Visualizzazione post con etichetta Anjelica Huston. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Anjelica Huston. Mostra tutti i post

martedì 27 aprile 2010

Chi ha paura di Anjelica Huston?


All'inizio degli anni '90 era al massimo della forma e al culmine della carriera. Aveva già conquistato l'Oscar come non protagonista per la sexy e vendicativa Maerose de L'onore dei Prizzi (oltre ad una seconda nomination per Nemici, una storia d'amore di Mazursky) e brillato di dolente intensità in The Dead, film testamento del padre John tratto da Joyce. Negli anni successivi avrebbe anche ottenuto uno straordinario successo al box office in quello che resta il suo ruolo più popolare e riconoscibile, la nerissima Morticia de La Famiglia Addams (una parte cucita addosso al suo imponente carisma, interpretata con gusto e stile sublimi). Ma il 1990 fu decisamente il suo anno: Stephen Frears le regala la parte della vita in The Grifters (la tragica, agghiacciante Lilly) e Nicolas Roeg la trasforma definitivamente in strega in The Witches (Chi ha paura delle streghe?). E non in una strega qualsiasi ma nella Strega Suprema, la più terribile di tutte.


Rincorrevo da anni questa piccola gemma del 1990, tratta dal bel racconto di Roal Dahl (lo stesso di Fantastic Mr Fox) e diretta con grande ironia, sottile inquietudine e travolgente gusto fantasy da Roeg. Si tratta di una gustosissima favola horror non solo rivolta ai bambini: il complotto delle streghe, decise a trasformare in piccoli ratti tutti i bambini d'Inghilterra, è una stringente metafora della crudeltà degli adulti verso i più innocenti. Bellissimo il prologo gotico in cui la nonna spiega al piccolo protagonista come riconoscere una strega e gli racconta la storia di una bambina rapita da una vicina di casa e da allora per sempre intrappolata in un dipinto. Perché le streghe sono orribili megere calve, perfide e gracchianti, ma si vestono da donne rispettabili indossando maschere e parrucche per aggirarsi inosservate in mezzo alla gente e continuare ad uccidere bambini.

Dopo la tragica morte dei genitori, il piccolo Luke va in vacanza in Inghilterra con la nonna. Ma l'albergo dove alloggiano ospita anche la riunione annuale della congregazione delle streghe, guidate dall'altezzosa Eva Ernst, la cui maschera di algida, regale bellezza nasconde l'orrendo volto della Strega Suprema. Luke si trova quindi nella tana del lupo e sarà facile preda delle affamate signore, ma dopo rocambolesche avventure riuscirà a sventare il loro piano diabolico. In bizzarro equilibrio tra grottesco, fiaba ed horror, il film mantiene fino alla fine un sottile sottotesto disturbante nonostante il posticcio happy end imposto dalla produzione.


Naturalmente il valore aggiunto del film è la presenza di una Anjelica Huston sfolgorante nel ruolo della Strega Suprema: una performance di stilizzata, sciocca perfidia, tutta giocata su irresistibili espressioni del viso, statuarie pose da vamp ed enfasi teatrale. La camera la inquadra spesso dal basso, per accentuarne l'imponenza fisica e la Huston si impadronisce della scena da vera regina del male. Se in questo film è deliziosamente sopra le righe, ne La famiglia Addams conserverà la statuaria, sensuale imperiosità della strega asciugando tutta l'enfasi in elettrizzante immobilità e sotterranea ironia. In entrambi i casi due geniali performance cartoonesche che solo un'altra grande strega dello schermo è riuscita a superare: Glenn Close - Crudelia de Mon ne La carica dei 101.

Voto: 7

lunedì 21 dicembre 2009

"Non lo sai cosa farei, non ne hai idea...

... per vivere."



"Bobo non cerca te, Bobo cerca me!

Lui ci sa fare, ma ci so fare anch'io...

Io sopravvivo sempre Roy e sopravviverò anche stavolta!

E per sopravvivere a modo mio ho bisogno di soldi,

ed io me li prendo."


Lilly Dillon (Anjelica Huston) a Roy Dillon (John Cusack) nel film Rischiose Abitudini (The Grifters) di Stephen Frears

mercoledì 11 novembre 2009

I miei Oscar: 1990



Film dell'anno: Rischiose Abitudini (The Grifters) di Stephen Frears,
starring Anjelica Huston, John Cusack e Annette Bening

L'inizio degli anni '90 rappresentò per gli Oscar un felicissimo momento di apertura verso pellicole non convenzionali e tematiche quantomeno controverse: basti pensare alle pluricandidature assegnate a film come Il Silenzio degli Innocenti nel 1991, Philadelphia nel 1993 e Pulp Fiction nel 1994. Il western tornò prepotentemente di moda con Balla coi lupi, tendenza confermata due anni dopo con Gli Spietati di Clint Eastwood. Regista ed interprete dell'epopea filo-indiana che commosse le platee di mezzo mondo, il bel Kevin Costner era già famoso per Gli Intoccabili e Bull Durham, ma con Balla coi lupi divenne una star assoluta e avrebbe dominato tabloid e box office per circa un lustro. Se gli attori del decennio furono probabilmente Tom Hanks e Tom Cruise, sul versante femminile le dive degli anni '80 iniziarono ad accusare segni di appannamento, lasciando il posto a nuovi ingressi: Julia Roberts nella commedia romantica, Susan Sarandon nel dramma, Michelle Pfeiffer in tutti i generi possibili ed immaginabili, Meg Ryan, Jodie Foster, in misura minore Winona Ryder, infine Sharon Stone e Demi Moore come star da copertina. La ventata di rinnovamento investiva anche i ruoli assegnati alle donne: ruoli finalmente forti, a tutto tondo, senza sconti per nessuno.

Il 1990 dava già un'idea di questa tendenza, che sarebbe esplosa con impeto deflagrante l'anno successivo in film come Thelma & Louise e Il Silenzio degli Innocenti. Le candidature furono:

Best Actress
Kathy Bates: Misery
Anjelica Huston: Rischiose Abitudini
Meryl Streep: Cartoline dall'inferno
Julia Roberts: Pretty Woman
Joanne Woodward: Mr e Mrs Bridge

Meryl Streep era già alla sua nona candidatura, ma il momento d'oro sembrava volgere al termine: il tiepido successo della dark comedy She-Devil (irresistibile a mio avviso) fu letto come un segnale di affaticamento e un tentativo di ricerca di nuove strade. In Cartoline dall'inferno, agrodolce commedia di Mike Nichols, la Streep è notevole come sempre, soprattutto negli scontri con Shirley Maclaine e ci regala le prime esibizioni canore della sua carriera, ma rispetto ai precedenti ruoli drammatici si avverte il rischio della maniera e del mestiere.

Il grande quanto inaspettato successo dell'anno fu Pretty Woman: il film di Marshall catapultò la Roberts appena ventiduenne nell'olimpo delle star, ma questa ragazzona di Atlanta aveva già dimostrato di avere classe e talento l'anno precedente con Fiori d'acciaio.

L'Oscar andò a sorpresa a Kathy Bates, all'epoca poco conosciuta al grande pubblico, ma attiva in teatro da molti anni: la sua performance nel thriller di Rob Reiner è semplicemente straordinaria, agghiacciante per come alterna devozione, calcolo e follia.


Una serie di performance eccellenti non entrarono nella rosa dei candidati: Andie mcDowell, dopo Sesso bugie e videotape si riconfermava sofisticata interprete di commedie in Green Card, ma evidentemente le fu preferita Julia Roberts; Demi Moore ebbe una nominations ai Golden Globe trainata dall'enorme successo del suo film, Ghost; seguendo le orme di Meryl Streep, Michelle Pfeiffer dimostrava di saperci fare (anche) con gli accenti stranieri interpretando il ruolo della bella Katja nella spy story La casa Russia; Glenn Close riempiva di dolore ed umanità il ruolo antipatico della matrona Sunny Von Bulow nel dramma Il Mistero Von Bulow.



Per la seconda volta in tre anni veniva inspiegabilmente snobbata Susan Sarandon: dopo la strepitosa Anne Savoy in Bull Durham, l'attrice disegna con Nora Baker in Calda Emozione (White Palace) un altro bellissimo ritratto, una donna di bassa estrazione sociale che lavora come cassiera in un fast food a Sant Louis: fondamentalmente incolta ma di grande intelligenza, Nora è una donna ironica, affascinante, spiritosa e straordinariamente sexy, ma nasconde dentro di sé il dolore insanabile della perdita del figlio. La scena in cui abborda il giovane Max (James Spader) nel night di periferia è da antologia per come riesce a passare con assoluta verità attraverso molteplici stati d'animo. E' uno di quei casi in cui attrice e ruolo sembrano combaciare perfettamente. A 44 anni la Sarandon stava per diventare una star e si prenotava per futuri successi. Non solo attrice di razza ma anche sex symbol, caso più unico che raro in una Hollywood maschilista che sembra non avere ruoli per le attrici sopra i quaranta.

Tuttavia l'Oscar alla migliore attrice lo avrei assegnato ad Anjelica Huston per Rischiose Abitudini, il tragico e asciutto noir di Stephen Frears: nel ruolo di Lilly la Huston è devastante, minacciosa, affannata, disperata. Non ci sono aggettivi.


Lilly non si ferma di fronte a nulla e la Huston non ha paura di apparire mostruosa anche perché infonde il carattere di un'umanità dolente che progressivamente ed inesorabilmente si prosciuga lasciando il posto ad un automa privo di ogni sentimento. L'azzeramento dell'umanità è elettrizzante e nel finale ghiaccia il sangue nelle vene: per fuggire col denaro, Lilly gioca al figlio un brutto tiro ed inscena l'ultimo inganno possibile. Ma gli dei non stanno a guardare. Roy muore in quello che è forse uno dei finali più paralizzanti degli ultimi trenta anni. Impressionante l'urlo muto di Lilly: accovacciata sul corpo del figlio, raccoglie tra i singhiozzi i soldi sporchi di sangue e fugge via "con la maschera deformata e rabbiosa di chi sta andando all'inferno". Una delle performance più grandi della storia del cinema.

Le candidate come best supporting actress furono:
Whoopi Goldberg: Ghost
Annette Bening: Rischiose Abitudini
Lorraine Bracco: Quei Bravi Ragazzi
Diane Ladd: Cuore selvaggio
Mary Mcdonnell: Balla coi lupi

Ancora non mi capacito del fatto che Shirley Maclaine non fu candidata per Cartoline dall'inferno. La Goldberg passò alla storia come la prima attrice afroamericana a ricevere l'Oscar, ma è difficile dimenticare sia la performance di Mary Mcdonnell, sia quella di Annette Bening nel suo primo ruolo importante: la sexy-gattina Myra con il cuore di ghiaccio, l'altra punta del perverso triangolo messo in scena da Frears in Rischiose Abitudini. Glamorous, sofisticata e sottilmente insinuante la Bening sfodera artigli da primadonna e avrebbe meritato di vincere.

Per gli uomini non c'era storia: Jeremy Irons vinse per Il Mistero Von Bulow, performance eccellente, ma nulla a che vedere col tour de force fornito l'anno precedente nell'incredibile Inseparabili di David Cronenberg, film per il quale non era nemmeno stato candidato. Nel ruolo dei due gemelli ginecologi Irons fu memorabile e l'Academy non poteva non sentirsi in colpa.



Gli altri candidati erano Kevin Costner, Robert de Niro (Risvegli), Gerard Depardieu (Cyrano) e Richard Harris (The Field). Personalmente avrei inserito fra i candidati anche Johnny Depp (Edward mani di forbice).
Quanto ai non protagonisti, onore a Joe Pesci per Quei Bravi Ragazzi. Il capolavoro di Martin Scorsese avrebbe meritato maggiori riconoscimenti ma il regista italoamericano avrebbe dovuto aspettare altri sedici anni per vincere. Altri candidati furono Al Pacino per Dick Tracy e Andy Garcia per Il Padrino Parte III.

venerdì 16 ottobre 2009

Glamour victim


Ieri sera ero su Google alla ricerca di immagini di Anjelica Huston in Rischiose abitudini (The Grifters), tragico e spietato noir di Stephen Frears, per inaugurare la galleria The Great Performances of All Time inserita nel sidebar di Best Actress Confidential appena sotto le previsioni dei prossimi Oscar. Mi imbatto così quasi per caso in un magnifico servizio fotografico realizzato da quel genio di Annie Leibovitz nel marzo 2007 per Vanity Fair.

Trentanove attori di Hollywood (da Amy Adams a Evan Rachel Wood elencati in ordine alfabetico nei credits) per 14 quadri (definirli scatti è improprio, anche perchè si tratta di autentiche "composizioni") attraverso cui la Leibovitz racconta (con annesse didascalie) una storia noir losangelina seguendo tutti gli stilemi fotografici, iconografici e narrativi del genere. Ecco allora le splendide "signore di Los Angeles" Anjelica Huston, Sharon Stone e Diane Lane (in alto) in lussuosi abiti anni '40, mentre commentano la notizia dell'ultimo omicidio nella toilette dello Snyder's Restaurant. O Judi Dench ed Helen Mirren in una rocambolesca fuga in auto (in alto a destra).

Infine Ed Norton, Kate Winslet, Robert de Niro, Jennifer Connelly, la Mirren e Julianne Moore (a sinistra) nella hall dell'Hotel LaBrea nei panni di altri misteriosi ed ambigui personaggi, in un'atmosfera torbida e patinata, carica di inganni e segreti, pulsioni nascoste e tradimenti. I quadri sono uno più bello dell'altro e meritano tutti di essere ammirati.
Mi piace moltissimo quando le star si prestano a giochi del genere, soprattutto se lo sguardo dietro l'obiettivo è sofisticato e brillante come quello di Annie Leibovitz. Penso di avere una personalità abbastanza sfaccettata e aperta da accettare di indulgere ogni tanto e senza riserve al richiamo del glamour hollywoodiano. Con dei modelli così poi, resistere è assolutamente impossibile.