lunedì 31 maggio 2010

"Vivere nel passato è il mio futuro"


"Forse sono gelosa che fra noi non ci sia stato un amore così.
In realtà non ho mai avuto un amore così."

Charley (Julianne Moore) a George Falconer (Colin Firth) in A Single Man di Tom Ford

domenica 30 maggio 2010

Fumbling Towards Illusion


"Companion to our demons
They will dance, and we will play
With chairs, candles and cloth
making darkness in the day
It will be easy to look in or out
upstream or down without a thought.


And if I shed a tear I won't cage it
I want fear love
And if I feel the rage I won't deny it
I won't fear love"

Da Fumbling Towards Ecstasy (1994) di Sarah Mclachlan.
Countdown per l'uscita del nuovo cd Laws of Illusion il 15 giugno. Il primo brano in scaletta è Awakenings. Seguono titoli come Illusion of Bliss, Loving you is easy (il primo singolo, bellissimo) Forgiveness, Rivers of Love, Love Come. Un concept album sulla madre di tutte le illusioni, l'amore, con le sue leggi crudeli e inappellabili? E cos'è in fondo l'amore se non un'illusione di (cieca) beatitudine che al risveglio lascia sconforto, delusione e la feroce consapevolezza di non poterne fare a meno e di volerne, nonostante tutto, ancora e di più? Lunga vita ad artisti come Sarah Mclachlan, capaci di mettere in musica emozioni autentiche. Can't wait to listen to this album.

Addio Dennis


Aveva da poco ricevuto la sua stella sull' Hollywood Boulevard. Ieri all'età di 74 anni Dennis Hopper ci ha lasciato per sempre. Resta l'immagine di attore e uomo ribelle ed anticonformista, straordinario interprete di Easy Rider, L'amico americano e Velluto Blu. Uno dei più grandi cattivi del cinema americano di tutti i tempi.

venerdì 28 maggio 2010

La strada di Viggo


Week end al cinema? Lasciate perdere accuratamente Una canzone per te e La regina dei castelli di carta. Sorvolate su Sex & the City 2 (praticamente stroncato dalla critica ad ogni latitudine) se volete che vi resti un buon ricordo della serie tv. Degni di attenzione invece The Last Station e soprattutto The Road con un immenso Viggo Mortensen.

Il film è un dramma dal passo lento e sospeso con terrificanti venature horror. Padre e figlio attraversano un'America post-apocalittica grigia e desolata, battuta da freddo, piogge frequenti e terremoti. Devono raggiungere la costa, verso sud, nella speranza di andare incontro ad un clima più caldo. Tutt'intorno solo devastazione e miseria: non c'è ombra di vegetazione, la fauna è scomparsa, la terra sta morendo. Sopravvivono con quel po' di cibo che riescono a trovare ma la paura più grande non è quella di morire di fame. L'orrore concreto ed indicibile viene dalla paura di finire vittime dei gruppi di cannibali che percorrono le strade o si nascondono in case all'apparenza abbandonate. Camminano, padre e figlio, e dentro di loro "portano il fuoco" dell'umanità che non si lascia travolgere dal male ed ha fiducia nella vita.


Accolto senza entusiasmo a Venezia 2009 ma molto apprezzato dalla critica americana, The Road è un film coraggioso ed importante, imperfetto e bellissimo. Sebbene i flashback che riguardano il rapporto tra il padre e la madre (una funzionale Charlize Theron) e con i quali si allude ad un luminoso tempo pre-apocalisse e alla dolorosa decisione suicida della donna siano piuttosto scivolosi, Hillcoat è abbastanza intelligente da evitare di ricostruire il momento dell'apocalisse. Non occorre mostrare: vedendone le conseguenze gli spettatori possono benissimo immaginare l'immane portata del disastro. Ed è molto bravo nel disegnare immagini di sconfortante desolazione sotto cieli cupi e gonfi di pioggia. Forse fin troppo. Nei piani lunghi che vedono padre e figlio camminare lungo sentieri deserti circondati da una natura morente c'è come la ricerca di una poesia nella miseria, un'estasi della desolazione, un'elegia del grigiore post-apocalittico. Sono immagini bellissime da vedere e questa bellezza è in violento contrasto con il contenuto stesso dei vari quadri. Laddove il passo estatico/desolato cede il posto all'azione nello scontro con gli altri sopravvissuti (fra cui un magnifico Robert Duvall in una scena memorabile) il dramma ha la meglio sulla poesia, l'orrore dilaga, le emozioni espolodono ed il film decolla.


Viggo Mortensen si conferma uno dei più grandi attori viventi ed è uno scandalo che non sia stato candidato all'Oscar per questo ruolo. Non c'è nulla di superfluo ed eccessivo nella sua interpretazione. Tutto è vero, intenso, palpabile. Nel corpo ferito, sul volto scavato e nello sguardo terrorizzato ma ancora vivo vibra quel "fuoco" di cui parla McCarthy e tutto l'amore del mondo che un padre può volere al proprio figlio. Ed è nel bellissimo rapporto tra i due personaggi che il film segna un altro punto a favore: Mortensen ed il piccolo, bravissimo Kodi Smith McPhee sono credibilissimi e devastanti. E nel finale, uno dei più belli dell'anno, il passaggio metaforico della fiaccola dal padre al figlio è straziante.

Viggo è già sul set del nuovo film di David Cronenberg previsto per il 2011. A Dangerous Method racconterà la nascita della psicanalisi attraverso il rapporto tra Sigmund Freud, interpretato da Mortensen, e Carl Jung, cui darà il volto Michael Fassbender. Con tutto il rispetto per i tandem Burton-Depp e Scorsese-DiCaprio, il binomio autore-star che preferisico è quello metafisico e carnale composto da Cronenberg e Mortensen. Altro capolavoro in arrivo?

Voto: 7

Sex & the Desert


Indefessi fan della gloriosissima serie (che fu) riempirete anche questo week end le sale di tutto il mondo inchinandovi di fronte al ritorno di Carrie & socie? Si pronosticano incassi da capogiro per Sarah Jessica Parker anche se, visto il trailer e data un'occhiata alla sinossi del film, questo nuovo capitolo di Sex & The City avrebbe dovuto intitolarsi Sex & The Desert. Resisterà l'universo modaiolo e frizzante di Carrie, Samantha, Charlotte e Miranda al suo secondo gonfiaggio su scala cinematografica?

lunedì 24 maggio 2010

Betty e Don Draper postcards




Jon Hamm (Don Draper) e January Jones (Betty Draper) in tre stupende foto pubblicitarie di Mad Men. Mad about this serial.

Mad Women


Betty, Joan o Peggy? Completamente soggiogato dal fascino psicologico e dalla crescente spirale drammatica della seconda stagione di Mad Men, non riesco proprio a decidere a quale personaggio femminile votare il mio cuore. Tutti e tre finemente scritti ed altrettanto straordinariamente interpretati da January Jones, Christina Hendricks ed Elisabeth Moss. Invito chiunque non conoscesse ancora questa serie (giunta alla terza stagione negli Usa) a correre ai ripari. Per quanto riguarda i personaggi maschili naturalmente non c'è gara: Don Draper (Jon Hamm) li batte tutti. E' un fuoriclasse, nel bene e nel male.




Qual'è la vostra eroina preferita di Mad Men? Mi raccomando però, nessuno spoiler sul finale della seconda stagione: sono ancora alla nona puntata.

Nora e Max in "Calda Emozione"


"Non c'è niente che odi quanto l'essere ingannata. Preferisco un uomo violento a uno che mente, dalla violenza almeno ci si può difendere. Sai... ogni volta che abbiamo un appuntamento e tu arrivi puntuale è così gratificante che sto male da morire. Perché mi aspetto che tu non arrivi affatto. E invece arrivi... e ogni volta che ti vedo non credo ai miei occhi. E nessuno al mondo è più felice di me perché... perché significa che non ti sei stancato, che ti vedrò ancora. Io ho fiducia in te, perché la prima volta che ti ho incontrato hai detto che non ti ingozzi e che non menti mai. Beh, non me ne frega niente se ti ingozzi, ma non venirmi mai più a raccontare storie. Posso perdonarti una volta ma non posso farlo una seconda".

Nora Baker (Susan Sarandon) a Max Baron (James Spader) in Calda Emozione (White Palace, 1990) di Luis Mandoki

Cannes premia Binoche, Bardem e... Elio Germano


Si è conclusa ieri sera la 63esima edizione del Festival di Cannes. Il verdetto della giuria presieduta da Tim Burton ha rispettato i pronostici della vigilia in quasi tutte le categorie, tranne che per la Palma d'Oro. Il favoritissimo Another Year di Mike Leigh è praticamente stato ignorato, ma dalla sconfitta a Cannes è già rimbalzato in vetta ai pronostici per le prossime candidature all'Oscar nelle categorie miglior film, regia, sceneggiatura ed attrice protagonista (Leslie Manville). Ha vinto il film thailandese Uncle Boonmee who can recall his past lives di Apichatpong Weerasetachul, presentato negli ultimi giorni del Festival: un film di spiriti e fantasmi che deve essere piaciuto non poco a Tim Burton. Il Gran Premio della Giuria è andato a Des Hommes et Des Dieux di Xavier Beauvios, mentre il Premio della Giuria a A Screaming Man di Mahamat-Saleh Haroun. Miglior regista Mathieu Amalric per Tournée, e miglior sceneggiatura Lee-Chang dong per Poetry. Queer Palm per il miglior film a tematica GLBT a Kaboom di Gregg Araki.


Per la prima volta Juliette Binoche ha vinto il premio come miglior attrice a Cannes (aveva già vinto a Venezia con Film Blu e a Berlino con Il paziente inglese). Copia Conforme era già in cima ai miei impegni cinematografici questo week end, ma ho dovuto rimandare la visione. La vittoria della favolosa Binoche rende il recupero del film di Kiarostami assolutamente obbligatorio entro il prossimo week end, tra l'altro ricco di uscite imperdibili (The Road), gustose (Sex & The City 2) e possibilità di interessanti seconde visioni (The Last Station). Il palmarès di Juliette si arricchisce così di un altro riconoscimento importantissimo che va ad aggiungersi all'Oscar e al Bafta conquistati per Il paziente inglese e al Caesar vinto per L'ussaro sul tetto.

Quanto al miglior attore, la vittoria di Elio Germano ex-aequo con Javier Bardem non può che gonfiare d'orgoglio e riempire di gioia. E speriamo che spinga il pubblico italiano ad andare a vedere il bel film di Luchetti. Nel discorso di ringraziamento Elio ha detto: "I nostri governanti accusano sempre il cinema di parlare male del paese, così dedico il premio agli italiani che fanno di tutto per rendere l'Italia un paese migliore nonostante la sua classe dirigente". Chapeau.

venerdì 21 maggio 2010

Cannes goes on: "Fair Game", Ken Loach e altri


Applausi e consensi per Fair Game. Ropeofsilicon.com prevede già di vedere il film di Liman nella lista dei dieci candidati al miglior film agli Oscar 2011, assieme al nome di Naomi Watts nella categoria miglior attrice (eccellente insieme al coprotagonista Sean Penn). Per The Hollywood Reporter il film cerca di evitare il trattato politico ma cade nella retorica e, secondo il New York Times, sfocia in una seconda parte troppo melodrammatica. Ma è senza dubbio un thriller politico rispettoso ed intelligente, come scrive Variety, un film di intrattenimento serio che si inserisce sulla scia di Green Zone nell'attaccare la politica dell'amministrazione Bush riguardo alla guerra in Iraq.

Anche Route Irish di Ken Loach è stato accolto favorevolmente. Il regista inglese palma d'oro nel 2006 per Il vento che accarezza l'erba abbandona i toni leggeri de Il mio amico Eric e realizza un teso thriller politico sulle atrocità e sulle ferite del conflitto in Iraq.


Un serio contendente alla palma d'oro sembra essere il film francese Des Hommes et des Dieux di Xavier Beauvios: in un monastero in Algeria nel 1996 otto monaci convivono pacificamente con gli abitanti musulmani di un vicino villaggio, ma vengono attaccati da un gruppo di fondamentalisti islamici. Metodico nel descrivere nella prima parte la vita nel monastero, il film diventa intenso ed appassionato nel racconto del martirio finale.

Infine grande entusiasmo ha suscitato la proiezione fuori concorso di Carlos di Olivier Assayas, film-fiume (quasi 6 ore) incentrato sulla storia del rivoluzionario venezuelano Ilich Ramirez Sanchez tra gli anni '70 ed '80. Un affresco spettacolare e coinvolgente, oltre che psicologicamente dettagliato, secondo Variety, in cui Assayas dimostra ancora una volta la sua straordinaria bravura. Prodotto per la televisione francese e suddiviso in tre episodi, il film dovrebbe anche uscire al cinema in una versione di due ore e mezza di durata.

giovedì 20 maggio 2010

Italiani a Cannes: "La nostra vita"


"Terribilmente urlato e poco convincente" è la lapidaria stroncatura di Variety. Molto meno sbrigativo, invece, The Hollywood Reporter secondo cui "il pubblico internazionale (e, aggiungo io, anche la critica) difficilmente potrà comprendere con quanta precisione Daniele Luchetti ha dipinto l'Italia contemporanea". Luchetti ha realizzato "un dramma intelligente che usa il proletariato per rappresentare lo stato delle cose in una scala più vasta".
Unanime invece la critica italiana nel sottolineare l'importanza e la bellezza de La nostra vita, da venerdì 21 nelle sale. Su loudvision.it potete leggere la mia recensione e l'intervista a Daniele Luchetti in occasione della conferenza stampa tenuta a Roma prima della partenza per Cannes.




Beautiful Italians a Cannes
In basso Elio Germano, Isabella Ragonese, Raul Bova e Stefania Montorsi sulla Croisette.


Beautiful people (3): Watts a Cannes


Aveva già calcato la Croisette sabato scorso per la prima mondiale del film di Woody Allen. Oggi è ritornata sotto i riflettori per Fair Game, thriller politico di Doug Liman ispirato alle memorie dell'agente Cia Valerie Plame e alla bufera che colpì la sua famiglia sotto l'amministrazione Bush negli anni della guerra in Iraq (il marito, l'ex ambasciatore Joseph Wilson, aveva smentito l'esistenza delle armi di distruzione di massa in Iraq. Per distogliere l'attenzione della stampa dalle sue rivelazioni, la Casa Bianca rivelò l'identità di ex agente Cia della moglie, gettando la famiglia nello scandalo). E' l'unico film americano del concorso, in gara oggi insieme all'unico titolo italiano, La nostra vita, e a Route Irish di Ken Loach. Per le reazioni della critica a questi attesissimi film rimando ai prossimi post. Godetevi nel frattempo queste immagini di Naomi Watts, futura interprete di una cine-biografia su Marilyn Monroe (ma non doveva essere Michelle Williams?).

Love Dame Mirren


E' il primo dei quattro (o cinque!) film starring Dame Helen Mirren in uscita quest'anno. Tratto da una storia vera, in Love Ranch la Mirren interpreta il ruolo di una maitresse che gestisce insieme al marito (Joe Pesci) il primo bordello legalizzato degli Stati Uniti (siamo nel 1971), il Mustang Ranch in Nevada. Dirige il marito dell'attrice Taylor Hackford, autore di Ufficiale e gentiluomo e, soprattutto, del bellissimo L'ultima eclisse. L'uscita è prevista in America per quest'estate (dopo un anno di disavventure distributive) e, anche se non c'è ancora un trailer ufficiale, è stato reso noto il poster che cattura perfettamente l'atmosfera anni settanta sexy ed eccentrica. Tra l'autunno e la stagione natalizia vedremo Helen Mirren anche nel dramma spionistico sul Mossad The Debt di John Madden, nell'atteso The Tempest di Julie Taymor in cui è Prospero in versione femminile e in ruoli di supporto nel noir Brighton Rock tratto da Graham Greene e nella action comedy Red con Willis, Freeman e Malkovich.


Nell'attesa ci si può consolare con l'uscita italiana di The Last Station (28 maggio), presentato al Festival di Roma ad ottobre e già uscito più o meno in tutto il pianeta. Per la sua torreggiante interpretazione della contessa Sophja la Mirren ha ottenuto la sua quarta nomination agli Oscar. Qualcosa mi dice che il prossimo anno arriverà a quota cinque. La mia recensione è al link:
http://best-actress-confidential.blogspot.com/2009/10/last-station.html

mercoledì 19 maggio 2010

Retrospettiva Blanchett, closing titles


Della sua nutrita filmografia mi mancano ancora da vedere il dramma bellico Paradise Road, il fallimentare western The Missing (quando si dice "mettersi alla prova in tutti i generi a disposizione") e il pastiche Le avventure acquatiche di Steve Zissou. Titoli – credo – sorvolabili in quanto ad importanza nella carriera della diva. Non sono riuscito a rivedere invece Falso tracciato (se ho buona memoria notevolissima commedia con interpreti affiatati: Thornton, Cusack, Jolie), L’uomo che pianse (irrisolto melo’ che spreca un buon cast: Depp, Ricci, Turturro) e i dimenticabili Charlotte Grey (re-union Armstrong/Blanchett) e The Shipping News (Hallstrom al suo peggio, meramente illustrativo). Dichiaro quindi conclusa la mia retrospettiva sulla Blanchett.
A giochi fatti le mie cinque interpretazioni preferite sono le seguenti. E le vostre?

1. Diario di uno scandalo
2. I'm not there
3. Bandits
4. Heaven
5. The Gift

Alla prossima retrospettiva!

Miscellaneous Cate: Babel, Ripley, The Gift e altri


Babel (2006)
Nel mosaico caleidoscopico di Inarritu il segmento in Marocco con le star hollywoodiane Cate Blanchett e Brad Pitt è il meno incisivo, anche se il regista si sforza di sottrarre ogni allure divistica dalla loro immagine. Cate è comunque in uno stato di grazia (il 2006 è anche l’anno di Intrigo a Berlino e Notes) e la sua dolente figura di moglie occidentale insoddisfatta, infelice e letteralmente ferita a morte vale molto di più dell’espressione contrita e delle rughe (finte?) di Brad Pitt. Prove generali di alchimia pre-Benjamin Button.



Little Fish (2005)
Piccolo thriller australiano dall’atmosfera liquida e sospesa. Cate è una credibilissima ex-tossicodipendente in una trama di complessi rapporti familiari ed affettivi. Interessante e molto ben interpretato, ma il finale delude non poco.


The Gift (2000)
E’ il primo titolo in cui ho davvero apprezzato il talento dell’attrice australiana. Horror psicologico senza effettismi e colpi bassi, ambientato nel torrido e sonnolento sud e con una bella galleria di personaggi (su tutti il disturbatissimo Giovanni Ribisi, che tornerà a far splendida coppia con la Blanchett in Heaven). Nel ruolo della sensitiva Annie, Cate vibra di (in)credibile terrore per il suo dono esoterico e per il crudele maschilismo di una comunità che la taccia di stregoneria ma ricorre a lei per curare i suoi mali. Annie è strumento della verità, interpreta i segnali dei sogni e dei tarocchi senza reagire ai soprusi, affronta l’orrore e la cattiveria degli altri a testa bassa ed è l’unico baluardo dell’amore per gli altri e dell’importanza dell’ascolto e della comprensione in un mondo dominato dalla violenza.


Il talento di Mr Ripley (1999)
Noir d’annata con cast da capogiro: Matt Damon luciferino e dannato, Jude Law irresistibile e magnetico, Philip Seymour Hoffman strepitoso, Gwyneth Paltrow dolce e patetica. La Meredith di Cate Blanchett, frivola e spensierata ragazza americana di buona famiglia in libera uscita nel belpaese, è il comic relief di questo soleggiato e cartolinesco incubo italiano diretto da Anthony Minghella. In poche sequenze l’attrice schizza un bellissimo ritratto e ruba la scena alla Paltrow, costretta nel tragico (e scontato) ruolo della fidanzata abbandonata. Pagine di grande cinema: l’inizio con la ninna nanna per Caino intonata da Sinead O’ Connor; l’omicidio di Dickie in mezzo al mare sotto la luce accecante del sole; il tesissimo dialogo tra il sospettoso Freddie Miles e Tom Ripley nell’appartamento di Dickie a Roma; il finale senza speranza.


Oscar e Lucinda (1997)
In perfetta sintonia con l’altrettanto pallido ed intenso Ralph Fiennes, Cate è Lucinda, un’indipendente e scandalosa ereditiera con la mania del gioco d’azzardo, il gusto per gli affari e il sogno di costruire una chiesa di vetro. Primo ruolo da protagonista: Cate è radiosa ed attrice già matura. Bei paesaggi e una sensibilità tutta femminile dietro la macchina da presa (Gillian Armstrong, autrice del delicato Piccole donne con Winona Ryder)

Beautiful people (2): Juliette Binoche


Madrina del Festival ed interprete di Copia Conforme, Juliette Binoche splende sulla Croisette. Il film di Kiarostami è piaciuto moltissimo e sembra in pole position per la palma d'oro, appena dietro a Another Year di Mike Leigh (mentre Biutiful stazionerebbe in terza posizione: molti hanno criticato l'eccessiva drammaticità del film, parlando addirittura di "inesorabile ponografia della miseria"). Quale migliore occasione per celebrare il fascino unico ed eterno della diva francese con una galleria delle sue performance più famose?













Nell'ordine: Copia conforme (2010), Complicità e sospetti (Breaking and Entering, 2006), Caché - Niente da nascondere (2005), Chocolat (2000), Storie - Code Unknown (2000), Alice e Martin (1999), Il paziente inglese (1996), L'ussaro sul tetto (1995), Film Blu (1993), Il danno (1992), Gli amanti del Pont Neuf (1991), L'insostenibile leggerezza dell'essere (1988).
Qual'è la vostra Binoche del cuore?

martedì 18 maggio 2010

Beautiful people a Cannes


Ryan Gosling e Michelle Williams sotto i flash dei fotografi.

Cannes decolla con Binoche e Bardem


Bertrand Tavernier non convince nessuno con la sua Princess of Montpensier. Piace parecchio A Screaming Man del regista africano Mahamat-Saleh Harou, già autore del premiato Daratt nel 2006. Non delude ma non entusiasma il Takeshi Kitano di Outrage, che segna un ritorno all'action violento e sanguinoso per il maestro nipponico. Fuori concorso diverte il provocatorio Kaboom di Greg Araki con i suoi toni surreali e parodistici mentre contrastanti sono le reazioni per Tamara Drewe di Stephen Frears: uno sguardo sulla campagna inglese fresco, sensuale, cinico ed irriverente per alcuni, spuntato ed inconsistente per altri.

In uscita nelle sale italiane venerdì prossimo, oggi è stato presentato Copia Conforme di Abbas Kiarostami con Juliette Binoche. Per Guy Lodge di incontention.com un capolavoro con una sublime prova d'attrice; per tutti gli altri un esercizio di stile suggestivo ed affascinante. Girato in Toscana, è la storia dell'incontro tra una donna e uno scrittore che ha pubblicato un saggio sul rapporto tra i concetti di originale e copia nell'arte. Si innamorano e decidono di giocare a marito e moglie, ma i confini tra realtà e finzione iniziano a confondersi e il film si trasforma sotto gli occhi degli spettatori in un puzzle ambiguo e carico di interrogativi.


Se finora l'unico serio candidato alla palma d'oro sembrerebbe Another Year di Mike Leigh ( in lizza anche per la miglior attrice Leslie Manville), Biutiful di Inarritu ha suscitato molti consensi e gode di un notevole supporto critico soprattutto per l'interpretazione di Javier Bardem. Qualcuno ha parlato non solo della palma come miglior attore, ma anche di una probabile candidatura ai prossimi Oscar. Per la prima volta orfano dello sceneggiatore Guillermo Arriaga, Inarritu abbandona il mosaico corale delle pellicole precedenti e costruisce il film intorno al protagonista Bardem nel ruolo di un padre malato di cancro costretto ad affrontare tragedie e miserie di ogni tipo. Angoscia e lacrime assicurate.


Sono arrivati sulla croisette anche Michelle Williams e Ryan Gosling interpreti del film indipendente Blue Valentine, drammatica autopsia di un amore. Spero di postare al più presto qualche immagine dei due paparazzatissimi attori. Le voci di corridoio confermano il clamore già suscitato al Sundance: Williams e Gosling sono "devastanti" e il film merita tutta la pubblicità che sta ricevendo. La pellicola è stata acquistata dai fratelli Weinstein ed uscirà in America il 31 dicembre, giusto in tempo per concorrere agli Oscar. Ma credo che, visto l'entusiasmo della critica, l'uscita potrebbe essere anticipata.

E i film italiani? Dopo il successo di Draquila di Sabina Guzzanti (quinto posto al box office questa settimana, davvero un ottimo risultato per un documentario), giovedì sarà la volta di La nostra vita. Dita incrociate per Elio Germano come miglior attore.