lunedì 3 maggio 2010

Film che fanno male (1): Requiem for a dream


Week end punitivo? Mood masochistico? Preoccupante cupio dissolvi? Necessità di disintossicarmi dalla sindrome-Blanchett? Ieri ho visto in fila due dei film più controversi, inclassificabili, maledetti e terrificanti degli ultimi dieci anni: Requiem for a dream di Darren Aronofsky (2000) e Antichrist di Lars Von Trier (2009). Devo aver associato le due visioni intuendo che difficilmente avrei trovato, in un altro momento, il coraggio di approcciare questi film. Quindi due al prezzo di uno. Per Antichrist rimando al prossimo post; subito dopo si ritorna a respirare con la retrospettiva su Cate Blanchett.

Piaccia o no lo stile esccessivo e provocatorio di Aronofsky, Requiem for a dream è un'esperienza visiva ed emotiva difficile da dimenticare. E non a caso il film è diventato un cult movie, oltre ad aver raccolto nomination in ogni dove per la prova di Ellen Burstyn (ma anche Jared Leto e Jennifer Connelly sono straordinari).


Diviso in tre capitoli, Summer, Fall e Winter, che scandiscono le tappe di una discesa agli inferi senza ritorno (manca ovviamente la rinascita rappresentata dalla Primavera), il film ruota intorno alla vita di Sarah Goldfarb (una Burstyn che non ha paura di apparire patetica e mostruosa), casalinga in sovrappeso che passa le giornate a guardare orribili show commerciali in tv, e di suo figlio Harry, tossicodipendente impegnato con ogni mezzo a procurarsi l’eroina per sé, la sua ragazza Marion e l’amico Tyrone. Quando un giorno Sarah viene selezionata come probabile concorrente di un programma, il suo unico obiettivo diventa quello di dimagrire in vista della sua apparizione in tv ed inizia una dieta a base di anfetamine. Chiusa in casa nell’attesa di ricevere la convocazione allo show e realizzare il suo sogno di indossare in tv il suo bel vestito rosso, Sarah diventa sempre più dipendente dalle pillole dimagranti, finendo in un vortice allucinatorio senza speranza che la porterà dritta dritta in un istituto psichiatrico.

Contemporaneamente Harry e Tyrone spacciano eroina per mettere soldi da parte e fare la bella vita, ma le cose precipitano dopo una sparatoria in cui Tyrone resta coinvolto e tutto il denaro viene utilizzato per pagare la cauzione. Procurarsi eroina diventa sempre più difficile e l’astinenza getta il gruppo in uno stato di tensione insostenibile. Marion finisce col prostituirsi per poter comprare la droga, mentre Harry e Tyrone partono per un viaggio in Florida nella speranza di fare accordi direttamente coi trafficanti e ripartire da zero. Ma il braccio di Harry, su cui continua ad infierire con pesanti iniezioni di eroina, sembra essersi infettato… Finale tragico per tutti.


Aronofsky indaga più tipi di dipendenza: dalla tv, coi suoi falsi miti del successo e della bellezza, dalle pillole dimagranti, dalla droga. E le mette tutte sullo stesso piano con grande efficacia drammatica, mescolando una grande varietà di tecniche di ripresa allo scopo di stupire, provocare e sconvolgere lo spettatore: split-screen, primi piani ravvicinatissimi, riprese a velocità accelerata, prospettive distorte che mirano a rendere il punto di vista allucinato dei personaggi. Le differenti scelte stilistiche sono comunque funzionali: per rappresentare il momento dell’iniezione di eroina, ad esempio, ricorre ad un montaggio di inquadrature brevissime che, ripetute in modo ossessivo, producono un effetto sempre più respingente. A questo montaggio ipnotico e sincopato alterna inquadrature senza stacchi in cui segue i personaggi adoperando la snorricam, una camera legata direttamente al corpo dell’attore che determina un senso di vertigine per lo spettatore oltre a suggerire la prospettiva interna, spesso alterata, del personaggio.

Il tutto accompagnato dalla drammatica partitura di Clint Mansell Lux Aeterna, una composizione per quartetto di archi che contribuisce all’atmosfera fredda, dissonante, straniante del racconto ed ha avuto uno straordinario successo anche al di là del film. Requiem è un’opera potente ed ossessiva, forse un po’ furba e programmatica nel frullare con abilità stili e metodi di ripresa e nel rappresentare personaggi votati sin dall'inizio ad una fine atroce, ma è auntentica e sanguinante e, senza dubbio, narrativamente efficace. Tutta l’ultima parte è un incubo pazzesco, ben oltre qualsiasi altra cosa abbiate mai visto sullo schermo. Ha coraggio Aronofsky, presunzione e una gran bella faccia tosta: il rischio della provocazione gratuita resta ed Aronofsky sembra a volte fin troppo compiaciuto nel far raschiare ai suoi disperati protagonisti il fondo della loro miseria non risparmiando nulla né a loro né ai poveri spettatori. Ma il messaggio arriva dritto al cuore, alla testa e agli occhi con una forza deflagrante.
voto: 7

Nessun commento:

Posta un commento