martedì 13 ottobre 2009

Frankie & Johnny, una Michelle d'annata

Grassetto
Lasciate che il mondo intero abbia Pretty Woman: la mia commedia romantica preferita è Frankie & Johnny (Paura d’amare) di Garry Marshall con Al Pacino e Michelle Pfeiffer. Uscito nel 1991 e tratto da una piece teatrale di Terrence McNelly, Frankie & Johnny fu un buon successo ma non bissò il trionfo planetario del film precedente. Eppure ha dalla sua un regista che ha notevolmente affinato il proprio mestiere (si veda la felice gestione della coralità dell’intreccio e l’efficace ambientazione metropolitana) e una coppia di star tra le più belle di tutto il cinema americano. Pacino e la Pfeiffer, insieme nove anni dopo Scarface di Brian de Palma, fanno davvero scintille in questo film, credibilissimi come cuoco e cameriera che lavorano e si innamorano nell’Apollo Restaurant, multietnico e pittoresco bistrot nel cuore di New York.
Se Pacino è un Johnny perfetto, istrionico e adorabile, perfino ossessivo nella sua perseveranza, la Pfeiffer offre forse quella che a oggi resta la sua performance migliore. La scelta di Michelle Pfeiffer per il ruolo di Frankie al posto di Kathy Bates che aveva interpretato la piece a teatro non fu senza polemiche. Troppo glamour, troppo bella - si disse - per essere convincente come cameriera sciatta e ignorante. Eppure ancora una volta la Pfeiffer si rivelò in grado di oscurare la sua bellezza e costruire un “carattere” comune e ordinario, una donna apparentemente scontrosa e solitaria, ma in realtà sola e profondamente ferita dalla vita.
Era il suo periodo d’oro, gli anni a cavallo fra gli ’80 e i ’90 in cui la Pfeiffer non sbagliava un colpo e inanellò una serie di interpretazioni a dir poco eccellenti, rivelando non solo un carisma di star assoluta, ma combinando magnetismo e presenza scenica ad una sensibilità interpretativa e una versatilità davvero uniche. Tra il 1988 e il 1993 la Pfeiffer cavalcò tutti i generi, dal dramma in costume (Le relazioni pericolose, L’età dell’innocenza), alla commedia (Una vedova allegra ma non troppo), dalla spy-story (La casa Russia) al fantasy (Batman, il ritorno), dalla commedia musicale (I favolosi Baker) al dramma (Due sconosciuti un destino – Love field), al romance (Frankie & Johnny). Comparve in tutte le liste di migliore attrice dell’anno e aprì la strada alle sue più dirette eredi (in termini di sensibilità artistica) Nicole Kidman e Julianne Moore, che a partire dalla metà degli anni ’90 avrebbero preso il posto della Pfeiffer nel cuore di critici e spettatori accorti.
Se la Madame Olenska de L’età dell’innocenza è la sua interpretazione più “importante” e quelle ne I favolosi Baker e Batman Returns le sue prove più famose e riconoscibili (la sua Catwoman è diventata un’icona pop; la scena in cui canta Makin’ whoopee distesa sul pianoforte è un pezzo di storia), la performance nel film di Marshall è nondimeno la sua più autentica e sincera, la più completa e profondamente devastante. In questo film Michelle gioca davvero tutte le sue carte:
- attrice molto fisica e istintiva, ma capace anche di grandi momenti introspettivi e di esprimere efficacemente il conflitto interiore attraverso una notevolossima "tenuta" del primo e primissimo piano (il monologo finale, disperato, rassegnato, mai patetico; gli sguardi alla finestra, carichi di sottotesto);
- dotata di grande autoironia, capace di passare con facilità dal registro brillante al drammatico o di far convivere i due livelli nella stessa scena (ad esempio nella scena al bowling, quando crolla psicologicamente sulla pista da gioco e si rifugia nella toilette, è davvero da spezzare il cuore);
- infine onesta, umile e sincera (nell’interpretazione di Frankie non c’è traccia di tecnicismi o manierismi, la sofferenza e il senso di solitudine sono credibili, palpabili, autentici).
E’ un miracolo, e Garry Marshall a Al Pacino le ruotano attorno consapevoli di lavorare con del materiale incandescente.

Ma Frankie & Johnny non è solo una commedia-veicolo per le due star protagoniste. E’ un film ricco di azzeccatissimi caratteri di contorno che danno un’efficace senso di pluralità e coralità all’intreccio e al tema principale (l’amore e la solitudine); è un film fortemente calato in una realtà urbana caotica e frenetica con precise notazioni ambientali e sociali e magnificamente fotografato da Dante Spinotti; infine è una triste, malinconica, irresistibile elegia sulla solitudine e sulla paura di aprirsi nuovamente agli altri dopo che gli altri ci hanno fatto soffrire.
Cosa chiedere di più come regalo per il mio 31esimo compleanno? Buona visione.

1 commento:

  1. Concordo a pieno col tuo giudizio, questo film è ROMANCE allo stato puro; ogni volta che lo danno in tv è impossibile non rivederlo...per l'ennesima volta!

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