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lunedì 17 maggio 2010

Ascesa e regno di Elizabeth


Nascita e consacrazione di una star. Il primo Elizabeth è, tutto sommato, uno spettacolo decoroso: la grandeur di Shekhar Kapur è ancora piuttosto a freno e la performance di Cate Blanchett ha una luminosa freschezza e una regale dignità. Allora semi-sconosciuta, ma con all'attivo titoli come Paradise Road e Oscar e Lucinda, la Blanchett rivela la stoffa dell'interprete consumata già pienamente consapevole dei propri mezzi. Il suo nobile pallore e il primo piano che chiude il film sono memorabili. Il senso del dramma di Kapur è smisurato (e non è un bene) ma l'intreccio di cupezza, ferocia shakespeariana, rielaborazione romanzesca e aspirazioni artistiche ha un che di decadente cui si cede volentieri (e alcune soluzioni visive sono molto belle: l'annunciazione ai piedi del grande albero e l'incoronazione vibrano di un ispirato pittoricismo). Purtroppo i cattivi sono troppo "cattivi": la tormentata Mary Tudor di Kathy Burke è francamente terribile e Christopher Eccleston non è da meno.


Altro problema è Joseph Fiennes, sempre in zona Shakespeare in Love: con i suoi occhioni dolci è facile in alcuni momenti fare confusione col film di John Madden. Nell'articolazione della storia d'amore il film fa acqua da tutte le parti, e la stessa scarsa credibilità si riscontra anche nel rapporto con l'avventuriero Clive Owen in Elizabeth - The Golden Age (rapporto reso ancora più romanzato dal triangolo con la dama di corte Abbie Cornish). Un'alchimia poco convincente dovuta alla freddezza regale dell'immagine proiettata dall'attrice e all'eccessivo spazio riservato all'elemento sentimentale e melodrammatico rispetto alla ricostruzione storiografica.


Nel secondo Elizabeth, nove anni dopo, la Blanchett troneggia da vera regina della scena, tratteggiando un ritratto a tutto tondo in cui le è permesso di cavalcare tutte le emozioni umane possibili ed immaginabili. Fin troppo, verrebbe da dire. Nel corso dello stesso film è sovrana, amante infelice, guerriera e altro ancora. I poveri comprimari Rush e Owen sono praticamente soffocati dallo spazio concesso alla star. La scena in cui Cate urla contro l'ambasciatore spagnolo "Io posso anche comandare il vento! C'è un uragano dentro di me che raderà al suolo la Spagna se solo oserete sfidarmi!" è davvero potente, degna di Bette Davis o Katharine Hepburn, una clip destinata a comparire in tutti i futuri slideshow celebrativi dell'attrice. Ma nel complesso il ritratto della regina è così variegato e multiforme da risultare, per assurdo, poco incisivo. Nel piccolissimo ruolo di Maria Stuarda Samantha Morton è molto più convincente e finisce con rubare la scena praticamente senza fare nulla. Il momento della decapitazione è il più bello e drammatico del film: l'immobile intensità della Morton, la sua sottiile perversione sono elettrizzanti e funzionano molto di più del dimenarsi della Blanchett richiesto dalle innumerevoli trasformazioni dello script.


Ma non è l'unica nota dolente del film. Shekhar Kapur non andava per il sottile nemmeno nel primo Elizabeth, ma qui si lascia davvero prendere la mano dai toni cupi e foschi, dalla musica roboante, dall'insistenza con cui rotea con la macchina da presa intorno alla diva (troppo attento a registrare ogni suo cambiamento di espressione), da un pittoricismo stucchevole, da un gusto discutibile per le inquadrature bizzarre, gli estenuanti fuori fuoco ed altri effetti che fanno tanto "film artistico". Ma ancor di più il film fallisce nella rappresentazione dei due aspetti della vita della regina, quello pubblico e quello privato, che restano giustapposti senza mai fondersi in modo organico. Ne esce un fumettone cinquecentesco, sfarzoso, volgare, gratuitamente truculento. Una soap opera hollywoodiana imparruccata, in cui ogni inquadratura, ogni momento di sfrenato barocchismo è una glorificazione dell'attrice protagonista.


E forse è proprio questa la giusta modalità di approccio ad un (brutto) film come Elizabeth 2 (La vendetta?): più che un film, uno showcase per la Blanchett, un'occasione per lei di risplendere e per noi spettatori di vedere il suo ormai riconosciuto e universalmente consacrato mestiere all'opera.

Voto: 5 (6 Elizabeth e 4 Elizabeth - The Golden Age)

sabato 17 aprile 2010

Best Confidential Awards: aggiornamento nominations attori


Appena visto Oltre le regole - The Messanger, tra le nuove uscite di questo week-end. Ogni commento sull'inappropriato titolo italiano sarebbe superfluo e fin troppo facile. A parte questo dettaglio, il film è davvero notevole e rischia di passare ingiustamente inosservato. Candidato a due premi Oscar (attore non protagonista e sceneggiatura originale) e Orso d'argento per la miglior sceneggiatura al Festival di Berlino 2009, The Messanger è un' opera prima compatta e rigorosa, e si avvale di un formidabile tris d'attori che impone un immediato aggiornamento delle candidature ai Best Confidential Awards 2009-2010.

Credevo che la cinquina best actor fosse ormai inespugnabile, ed invece la performance di Ben Foster è troppo potente ed intensa per essere ignorata. Nel ruolo del sergente Will Montgomery, eroe di guerra in attesa di congedo assegnato al reparto notificazione vittime, Foster è in grado di sfumare il dolore trattenuto e la rabbia del protagonista in modo eccellente, dando vita ad una performance in sottotono di altissimo livello anche grazie ad uno script di invidiabile asciuttezza e precisione nella definizione dei caratteri. Foster entra così nella cinquina dei migliori attori della stagione 2009 -2010 al posto di... Jeff Bridges in Crazy Heart!

No, non sono impazzito, ho apprezzato la prova premio Oscar del grande Jeff (molto meno il film ...) ma ho amato molto di più il sottovalutato Michael Stuhlbarg, geniale, buffo e quasi chapliniano in A Serious Man. Gli altri tre nominati (Firth, Phoenix e Rahim) restano inamovibili. La categoria best actor risulta così composta:
Colin Firth - A Single Man; Ben Foster - The Messanger; Joaquin Phoenix - Two Lovers; Tahar Rahim - Un Prophet; Michael Stulbarg - A Serious Man.
Jeff Bridges resta così fuori ma è in buona compagnia: tra le grandi interpretazioni dell'anno ci sono anche Jeremy Renner per The Hurt Locker, Johnny Depp per Nemico pubblico, George Clooney per Tra le nuvole e James McAvoy per The Last Station. Se i posti fossero dieci ci sarebbe spazio per tutti...


A differenza di Ben Foster, Woody Harrelson ha ricevuto una candidatura all'Oscar come non protagonista e pareva l'unico in grado di soffiare il premio a Christoph Waltz. Così non è stato, ma il suo Capitano Stone è una grande prova d'attore, un concentrato di tensione, frustrazione e fragilità dietro una maschera di freddezza e cinismo che Harrelson costruisce con grande perizia, ironia e consumato tempismo drammatico.

Le due postazioni in bilico nella categoria best supporting actor sono Anthony Mackie per The Hurt Locker e Alec Baldwin per E' complicato. Vorrei mantenere almeno una performance comica in ogni categoria e Baldwin è smagliante comprimario della Streep nella commedia di Nancy Meyers. E' quindi Anthony Mackie a dover cedere il posto ad Harrelson: dopotutto The Messanger è un film d'attori e sceneggiatura, mentre The Hurt Locker è un film di regia e montaggio. I cinque nominati come attori non protagonisti sono:
Alec Baldwin - E' complicato; Woody Harrelson - The Messanger; Christopher Plummer - The Last Station; Stanley Tucci - Amabili resti; Christoph Waltz - Bastardi senza gloria.


A completare questo terremoto nella candidature ai best confidential awards arriva anche Samantha Morton nella categoria miglior attrice non protagonista. La sua vedova di guerra Olivia Pitterson scalza la spassosa ed oltraggiosa nonna Lynn di Susan Sarandon in Amabili resti (molto a malincuore, devo ammettere, ma lo screentime della Sarandon è davvero troppo limitato) e si conquista un posto nella cinquina. Probabilmente è la performance migliore del film: asciutta e dolente, autentica e carica di profonda dignità. Non sembra nemmeno che reciti ed invece il genio è tutto lì, nell'abbandono, nella semplicità, nella naturalezza. Stupendi i primi piani silenziosi, la reazione alla notizia della morte del marito, il monologo in cucina.

Nella speranza di vedere prima o poi anche Precious e l'interpretazione premio Oscar di Mo'nique, la cinquina best supporting actress è così costituita:
Kathy Bates - Chéri; Marion Cotillard - Nine & Nemico pubblico; Vera Farmiga - Tra le nuvole; Julianne Moore - A Single Man; SamaCorsivontha Morton - The Messanger.

Oltre a Precious, restano da vedere/recuperare Bright Star (in uscita a giugno) e The Blind Side (giusto per dare una chance alla Bullock) prima di annunciare le candidature definitive e i vincitori dell'edizione 2009-2010 dei Best Confidential Awards.