venerdì 23 ottobre 2009

Posseduto da Joan


Mi auguro di non avere incubi stanotte. Erano anni che non vedevo un film con Joan Crawford e non ricordavo quanto potesse essere intensa. Gli americani direbbero impressive, very terrific. In Possessed (Anime in delirio il discutibile titolo italiano) cupissimo noir del 1947 diretto da Curtis Bernahrdt la diva interpreta Louise Howell, una donna instabile che abbandonata dall'uomo che ama, cinico e sprezzante, finisce in un vortice di ossessioni ed allucinazioni fino a diventare schizofrenica. Ricoverata in ospedale in stato catatonico, dovrà dolorosamente ricostruire i tasselli della memoria con l'aiuto della medicina psichiatrica.

Come ogni noir che si rispetti, il film inizia dalla fine ricostruendo la storia attraverso una serie di flashback. La sequenza d'apertura è indimenticabile: Bernahrdt inquadra in campo lungo Joan Crawford che cammina lungo una strada deserta in evidente stato confusionale. Barcolla, si avvicina al ciglio della strada, passa un tram e per un attimo si ha il dubbio che voglia farsi investire. In queste scene la Crawford è davvero efficace, perduta e miserabile.

Con l'inizio del racconto in flashback la credibilità si fa labile e il film diventa contraddittorio nella costruzione del personaggio femminile, rivelando la propria anima di star-vehicle per la teatralità e la recitazione ad effetto della diva. Dopo una prima scena in cui l'idillio sul lago tra Louise e David si trasforma nel teatro della fine della loro storia (lei è gelosa e possessiva e vorrebbe il matrimonio, lui si sente soffocare e decide di lasciarla), ritroviamo Louise che lavora come infermiera in una casa sulla riva opposta della baia. Accudisce la signora Pauline, moglie malata e depressa del ricco industriale Dean Graham ed è disponibile, mansueta, quasi sottomessa. Sembra un'altra persona rispetto all'amante appassionata e aggressiva della scena precedente. L'effetto è straniante anche perché la Crawford non è affatto credibile come docile infermiera, il suo carisma attoriale va in tutt'altra direzione né la star sembra sforzarsi di dare alla propria maschera aspetto e movenze più dimessi. In camice bianco è così ridicola e fuori parte da risultare una bizzarra figura in bilico tra camp e horror.

Ma l'intreccio prende il sopravvento e al motivo dell'amore ossessivo si lega l'indagine sulla morte di Pauline, annegata nel lago. Sola e disperata, Louise cede alla proposta di matrimonio del signor Graham ma inizia ben presto a dare evidenti segni di squilibrio. La morte di Pauline rappresenta il nodo più ambiguo di tutto il film e il motivo più suggestivo: Louise ne è tormentata oltre ogni logica per una ragione psicologica precisa, Pauline rappresenta il suo doppio. Louise non solo ne prende il posto sposandone il marito ma, avvertendo in sé stessa i sintomi della malattia mentale, teme di fare la sua stessa fine, infelice, depressa e suicida. Non è un caso che la regia non la inquadra mai: Pauline è infatti un fantasma ancor prima di morire. La porta della sua stanza è sempre socchiusa, ne sentiamo solo la voce e percepiamo la sua presenza nel suono insistente del campanello che richiede con urgenza i servizi dell'infermiera. In questo modo Bernahrdt riesce a farla rivivere nella mente di Louise ben oltre la sua morte. Il film regala una scena di autentico brivido quando Louise torna nella casa sul lago e, sentendo suonare il campanello di Pauline, prima si convince che sia ancora viva, poi immagina di esser stata lei ad ucciderla. La casa acquista improvvisamente un aspetto sinistro: attraverso la soggettiva di Louise percorriamo le scale (raggelante lo sguardo obliquo che Joan Crawford lancia velocemente allo specchio e agli spettatori) fino alla stanza di Pauline e all'urlo di Louise che richiama l'intervento del marito.

Nelle scene in cui si materializza la follia della protagonista, Possessed è assolutamente angosciante. Bernardht rende benissimo i percorsi labirintici della mente di Louise alternando primi piani sul suo volto sconvolto a dettagli visivi e sonori (la pioggia che batte alla finestra, il ticchettio dell'orologio) che accentuano lo stato allucinatorio e il grado di falsata percezione del reale in cui la donna precipita. Un'altra scena incredibile è quella in cui Louise ha una violenta lite con la figliastra e la uccide spingendola dalle scale. La dissolvenza sul corpo della giovane Carol in fondo alle scale è seguita dall'inquadratura della porta che si apre e mostra la figliastra rientrare in casa. La macchina da presa inquadra le scale e percorre la ringhiera fino al volto sudato e febbrile di Louise che, evidentemente, ha di nuovo immaginato tutto.

Presa per singole pose, l'interpretazione della Crawford è eccellente ma, pur nell'instabilità e nella schizofrenia del personaggio, la star sembra più preoccupata dell'effetto finale immediato piuttosto che di trovare un'unità di fondo al suo carattere. Che risulta così frammentario e poco credibile sia nei mille risvolti dell'intreccio da una scena all'altra sia nei fulminei cambi emotivi all'interno della stessa scena. Nondimeno bisogna riconoscere alla star una forza e un'intensità che vanno ben oltre i problemi di verosimiglianza.

Fortemente influenzato dalla psicoanalisi e dalle ricerche sulla malattia mentale che tanto seguito ebbero nella Hollywood anni '40 (si pensi a Io ti salverò di Hitchcock) Possessed può sicuramente apparire oggi schematico e semplicistico per la diagnosi clinica della psicosi della protagonista, ma è straordinariamente suggestivo nelle modalità di rappresentazione della follia. Indimenticabile la battuta di David a Louise "Tu sei abituata a temperature che scendono e aumentano. Ma nell'amore non ci sono ricadute. Quando ne sei fuori, la febbre non torna più".

1 commento:

  1. Triplo gulp! Chissà se poi gli incubi sono arrivati oppure no quella notte... A me sono bastati cinque minuti di lettura (non ho visto il film!) per sceneggiare un incubo ad occhi aperti: non mi è forse mancato poco così perché io stessa diventassi schizofrenica per colpa di un uomo cinico e sprezzante che rifuggiva la mia possessività?

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