giovedì 26 novembre 2009

Grandiosa epica gangster di Micheal Mann


Micheal Mann è un grande regista. Sa coniugare perfettamente sguardo personale e convenzioni hollywoodiane senza perdere di vista il senso del racconto e il cuore dei personaggi. E sa infondere ad ogni materiale narrativo e visivo una marcia adrenalinica e una carica emotiva mozzafiato. Nell'epopea di John Dillinger, rapinatore nell'America della depressione e nemico pubblico numero uno della Legge (non del popolo, per il quale era un eroe, ma dei rappresentanti della giustizia, colpevoli di ricorrere agli stessi sistemi, se non peggiori, dei criminali) Mann trova pane per i suoi denti e non si lascia sfuggire l'occasione per sfoderare il suo stile nervoso e potente dando vita ad un affresco di grande efficacia nella ricostruzione d'epoca, nelle dinamiche tra i caratteri e soprattutto nella risonanza epica del racconto. Il classico meccanismo narrativo di guardia e ladro si innesca sin dalle prime sequenze e si avvale delle facce scolpite nella pietra di Johnny Depp e Christian Bale: beffardo, romantico ed estroverso Depp, gelido, ossessivo ed introspettivo Bale.


La narrazione procede per macrosequenze narrative scandite da colpi in banca, fughe precipitose e combattimenti metropolitani come nella migliore tradizione del gangster movie. Sotto lo sguardo mobile ed irrequieto di Mann il film scorre e si srotola maestoso: la scena dell'assedio nel rifugio nella foresta è memorabile, così come tutto il finale nella sala cinematografica (magnifico). Ma i momenti di grande cinema non si contano: Mann punta sempre al massimo della tensione (visiva, narrativa, morale) in ogni istante. Il taglio è da western metropolitano, fortemente impressionistico, con un frequente uso della macchina a mano ed un montaggio frenetico, ricco di accelerazioni e ralenti, che danno un'inarrestabile sensazione di movimento e fluidità. Anche il lavoro sul sonoro è eccellente, con l'assordante rimbombo dei mitra squarciato da improvvisi e devastanti silenzi (come nella scena della fuga nella foresta) e la partitura magniloquente di Elliot Goldenthal, impreziosita dal jazz di The man I love ed altre perle dell'epoca, che sottolinea con grande pathos la tragicità del racconto.

Cinema vivido e muscolare, ma che non ha paura di grondare sentimentalismo: anzi l'anima di Nemico Pubblico è profondamente melodrammatica. Mann è sempre stato appassionato e fiammeggiante nel raccontare le storie d'amore e qui non si smentisce: la passione tra John e Billie costituisce uno snodo convenzionale nell'andamento del racconto, ma è anche il motivo più emozionante.


Johnny Depp infonde nel ruolo uno charme divino (anzi, sovrannaturale) e una disperata consapevolezza del destino, mentre Marion Cotillard è inquadrata, illuminata, adorata dalla cinepresa come il diamante più prezioso in questo valzer criminale di morte e violenza. Per quanto prevedibile e sterotipato sia il ruolo dell'interesse amoroso, la dolcezza, la fragilità e la vulnerabilità che la Cotillard proietta con ogni sguardo funzionano alla grande ed uno dei momenti più terribili e toccanti è quello del violento interrogatorio cui viene sottoposta (ma anche Bale è immenso in questa scena).

Un grandissimo film. Depp meriterebbe una candidatura agli Oscar, ma non l'avrà: è talmente perfetto che sembra non fare nessuno sforzo, anche se riesce a sfumare il ruolo con tocchi da maestro. Difficile dimenticare anche Marion Cotillard, ma tutte le previsioni puntano su Nine.

Voto 8+

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