. Voglio dire che allargando il campo, è inevitabile che diventino maggiori le probabilità di prendere abbagli e ritrovarsi con prodotti di qualità scadente. E' sempre successo che nella cinquina finisse un film mediocre. Ora che i film sono dieci, le possibilità di incappare in un titolo mediocre semplicemente si raddoppiano.
Certo è che A Single Man non avrebbe di certo sfigurato. O Bright Star. O addirittura Nemico Pubblico. Ma l'ultimo film di Mann in America non è proprio piaciuto. E quello di Jane Campion è uscito in autunno e i votanti dell'Academy hanno decisamente la memoria corta. Per questo motivo le uscite più importanti sono tutte concentrate in dicembre.


Comunque, giusto per rincarare la dose ed avere un'idea del livello di partecipazione che c'è in America verso The Blind Side, non so se avete recuperato su youtube l'annuncio delle nomination. Ebbene, all'annuncio delle candidature per miglior attrice e miglior film, il nome di Sandra Bullock e il titolo del suo film sono stati accompagnati da applausi e gridolini di soddisfazione (negati a quasi tutti gli altri, a parte qualche - più che sensato - wow! per Christoph Waltz e il film di Tarantino). Sembrerebbe quindi che la Bullock sia riuscita a conquistare anche il sostegno della stampa, oltre l'amore incondizionato del pubblico. Ok, aspettiamo di vedere il film, prima di trarre conclusioni affrettate. Ma Meryl Streep a questo punto rischia di diventare l'attrice più sottovalutata della storia! Nel mio mondo perfetto, Meryl avrebbe già dovuto vincere almeno altre due volte, per I pointi di Madison County ed Il diavolo veste Prada. Di sicuro Julie & Julia non è la sua performance migliore ma, se vincesse la Bullock, sarebbe la dodicesima volta di fila che Meryl va a casa a mani vuote. E l'anno scorso l'Academy si è preoccupata di dare l'Oscar alla Winslet che era appena alla sesta nomination...


L'altro boccone amaro che proprio non va giù riguarda la categoria di miglior non attrice protagonista. Parliamo di Nine: massacrato (spesso gratuitamente) dalla critica ed ignorato dal pubblico, è riuscito comunque a raggranellare un po' di candidature. Il problema è che l'Academy ha nominato l'attrice sbagliata. Chiunque abbia visto il film sa di cosa parlo: Penelope Cruz è sexy e divertente ma Marion Cotillard è semplicemente stupenda. Non solo il suo ruolo è molto più bello, intenso ed importante, ma la Cotillard canta anche come una vera performer di musical. Peccato che l'Academy sia stata così pigra da non spostare i propri voti dall'una all'altra. Marion quest'anno aveva dalla sua parte anche la bellissima prova in Nemico pubblico. Snobbata due volte.


Quanto a Julianne Moore, credo che la sua interpretazione in A Single Man sia troppo complessa e sottile per gli standard dell'Academy, oltre che troppo breve. In termini di screentime, a ben guardare, si tratta di una piccola parte (sebbene lo scarso minutaggio non abbia impedito all'Academy di premiare Judi Dench per la sua apparizione di 9 minuti in Shakespeare in Love nel 1998). Tutti questi fattori hanno influito, assieme al calo di interesse verso il film di Tom Ford e all'aumentare dei consensi per Crazy Heart con Jeff Bridges. O l'Academy avrà pensato: meglio non nominarla affatto, piuttosto che farla andar via a bocca asciutta per la quinta volta?

A poco più di un mese dall'assegnazione delle statuette le mie previsioni sono le seguenti:
Miglior film: Avatar (o The Hurt Locker)
Miglior regia: Kathryn Bigelow (o James Cameron)
Miglior attore: Jeff Bridges (ma il cuore batte per Colin Firth)
Miglior attrice: gli astri dicono Sandra Bullock (ma la storia da anni grida Meryl Streep)
Miglior attore non protagonista: Christoph Waltz
Miglior attrice non protagonista: Mo'nique
Miglior sceneggiatura originale: The Hurt Locker (o Bastardi senza gloria)
Miglior sceneggiatura non originale: Tra le nuvole

Voi cosa ne pensate?

martedì 2 febbraio 2010

Pioggia di nominations su Avatar e The Hurt Locker


Annunciate dalla soave Anne Hathaway, sono state rese note questa mattina le candidature ai premi Oscar. Tutto come da copione, più o meno. Pioggia di nominations sui favoriti della vigilia, Avatar e The Hurt Locker: entrambi guidano la corsa con 9 candidature a testa. Seguono Bastardi senza gloria con 8 candidature e Precious e Tra le nuvole con 6.

Miglior Film
Avatar / The Hurt Locker / Tra le nuvole / Bastardi senza gloria / Precious / An Education / The Blind Side / Up / District 9 / A Serious Man /

The Blind Side, inatteso campione d'incassi di questa stagione invernale, alla fine ce la fa e, trainato dall'incredibile successo di Sandra Bullock, riesce a strappare la candidatura come miglior film. Una sorpresa prevista, anche se chi l'ha visto sostiene che il film sia appena dignitoso. Peccato che A Single Man sia rimasto fuori. Stessa sorte è toccata ad altri due film indipendenti molto apprezzati dalla critica come Crazy Heart e The Messanger. Snobbate le commedie Una notte da leoni e (500) giorni insieme e, per il secondo anno consecutivo, Clint Eastwood con Invictus. La presenza di A Serious Man, ultimo gioiello dei Coen, nella rosa dei dieci candidati rende felici.

Miglior regia
James Cameron, Avatar / Kathryn Bigelow, The Hurt Locker / Lee Daniels, Precious / Jason Reitman, Tra le nuvole / Quentin Tarantino, Bastardi senza gloria

Nessuna sorpresa nella cinquina per la regia. Kathryn Bigelow, proclamata regista dell'anno dalla Directors Guild of America, potrebbe spuntarla sull'ex marito James Cameron ed entrare nella storia come la prima regista donna a vincere l'Oscar.

Miglior attore
Jeff Bridges, Crazy Heart / George Clooney, Tra le nuvole / Colin Firth, A Single Man / Jeremy Renner, The Hurt Locker / Morgan Freeman, Invictus

Anche in questo caso, cinquina prevista in pieno. L'insuccesso di Nine è costato caro a Daniel Day-Lewis e l'eccessiva cupezza di The Road non ha permesso a Viggo Mortensen di ripetere l'exploit del 2007 con La promessa dell'assassino. Trionfo annunciato per Jeff Bridges.

Miglior attrice
Sandra Bullock, The Blind Side / Carey Mulligan, An Education / Gabourey Sidibe, Precious / Helen Mirren, The Last Station / Meryl Streep, Julie & Julia

Ok. L'unico punto interrogativo era per Helen Mirren: non si è capito se The Last Station sia stato distribuito o no in America, perché pare non l'abbia visto ancora nessuno. Che l'attrice inglese sia stata votata solo sulla base del suo pedigree artistico? Nessun posto per Emily Blunt (The Young Victoria) ed Abbie Cornish (Bright Star). E nessuno nutriva più alcuna speranza che nella cinquina potessero magicamente rientrare Tilda Swinton (Julia), Michelle Pfeiffer (Cheri) o Charlotte Gainsbourgh (Antichrist). Il fatto che Julie & Julia non sia stato nominato come miglior film aumenta le speranze di Sandra Bullock di vincere l'Oscar. Tuttavia la nomination al Razzie Award come peggior attrice dell'anno per All About Steve potrebbe costare caro alla Bullock e riportare i pronostici sulla buona strada, vale a dire in favore di Meryl Streep. Dopotutto, come ha scritto sul suo blog Nathaniel Rogers (thefilmexperience) "per la storia del cinema ha più senso che la Streep vinca il suo terzo Oscar, piuttosto che la Bullock vinca il suo primo".

Miglior attore non protagonista
Matt Damon, Invictus / Woody Harrelson, The Messanger / Christopher Plummer, The Last Station / Christoph Waltz, Bastardi senza gloria / Stanley Tucci, Amabili resti

Christopher Plummer ottiene la sua prima candidatura a 80 anni! E finalmente ce la fa anche l'amabile Stanley Tucci. Nonostante Invictus non sia riuscito ad entrare nelle cinquine per film e regia, Matt Damon conquista la nomination come non protagonista (una candidatura che vale anche per la lodatissima prova in The Informant). Snobbati Christian McKay (Me and Orson Welles), Alfred Molina (An Education) ed Anthony Mackie (The Hurt Locker).

Miglior attrice non protagonista
Penelope Cruz, Nine / Mo'nique, Precious / Anna Kendrick, Tra le nuvole / Vera Farmiga, Tra le nuvole / Maggie Gyllenhaal, Crazy Heart
L'unica cinquina con due (spiacevoli?) sorprese. La Cruz era stata candidata sia ai Golden Globe che ai SAG ma, dato il clamoroso flop del film, i pronostici erano diventati sfavorevoli. Penelope è scintillante in Nine, ma se proprio si voleva dare una candidatura al musical di Marshall, una scelta migliore sarebbe stata Marion Cotillard (che la Weinstein Company ha erroneamente sostenuto come protagonista nella corsa agli Oscar), senza ombra di dubbio più meritevole della Cruz. Quanto a Maggie Gyllenhaal, la candidatura arriva sull'onda del trionfo annunciato di Jeff Bridges per Crazy Heart. Ed è anche vero che questa brava attrice non è mai stata nominata, nemmeno per Secretary. Questo significa che Julianne Moore è stata scandalosamente ignorata, ma la sua Charley di A Single Man resta un piccolo capolavoro. Dita incrociate per il prossimo anno: Juli potrebbe rifarsi con The Kids Are All Right e Boone's Lick. Fuori anche Samantha Morton (The Messanger) e le splendide dark ladies tarantiniane Diane Kruger e Melanie Laurent.

Miglior film d'animazione
Coraline / Up / The Fantastic Mr Fox / La principessa e il ranocchio / The Secret of Kells

I bloggers d'oltreoceano si stanno chiedendo in coro cosa sia The Secret of Kells. Io tifo spudoratamente per Coraline, ma vincerà Up. Dov'è finito il bellissimo Ponyo sulla scogliera?

Miglior sceneggiatura originale
The Hurt Locker / Bastardi senza gloria / The Messanger / A Serious Man / Up

Miglior sceneggiatura non originale
District 9 / An Education / In the Loop / Precious / Tra le nuvole

Miglior film straniero
Ajami (Israele) / The Milk of Sorrow (Perù) / The Secret in Their Eyes (Argentina) / Il nastro bianco (Germania) / A Prophet (Francia)
Devo ancora vedere A Prophet ma il film di Haneke è davvero stupendo.

Miglior scenografia
Avatar / The Imaginarium of Doctor Parnassus / Nine / Sherlock Holmes / The Young Victoria

Miglior fotografia
Avatar / Bastardi senza gloria / Harry Potter e il Principe Mezzosangue / Il nastro bianco / The Hurt Locker

Migliori costumi
Bright Star / Coco Avant Chanel / Nine / The Young Victoria / The Imaginarium of Doctor Parnassus
Unica candidatura per Bright Star di Jane Campion. Non avrebbe di certo sfigurato nemmeno una nomination per Cheri: splendidi i costumi disegnati da Consolata Boyle.

Miglior montaggio
Avatar / The Hurt Locker / Bastardi senza gloria / District 9 / Precious

Miglior trucco
Il divo / Star Trek / The Young Victoria

Miglior colonna sonora originale
Avatar / The Hurt Locker / Up / The Fantastic Mr Fox / Sherlock Holmes
Sherlock Holmes? Mah. E la colonna sonora di Avatar è noiosa e ripetitiva. Decisamente i membri dell'Academy non hanno un buon orecchio: altrimenti avrebbero nominato i magnifici score di Nemico pubblico, A Single Man e Cheri.

Miglior canzone
"Almost there", La principessa e il ranocchio / "Down in New Orleans", La principessa e il ranocchio / "Loin de Paname", Paris 36 / "Take it all", Nine / "The Weary Kind", Crazy Heart

"I see you", il polpettone composto da James Horner nella speranza di ripetere il colpaccio di "My Heart Will Go On" (cui è peraltro molto simile nella linea melodica) non è entrato nella cinquina. Una testimonianza divina? Snobbata "Cinema italiano", ma almeno "Take it all" ce l'ha fatta. Decisamente da vedere a questo punto è il film con Jeff Bridges, Crazy Heart. Chissà quando verrà distribuito in Italia!

Migliori effetti visivi
Avatar / District 9 / Star Trek

Miglior montaggio sonoro
Avatar / The Hurt Locker / Bastardi senza gloria / Up / Star Trek

Miglior missaggio sonoro
Avatar / The Hurt Locker / Bastardi senza gloria / Stra Trek / Transformers 2

Questa la lista delle nominations. Attendo con avida curiosità i vostri commenti.

sabato 30 gennaio 2010

Ghiotte pillole dal Sundance


Ricchissimo il carnet di titoli presentati in questi giorni al Sundance Film Festival. Focus Features ha già acquistato i diritti per la distribuzione di The Kids Are All Right di Lisa Cholodenko, comedy-drama-gay-manifesto con Annette Bening e Julianne Moore, magnifica (e a quanto pare credibilissima) coppia lesbo che ha cresciuto due ragazzi nati tramite inseminazione artificiale, e uno splendico Mark Ruffalo nel ruolo del padre-donatore del seme. Accoglienza entusiastica: script leggero, brillante, sincero ed intelligente, grandi performance e ottime prospettive di successo. E magari di candidature all'Oscar il prossimo anno per i tre protagonisti.


Occhi puntati sul dramma romantico Blue Valentine: Derek Cianfrance registra discese e risalite amorose fra Ryan Gosling e Michelle Williams, acclamattissimi e mai così casual e sexy.


Get Low di Aaron Schneider, storia di un patriarca nel Tennessee post-depressione interpretato da Robert Duvall, Sissy Spacek e Bill Murray, era già pronto nel 2009, ma l'uscita era stata rinviata. Le proiezioni al Sundance confermano quanto già si diceva negli scorsi mesi: aspettiamoci un monumentale Duvall.


Il biopic inglese sull'infanzia di John Lennon, Nowhere Boy, diretto da Sam Taylor Wood, continua a convincere dopo gli ottimi risultati in patria (ha ricevuto le candidature ai BAFTA per Kristin Scott-Thomas e Anne Marie Duff).


Si fa un gran parlare anche del debutto alla regia della visionaria video-maker Flora Sigismondi: The Runaways, con Kirsten Stewart e Dakota Fanning, storia di una girl-band americana anni '70, potrebbe essere uno degli hit della prossima primavera. Una delle sorprese del festival è sicuramente il thriller-horror spagnolo Buried, diretto da Rodrigo Cortes ed interpretato dal lanciatissimo Ryan Reynolds: tutto girato in una tomba in cui il povero Ryan si ritrova seppellitto ad inizio pellicola. Lebanon docet, con tutti i dovuti distinguo.


Sofisticato e complesso appare già Howl, di Rob Epstein e Jeffrey Friedman, che ripercorre la storia del processo per oscenità contro Allen Ginsberg e il suo poema omonimo. Protagonista il mozzafiato James Franco di Milk, assieme a Marie-Louise Parker, John Hamm e Jeff Daniels.


Contrastanti invece le prime risposte a The Killer Inside Me, adattamento di un romanzo di Jim Thompson diretto da Michael Winterbottom al suo primo film americano e con un cast all star: Casey Affleck, Kate Hudson e Jessica Alba. Ultraviolento, gratuito e pericoloso, ma la confezione visiva sembra lussuosa e affascinante.


Dopo il bellissimo Le cose che so di lei e l'interessante Nine Lives, Rodrigo Garcia, cineasta legato all'universo e alle storie femminili, dirige Annette Bening e Naomi Watts nel dramma Mother & Child. Interprete a teatro di un recente adattamento della Medea di Euripide, si prospetta un grande anno per la Bening. Tra gli altri film, oltre a Io sono l'amore di cui ho già parlato in un post precedente, si segnala l'interessante esordio alla regia di Philip Seymour Hoffmann con Jack Goes Boating. Postilla: vedremo mai Synecdoche, New York?

Quale tutti questi titoli riuscirà a bissare il successo di film come Little Miss Sunshine, Precious e (500) giorni insieme, tutti provenienti dalle fila del Sundance?

sabato 23 gennaio 2010

Julianne e Amanda in Chloe


Accolto tiepidamente allo scorso Festival di Toronto, esce a marzo negli Usa il thriller Chloe del regista canadese Atom Egoyan, maestro delle atmosfere ipnotiche e sospese (Exotica, Il dolce domani, Il viaggio di Felicia). Remake del francese Nathalie (2003) con Fanny Ardant, Emmanuelle Béart e Gerard Depardieu, Chloe è un dramma borghese interpretato da Julianne Moore, Liam Neeson e Amanda Seyfried nel ruolo della bellissima escort che, assunta dalla Moore per spiare il marito in privato, si insinua nella vita dei due distanti, freddi ed infelici coniugi. Erotismo raffinato, ambiguità psicologica e un plot che, a quanto sembra, scivola pericolosamente in un territorio da Attrazione Fatale. Corrono voci di una scena lesbo-bollente tra la Seyfried e la Moore, divinamente votata ai ruoli con implicazioni omosex (nel prossimo The Kids are alright, che sarà presentato il 25 gennaio al Sundance, Julianne fa coppia fissa con Annette Bening, madri di due bambini avuti tramite inseminazione artificiale). Non vedo l'ora di annegare nel livello di complessità psicologica che la Moore ha impresso al suo personaggio in Chloe. Julianne, sempre più sofisticata icona gay.

lunedì 18 gennaio 2010

Il gusto del bello in A Single Man


E' una gemma rara il debutto alla regia del fashion designer Tom Ford. Un film che vale tanto per i suoi innumerevoli pregi quanto per i difetti, primo fra tutti quell'eccesso di generosità tipico delle opere prime e dei lavori fin troppo sentiti e personali. Adattando il seminale romanzo gay di Christopher Isherwood del 1964, Ford realizza un melodramma luttuoso ed emozionante nei contenuti, quanto estetizzante e seducente nella forma. Non ha paura di rischiare e di eccedere in una continua ricerca del bello, dell'associazione poetica fra le immagini, dell'eleganza formale. Ma soprattutto si autoproduce e, libero da qualsiasi condizionamento dell'industria, il bel Tom realizza il film più gay che si sia mai visto sugli schermi negli ultimi anni. Ancor più di Brokeback Mountain: laddove il film di Ang Lee poggiava su una struttura classica, Ford aspira coraggiosamente al lirismo più sfrenato ed ingenuo. Con risultati commoventi.


Partendo da uno script di estrema compattezza e densità, A Single Man racconta una giornata come tante nella vita di George Falconer (Colin Firth), professore universitario inglese trapiantato a Los Angeles nel 1962. Ma in realtà non è un giorno come gli altri. Il suo compagno Jim (Matthew Goode) è morto da quasi un anno in un incidente stradale e George trascina da troppo tempo la sua esistenza come un'ombra, senza gioia e senza futuro. Ecco allora che si affaccia la decisione estrema: questo giorno sarà diverso, in questo giorno rimetterà le cose a posto e potrà finalmente ricongiungersi a Jim in un bacio eterno. L'incontro con Kenny (Nicholas Hoult), studente affascinato dalle sue lezioni sull'odio e sulla paura per le "minoranze invisibili", la cena con Charley (Julianne Moore) sua vecchia fiamma e grande amica che annega solitudine e frustrazione in una bottiglia di gin, le parole di Carlos (Jon Kortajarena), ragazzo che vende sé stesso in un parcheggio infuocato dal tramonto e gli dice che "anche le cose più terribili hanno una loro bellezza": sono stazioni di un viaggio lungo un giorno al termine del quale lui raggiungerà Jim. Incontri, contatti, momenti in cui stabilisce una connessione con qualcuno, un legame intimo e trascendentale che per un istante lo mette in relazione con la vita. E potrebbero farlo desistere dall'idea del suicidio (assente nel romanzo e perfettamente integrata nella narrazione come motivo di tensione sotterranea che percorre il film).


Checché ne dica Tom Ford sull'universalità dell'amore come tema centrale, A Single Man è un film apertamente gay. Ma non solo è gay per la storia che racconta: sono l'estetica ed il gusto dell'immagine ad essere totalmente queer. La spudorata adorazione della bellezza maschile, colta nei volti e nei corpi mozzafiato di Nicholas Hoult, Matthew Goode e Jon Kortajarena, e l'attrazione per l'iperfemminilità fascinosa e decadente di Julianne Moore, sono ricalcati su una modalità di rappresentazione che cita Andy Warhol e l'estetica glamour degli anni '60. Mentre le suggestioni cinematografiche pescano a piene mani da Hitchcok (citato nel manifesto di Psycho), Almodovar e soprattutto Wong Kar Wai (nell'uso contrappuntistico della musica).


Ma è il dettaglio emotivo (che sia il taglio di un occhio, la forma di un sorriso, il colore di una rosa o il profumo di un cane) su cui si ferma lo sguardo spento del protagonista e della cinepresa che crea tensione poetica. Sottolineati da un accompagnamento musicale ininterrotto e da un uso del colore che dalle tonalità grigie vibra su toni accesi e vivi nei momenti in cui il professor Falconer stabilisce un contatto e vede/sente la bellezza che lo circonda, questi dettagli/momenti sono esempio perfetto dell'approccio visivo estetizzante di Ford. Tuttavia, ripetendo più volte la stessa soluzione linguistica, il gioco perde forza e spessore. Cio' non toglie che il risultato sia estremamente bello da guardare, anche perché Ford riesce comunque a suggerire nella sovrabbondanza stilistica e nel gioco dei colori un'idea di progressione drammatica.


Anche l'incessante ricorso ad una musica struggente se da una parte rivela l'aspirazione di Ford all'opera lirica, dall'altra rischia sin dall'inizio di far annegare la narrazione in un maelstrom di tristezza in cui i violini finiscono col dominare le immagini. Tanto che in qualche momento si ha la sensazione di assistere ad uno stupendo videoclip in cui le immagini sono montate sulla musica e non viceversa.

Ma c'è un altro interessante motivo di tensione e contraddizione che serpeggia all'interno del film e gli regala una magnifica doppiezza: se da una parte il film è un'elegia sull'amore e sulla coppia omosessuale (e i flashback sulla relazione tra George e il suo compagno Jim sono di una tenerezza infinita), proprio nel momento in cui George non riesce ad elaborare il lutto e realizza di non voler più vivere da solo, ecco che il suo sguardo e le sue emozioni sono abbagliati e travolti da immagini di bellezza fisica, carnale, sensuale cui è difficile resistere. I tennisti a torso nudo che giocano al campus, gli occhi e le labbra di Kenny, il volto stupefacente di Carlos: troppo belli per essere veri, quasi usciti da un catalogo di moda. Ma tanta bellezza ha qui un valore strumentale, non è fine a sé stessa: queste immagini di erotismo maschile non rappresentano solo occasioni sessuali (e in quanto tali la cinepresa ci si attacca letteralmente, con desiderio quasi vampiristico) ma funzioni narrative di un viaggio attraverso cui George deve recuperare fiducia e speranza nelle possibilità della vita.


Lo stile visivo rigoglioso e solo in apparenza glamour (ma, come abbiamo visto, doppio, stratificato e significante) è tuttavia sostenuto da un nucleo emotivo saldo e vibrante che non perde mai di vista il personaggio centrale di George e non teme l'esplosione fiammeggiante del melo'. La scena dell'abbordaggio al parcheggio o quella della nuotata notturna sono momenti in cui Ford punta all'emozione pura, aiutato dalla partitura di Abel Korzeniowski e Shigeru Umebayashi. Le immagini del corpo nudo di Colin Firth che si muove sott'acqua, trascinato dalla corrente, sono una stupenda metafora del naufragio della sua esistenza e del suo desiderio di oblio. E ancora una volta è la bellezza scultorea del corpo maschile (inquadrato come una statua greca) che si dà allo sguardo come fulgido richiamo alla vita.


Nel cuore del film si colloca poi la strepitosa scena della cena con Charley: in una manciata di minuti Firth e Moore riescono a suggerire tutto il passato dei loro personaggi e danno vita ad un duetto memorabile, ricco di sfumature e livelli emotivi differenti, perfettamente modulato. La Charley di Julianne Moore è sempre ad un passo dall'abisso: ride, balla e naufraga nell'alcol per sopravvivere ad un'esistenza fallita e ad una bellezza che inesorabilmente sfiorisce. L'amore per George è quasi pari al disprezzo per l'omosessualità di lui e alla commiserazione che prova per sé stessa. C'è una tensione emotiva insostenibile nella frivolezza triste della sua performance. Davvero un ritratto in punta di pennello.


Quanto a Colin Firth, il merito della riuscita del film è anche suo. Un'interpretazione monumentale che domina ogni inquadratura del film con un equilibrio, un rigore ed un'intensità che merita l'applauso. E meriterebbe anche l'Oscar. E Matthew Goode è talmente bello, dolce e sexy da giustificare qualsiasi volontà suicida.


Distribuito in poche copie da venerdì scorso in contemporanea con Avatar e La prima cosa bella, A Single Man rischia di non trovare lo spazio che merita. Una collocazione più adeguata sarebbe
stata a cavallo delle candidature all'Oscar (che sicuramente verranno) o immediatamente dopo il Festival di Venezia, dove Colin Firth ha trionfato come miglior attore.

Voto: 8