mercoledì 30 settembre 2009

Abnormally Attracted to Tori Amos

Pur essendo Best-Actress-Confidential un neo-blog sulle attrici hollywoodiane, sulle star e sui premi oscar, non posso certo prescindere dall'altra mCorsivoia grande passione, la musica. Una passione, anzi, un'altra magnifica ossessione che, se devo restringere il campo al pop d'autore, è incarnata da due star che venero da anni in maniera radicale e incondizionata: Sarah McLachlan e Tori Amos.




Quest'ultima è molto famosa in Italia almeno per un brano, Cornflake girl, che spopolò nell'estate del 1994. L'album era Under the pink (il suo secondo, dopo il sorprendente esordio di Little Earthquakes del 1992, per molti ancora insuperato) e raggiunse 2 milioni di copie, un traguardo ragguardevolissimo per un lavoro complesso e minimalista al tempo stesso (ballate per solo piano e voce alternate a brani con venature rock quasi sperimentale). Da allora Tori Amos, pur non riuscendo ad eguagliare il successo commerciale dei primi lavori, si è ritagliata un posto nel pantheon dei grandi della popular music come regina indiscussa del pop d'autore "a tinte forti" o, se vogliamo , sperimentale, ed è riuscita a conquistare uno stuolo di fan fedelissimi.

Da Boys for Pele (1996), oscuro, labirintico e cerebrale, all'ultimo lavoro Abnormally Attracted to sin (2009), elettronico, sexy e acquatico, Tori Amos non ha smesso di stupire e di reinventare la propria musica, sempre accompagnata dal suo inseparabile pianoforte, dimostrando una vena creativa quasi inesauribile. Certo, qualche cedimento nell'arco di 20 anni di carriera c'è stato, ma anche negli ultimi lavori, spesso criticati per l'eccessiva lunghezza, la prolissità e la mania di grandeur, si possono trovare delle gemme inarrivabili per fusione di testo, melodia e ritmo: si pensi a brani come A sorta fairytale (da Scarlet's walk, 2002), Marys of the sea, Toast, The power of orange Knickers (da The Beekeeper, 2005), la struggente Girl disappearing e la torbida Smokey Joe (da American Doll Posse, 2007) fino a That Guy, teatrale e drammatica e Flavor, sospesa e ipnotica, tratte dall'ultimo cd.

Nessuno riesce a creare in maniera così palpabile atmosfere quasi cinematografiche, o a cambiare timbro e trovare sfumature vocali differenti in base al racconto e alla storia che si vuole comunicare. Forse, se dovessi scegliere in una produzione tanto torrenziale (non bisogna dimenticare anche la raccolta di 5 cd A piano: the collection, che unisce nuove versioni dei vecchi successi, demo e b-sides), il capolavoro, il punto più alto della carriera della Amos potrebbe essere From the choirgirl hotel (1998): 12 brani che si ascoltano senza prender fiato, un viaggio indimenticabile e sconvolgente in un mondo intimo e notturno, accompagnati da una voce che dà i brividi, qui probabilmente al massimo delle sue capacità espressive (strepitosi i passaggi dalla voce piena, di petto, a quella di testa) in un miracoloso equilibrio tra volontà autoriale e grado di apertura "commerciale".

A due anni di distanza dall' American Posse Tour, Tori torna in Italia per due attesissime date, stasera all'Auditorium Parco della Musica a Roma e domani al Teatro Smeraldo a Milano. Chi avesse voglia di un tuffo nell'art-pop d'autore, non perda questa occasione. Un'unica raccomandazione: la musica di Tori Amos, così come il suo personaggio per molti aspetti controverso, o la si ama o la si odia. Non ci sono mezze misure. Ma se te ne innamori, vorresti non essere (mai più) salvato dalle acque che ti travolgeranno.

martedì 29 settembre 2009

Best supporting actress 2010: first look

Ecco le attrici che potrebbero essere candidate quest'anno nella categoria best supporting actress:


Mo'nique, Precious

Marion Cotillard, Nine

Susan Sarandon, The lovely bones

Anna Kendrick, Up in the air

Julianne Moore, A single man

Penelope Cruz, Nine

Judi Dench, Nine

Vera Farmiga, Up in the air

A breve una discussione nel blog sulle effettive possibilità di questi otto nomi di entrare nella cinquina finale. In ogni caso risulta una categoria molto competitiva: ben due film, Up in the air e soprattutto Nine hanno buone possibilità di veder candidate più di un interprete.

Se Mo'nique risulta ad ora l'unico nome sicuro, Susan Sarandon potrebbe finalmente colmare il gap che la separa dalla sua ultima candidatura (trasformatasi in oscar) nel 1995 ed arrivare a sei nominations.
Ma soprattutto, sarebbe ora di riconoscere lo straordinario talento di Julianne Moore, che in A single man, il commovente debutto di Tom Ford, disegna un altro ritratto di donna sottile, sfumato, lucido e disperato. In attesa di vedere le relative performance (su A single man, che ho visto a Venezia, e sull'interpretazione di Julianne Moore, scriverò presto un post), chi vorreste vedere nella cinquina finale?


Oscar 2010, Best Actress: Meryl Streep Moment?


Con l'arrivo dell'autunno in America inizia the award season. Chi saranno le attrici che potrebbero avere la candidatura al premio Oscar quest'anno?
Meryl Streep, Julie & Julia
Carey Mulligan, An education
Gabourey Sidibe, Precious
Saoirse Ronan, The lovely bones
Hilary Swank, Amelia
Abbie Cornish, Bright star
Michelle Pfeiffer, Cheri
Robin Wright Penn, The private lives of Pippa Lee
Penelope Cruz, Broken Embraces
Nathalie Portman, Brothers
Audrey Tatou, Coco Before Chanel
Cominciamo da colei che dal 1978 è presente nella cinquina delle attrici nominate con una media invidiabile e insuperabile. E' infatti praticamente quasi sicuro che Meryl Streep afferri la sua sedicesima candidatura per il ruolo di Julia Child nel film di Nora Ephron Julie & Julia. Uscito in America all'inizio di agosto, il film è stato un successo (quasi 90 milioni di dollari di incasso) e ci regala una Streep strepitosa e divertita come in Mamma Mia! e ne Il diavolo veste Prada.
Sembra incredibile come questa star, considerata la più grande attrice contemporanea, sia riuscita a riconquistare il mondo a 60 anni, confermando ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, la sua strabiliante versatilità e longevità.


L'anno che ha segnato una decisiva sterzata alla sua carriera è stato proprio il 2006, con lo straordinario successo de Il diavolo veste Prada. Ma già nel 2002, con l'eccentrico ruolo in Adaptation e soprattutto con il bellissimo The Hours (in cui era il suo personaggio, Clarissa Vaughan, a fungere da collante fra le varie storie ed era la Streep, nonostante l'oscar a Nicole Kidman, l'unica vera vincitrice in termini di sfida attoriale fra le tre grandi), aveva dimostrato di essere sempre e ancora la numero uno, capace di passare dal dramma alla commedia come nessuna altra.

Sarebbe un crimine non vederla vincere nemmeno quest'anno (non vince dal 1982), anche se agli oscar molto raramente si vince per un ruolo leggero. Ma Meryl potrebbe sbancare i botteghini americani anche a Natale nella commedia di Nancy Meyers It's complicated, e il successo commerciale, si sa, è sempre un ottimo traino per i premi dell'industria. Se l'Academy si sentirà coGrassettolpevole di non averla onorata in cosi tanto tempo come è successo quest'anno con Kate Winslet (perfetta nel ruolo against the type di Hanna Schmidt in The Reader, ma Anne Hathaway in Rachel sta per sposarsi era davvero heartbreaking), l'oscar potrebbe finalmente tornare nelle sue mani. Dopo l'oscar come non protagonista per Kramer vs Kramer (1979) e quello da protagonista per La scelta di Sophie (1982), considerata ancora oggi una delle migliori performance mai fornite da un'attrice, Meryl avrebbe almeno dovuto vincere altre due volte:


per lo straziante ritratto di Francesca Johnson nel crepuscolare I ponti di Madison County di Eastwood (ma nel 1995 bisognava finalmente premiare Susan Sarandon, alla quinta candidatura per Dead man walking) e per la sottile perfidia e i 100 modi diversi di dare una singola battuta ("that's all", è tutto) di Miranda Priestley ne Il diavolo veste Prada (ma la Helen Mirren di The queen, da Venezia alle associazioni di critici americani, aveva fatto incetta di tutti i premi possibili).
Quest'anno, almeno finora, le uniche concorrenti della Streep sembrano essere due giovani attrici protagoniste di due film-rivelazione: Carey Mulligan per An education e Gabourey Sidibe per Precious. Dal Sundance a Toronto, questi due film hanno conquistato la critica e potrebbero concorrere agli oscar in molte categorie (film, regia, sceneggiatura, attori). Soprattutto Precious, vincitore del premio del pubblico a Toronto, potrebbe essere il The Millionaire di questa stagione (piccolo film indipendente che sconfigge i prodotti delle major).
Tornando alle attrici c'è grande trepidazione per Saoirse Ronan in The Lovely Bones l'attesissimo film di Peter Jackson: se venisse candidata sarebbe l'attrice più giovane della storia ad aver ottenuto due nominations (dopo Espiazione). Tutto dipenderà dal successo del film, ma è probabile anche che i votanti dell'Academy per la giovane età della Ronan spostino le proprie preferenze sui ruoli e sugli interpreti di supporto (Tucci e Sarandon). Abbie Cornish nel nuovo lavoro di Jane Campion Bright Star ha ricevuto critiche favorevolissime a Cannes e tutti sappiamo quanto la Campion sia magistrale nel dirigere le attrici (Hunter, Kidman, Winslet). Infine c'è l'Amelia di Hilary Swank, un film strombazzatissimo da mesi e un ruolo in cui si dovrebbe fare disastri per non essere nominati. Se il film dovesse piacere, la candidatura alla Swank è praticamente scritta sulla pietra. Ma se dovesse vincere il suo terzo oscar, ci sarebbe da radere Hollywood al suolo.
Altri nomi possibili: Penelope Cruz pare abbia molte piu chances quest'anno come non protagonista per Nine, piuttosto che come leading lady nel nuovo Almodovar (che ha ricevuto critiche contrastanti). Ma anche come non protagonista la Cruz ha appena vinto in Vicky Christina Barcelona, quindi potrebbe lasciare il posto alle altre star di Nine (Dench e Cotillard). The private lives of Pippa Lee, di Rebecca Miller, uscito in Gran Bretagna quest'estate, è stato accolto da critiche molto positive per tutto il cast e soprattutto per la prova di Robin Wright Penn: sulla scena ormai da 20 anni e mai nominata, potrebbe finalmente vedersi riconosciuta la sua bravura.

Infine Michelle Pfeiffer in Cheri. Apprezzato in Europa (soprattutto in Francia), ma snobbato in America (dove non hanno capito i toni apparentemente frivoli, la malinconia sotterranea e la perfetta adesione allo spirito del romanzo) Cheri di Stephen Frears non è stato il successo che ci si aspettava. Ma la Pfeiffer nel film non solo è perfetta nella parte, ma è assolutamente divina. Sostenuta da un'adeguata campagna promozionale, la Pfeiffer potrebbe portarsi a casa la sua quarta candidatura all'oscar. E non perchè avrebbe già dovuto vincerlo nel 1989 per I favolosi Baker, ma perchè in Cheri è semplicemente bravissima. Il film è ancora in una decina di sale sul territorio nazionale. Correte a vederla.