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domenica 14 marzo 2010

First look at Oscar 2010: chi vincerà come migliore attrice?


Sipario calato sugli Oscar 2009. A giochi fatti, i pronostici della vigilia sono stati ampiamente rispettati, tra conferme e (cocenti) delusioni. Per fortuna non è mai troppo presto per voltare pagina ed iniziare a dare uno sguardo alle possibili contendenti alla statuetta di migliore attrice per il prossimo anno.

Al Sundance sono state viste alcune performance su cui c'è già oscar buzz (non dimentichiamo che le voci di una probabile candidatura per Carey Mulligan e Gabby Sidibe partirono proprio dal Sundance): sto parlando naturalmente di Annette Bening e Julianne Moore, lesbo-mamme in The Kids are all rigt. Il film è una commedia (o un dramedy, come è stato definito) e la Focus Features ha pianificato un'uscita estiva, elementi che giocano a sfavore in vista di una campagna per gli Oscar. Ma le due attrici sono entrambe eccellenti, non hanno mai vinto e pare che si dividano perfettamente la scena. In che modo la Focus deciderà di promuoverle per gli Oscar? Bening e Moore saranno sostenute entrambe come attrici protagoniste alla Thelma & Louise o, per evitare la concorrenza interna e la divisione dei voti, una delle due sarà pubblicizzata come non protagonista?


Annette Bening ha un altro film importante in uscita il 7 maggio, Mother and Child, di Rodrigo Garcia. Anche se l'accoglienza sia a Toronto che al Sundance è stata piuttosto fredda, i critici hanno elogiato il terzetto di interpreti: Bening, Watts e Samuel L. Jackson. La Bening potrebbe essere candidata come protagonista (di conseguenza sarebbe lei a slittare nella categoria supporting per The Kids) e Naomi Watts come non protagonista (e sarebbe la sua seconda nomination dopo quella per 21 Grammi nel 2003 e l'incredibile snub per Mulholland Drive). Anche in questo caso, l'uscita primaverile potrebbe giocare a sfavore: i membri dell'Academy hanno la memoria corta...


Le altre due performance che hanno sollevato applausi scroscianti e voci di nominations al Sundance sono quelle di Jennifer Lawrence (già vista in The Burning Plain) per Winter's Bone e Michelle Williams per Blue Valentine. Soprattutto per la Lawrence si parla di uno star-making turn impossibile da ignorare. La strategia distributiva sarà ad ogni modo determinante.


Un paio di altri titoli in uscita non prima dell'auGrassettotunno hanno superato i primi screen text facendo già parlare di candidature all'Oscar per le sue interpreti. Hilary Swank (l'attrice più sopravvalutata della storia) potrebbe tornare vendicativa dopo il fiasco clamoroso di Amelia e strappare una terza nomination per Betty Anne Waters, storia di una working mother che comincia a studiare legge per poter difendere il fratello ingiustamente accusato di omicidio. Sarebbe un incubo: la Swank che vince il suo terzo Oscar è mille volte peggio della Bullock che ne vince uno. L'altro film già passato attraverso i temibili screen text è Love and Other Drugs di Edward Zwick con Anne Hathaway e Jake Gyllenhaal. A due anni di distanza da Rachel Getting Married il film potrebbe segnare il ritorno agli Oscar per la Hathaway nel ruolo di una donna colpita dal morbo di Parkinson.


Dopo una sfortunatissima sequenza di titoli rivelatisi sonori flop (la sua ultima interpretazione davvero bella risale al 2007 con Il matrimonio di mia sorella) Nicole Kidman dovrebbe tornare a risplendere nelle mani di James Cameron Mitchell (Shortbus, Hedwig) come protagonista dell'atteso Rabbit Hole. In coppia con Aaron Eckart, Kidman promette scintille. Altro film d'autore di cui si fa già un gran parlare è Black Swan dell'acclamato Darren Aronofski: Nathalie Portman (e chissà, magari anche Winona Ryder come non protagonista) potrebbe essere una probabile contendente alla statuetta di migliore attrice se il film dovesse confermare le attese.


Qualcuno sostiene che Carey Mulligan potrebbe già avere delle buone chance con Never Let Me Go, uno dei suoi film in uscita quest'anno. Ma mi sembra troppo presto, a meno che la performance non si riveli davvero eccellente. Molto più agguerrita è Helen Mirren con quattro titoli in uscita: The Debt di John Madden, The Tempest di Julie Taymor (rielaborazione de La Tempesta di Shakespeare in cui è un'ipnotica Prospera), Love Ranch diretto dal marito Taylor Hackford e Brighton Rock (con la Mulligan). C'è di che pentirsi per averla nominata nel 2009 per The Last Station. Le probabilità che torni in gara anche il prossimo anno sono molto altissime.

E ancora Tilda Swinton per Io sono l'amore e We Need To Talk About Kevin (se dovesse essere pronto in tempo), Keira Knigthley per London Boulevard, Diane Lane per Secretariat, Robin Wright Penn per The Conspirator, Naomi Watts per Fair Game o You Will Meet a Tall Dark Stranger (nuovo film di Woody Allen), Renee Zellweger per My Own Love Song, Marisa Tomei per Cyrus.

Tra le non protagoniste Marion Cotillard per l'attesissimo Inception di Christopher Nolan e Amy Adams per The Fighter sembrano avere già la strada spianata. Ma aspettiamoci una stagione ricca di sorprese, una su tutte Juliette Lewis, che potrebbe tornare alla ribalta con tre film in uscita.

E Meryl Streep? The Ice at the Bottom of the World con Charlize Theron è indicato come in production su imdb, ma potrebbe non essere pronto per la fine dell'anno. Una corsa per gli Oscar senza la Streep? Che noia.

giovedì 3 dicembre 2009

I miei Oscar: 1992


Film dell'anno Bram Stoker's Dracula di Francis Ford Coppola



2 posto La moglie del soldato (The Crying Game) di Neil Jordan


Anno di grandi ritorni e gradite conferme. Robert Altman, immenso regista della nuova Hollywood riemerge dalle nebbie degli anni '80 con un affresco al vetriolo della Mecca del cinema, I protagonisti, e si scalda per il capolavoro successivo, Short Cuts-America oggi. Un altro grande vecchio, Clint Eastwood, fa incetta di Oscar con Gli spietati (miglior film, regia, attore non protagonista), riporta il western ai vertici del box office ed avvia quella straordinaria carrellata di grandi film con cui continua a stupire e commuovere le platee di tutto il mondo. James Ivory si conferma un maestro del cinema letterario con Casa Howard, una delle sue trasposizioni più belle, e Tim Burton dà nuovamente prova della propria autorialità spingendo il pedale sul tema del doppio, della schizofrenia e della diversità nel maledetto Batman Returns. Ma i due film dell’anno sono il fiammeggiante Bram Stoker’s Dracula di Francis Ford Coppola, melodramma horror esteticamente sublime che riconcilia con la magia del grande cinema attraverso il ricorso a tecniche di creazione artigianale degli effetti speciali, e il noir di Neil Jordan La moglie del soldato (The Crying Game il bellissimo titolo originale), un sorprendente, ardito ed ispiratissimo mix di thriller, melo’, poliziesco e commedia interpretato da un gruppo di attori in stato di grazia.


Il premio Oscar come migliore attrice andò alla poco conosciuta Emma Thompson, all’epoca moglie di Kenneth Branagh ed interprete di film come L’altro delitto ed Henry V. Bravissima in Casa Howard nel ruolo della borghese Margaret Schleghel: fascino atipico, sguardo acuto ed intelligente, fisicità nervosa, grande intensità. Per qualche anno la Thompson fu indubbiamente l’attrice inglese preferita dall’Academy. Le altre candidate erano Catherine Deneuve per Indocina, Mary McDonnell per Passion Fish, Michelle Pfeiffer per Love Field e Susan Sarandon per L’olio di Lorenzo. Entrambe alla terza candidatura, la Pfeiffer e la Sarandon erano ai vertici della loro carriera ma videro sfumare ancora una volta le possibilità di vittoria (la Sarandon avrà comunque modo di rifarsi qualche anno dopo, Michelle chissà … ).


Nel docu-drama L’olio di Lorenzo la Sarandon abbandona i panni avventurosi e sexy dei film precedenti e si immerge nel ruolo dimesso di Micaela Odone, madre coraggio che non si arrende alla diagnosi dei medici ed insieme al marito scopre un farmaco naturale alternativo per curare la terribile malattia del figlio, l’adrenoleucodistrofia. Ispirato alla storia vera dei coniugi Odone, il film di George Miller fu un autentico caso: in coppia con Nick Nolte la Sarandon è così intensa, fiera, ossessiva e totalizzante nell’amore per il figlio che supera ogni cliché e conferisce al personaggio un’imponente statura tragica. In assoluto una delle sue migliori interpretazioni.

Ma il 1992 fu indubbiamente l’anno di Michelle Pfeiffer. Due sconosciuti un destino (Love Field) fu un fallimento in termini economici, ma la Pfeiffer era perfetta nel ruolo di Lurene Hallett, casalinga disperata nell’America ferita dall’assassinio di Kennedy.


Tuttavia l’Academy avrebbe dovuto avere il coraggio di candidarla per la fenomenale Catwoman di Batman Returns: uno star turn micidiale in cui la diva shakera al massimo tutti gli ingredienti del suo carisma unico: magnetismo, autoironia, sex appeal, inventiva, una presenza che buca lo schermo, una padronanza espressiva unita ad un gusto per la stilizzazione formidabili. Selina Kyle/Catwoman è una ninfomane dissociata e schizofrenica e la Pfeiffer stratifica il personaggio in modo geniale, infondendo disperazione e rabbia autentica allo splendore simbolico del cartoon. Il risultato è una performance complessa che trasuda elettricità, animalità e brivido in ogni passaggio. La scena della trasformazione è un capolavoro gotico assoluto. E nei combattimenti sui gelidi tetti di Gotham City la Pfeiffer è una meraviglia da guardare. L’Oscar sarebbe stato troppo poco. Un’interpretazione che è già leggenda. Icona. Mito.


Tra le altre attrici snobbate dalle nominations ricordiamo almeno la meravigliosa Tilda Swinton di Orlando, Whoopie Goldberg per Sister Act, Geena Davis per Ragazze vincenti e soprattutto l’efficace e notevole Sharon Stone di Basic Instinct, catapultata dall’anonimato al ruolo di diva assoluta e nuovo, chiacchieratissimo sex symbol del decennio. Lo scandalo ed il rumore sollevato del film non permise di valutare pienamente la grande prova della Stone in quello che, assieme alla Ginger di Casino, resta il suo ruolo migliore, Catherine Tramell.


La sconosciuta e bravissima Marisa Tomei si portò a casa l’Oscar come non protagonista per la commedia Mio cugino Vincenzo, battendo contro ogni pronostico Judy Davis (Mariti e mogli), Joan Plowright (Un incantevole aprile), la potente Miranda Richardson (Il danno) e perfino un mostro sacro come Vanessa Redgrave (Casa Howard). Personalmente avrei preferito veder vincere la Tomei in anni più recenti per prove più mature e complesse (In the Bedroom o The Wrestler) e avrei dato senza dubbio la statuetta alla Richardson (impressionante anche come perfida dark lady ne La moglie del soldato).


Per quanto riguarda gli uomini, l’Oscar ad Al Pacino per Scent of a woman valeva più come premio alla carriera che per l’interpretazione istrionica nel film di Martin Brest. Ma l’attore italoamericano avrebbe prima o poi dovuto vincere ed era anche candidato fra i non protagonisti per Americani. Gli altri candidati Clint Eastwood (Gli spietati), Robert Downey Jr (Chaplin), Denzel Washington (Malcom X) e Stephen Rea (La moglie del soldato) dovettero passare la mano. Ma la cinquina per il miglior attore avrebbe facilmente potuto essere costituita da altri nomi, tanti furono gli snobbati eccellenti: Tom Cruise (Codice d’onore), Jack Nicholson (Hoffa), Tim Robbins nominato ai Golden Globes sia per I protagonisti che per Bob Roberts e ignorato dall’Academy, il selvaggio e bellissimo Daniel Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani. Ma il mio cuore nel 1992 batteva solo per Gary Oldman, romantico, tragico e spaventevole principe Vlad nel Bram Stoker’s Dracula.


Tra gli attori non protagonisti il vecchio leone Gene Hackman (Gli spietati) tornò a vincere a venti anni di distanza dall’Oscar come protagonista per Il braccio violento della legge e si impose su Jack Nicholson (Codice d’onore), Al Pacino (Americani), David Paymer (Mr Saturday Night) e l’incredibile Jaye Davidson de La moglie del soldato.



Nel ruolo di Dil, il cuore nero del film di Jordan, Davidson non ha bisogno di recitare: gli basta quel volto e quel corpo carico di mistero per aprire una voragine in cui sprofondare. Ancora una volta troppo perfetto per vincere un Oscar.