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venerdì 30 aprile 2010

To Pfeiffer on her 52 birthday
















Grazie a Jose su thefilmexperience.net per avermi ricordato che ieri, 29 aprile, Michelle Pfeiffer ha compiuto 52 anni. Una svista imperdonabile, da parte mia, da sempre devoto discepolo della divina. Mi prostro ai suoi piedi e rinnovo la dichiarazione di imperituro amore. Ancora nessun nuovo progetto in arrivo. Dall'alto del suo semi-ritiro post Chéri, Michelle ha probabilmente scelto la famiglia e la vita. Nuova Greta Garbo. Noi attendiamo un cenno, uno sguardo, un ritorno, consapevoli che quello che ha fatto è (comunque) tanto, forse troppo. Nessuna (più) come lei. Buon compleanno Michelle.

mercoledì 24 marzo 2010

Il monologo finale di Lea de Lonval in "Cheri"


All'ennesima visione Chéri rivela ormai senza paura la sua anima di tragedia del tempo e di rassegnato canto funebre. Chi non se ne è accorto ed è rimasto fermo alla superficie frivola e solare corra ai ripari. Il fulcro drammatico su cui poggia l'ultimo film di Stephen Frears è lo stesso conflitto che assedia e tormenta Lea de Lonval: una dialettica stringente tra l'eterno "assaggio di giovinezza" legato alla sua professione e all'amore per il giovane (corpo di) Chéri e l'inesorabile affacciarsi della morte. Nel monologo finale di Lea ogni illusione d'amore svanisce alla luce crudele del mattino che rivela l'immaturità di lui e i segni sul volto di lei. Lea ha il coraggio di guardarsi in faccia e di vedere chiaramente la realtà per la prima volta: l'unico amore possibile per due cuori votati al piacere non è destinato ad essere semplicemente perché ormai "è troppo tardi".

Michelle Pfeiffer, nel suo ruolo più bello da L'età dell'innocenza ad oggi, soppesa senza fretta ogni parola e lascia lentamente affiorare l'emozione. E' un momento magico perché l'attrice tocca corde profondissime con assoluta semplicità e limpidezza. Ed anche se il tono è rasserenato, sul fondo strisciano morte ed oblio. Un canto funebre della bellezza. Del personaggio e dell'attrice.


Lea: "Sei venuto per vedermi e hai trovato una donna vecchia. Sì, è così. Hai trovato una vecchia. Non piangere. Perché piangi? Sapessi quanto ti sono grata. Eri davvero innamorato di me? Ero così buona ai tuoi begl'occhi? Se fossi stata così buona avrei fatto di te un uomo, invece di pensare soltanto al tuo piacere e alla mia felicità. Non avrei cercato di tenerti tutto per me. Guardami. Hai ragione. Per le qualità che ti mancano suppongo di essere io la colpevole. Ma trent'anni di vita facile mi hanno resa molto vulnerabile. Quindi no, non ti ho mai parlato di un possibile futuro, perdonami. Ti ho amato come se dovessimo morire da un momento all'altro. Ti ho portato nel mio cuore per così tanto tempo. Avevo dimenticato che un giorno avresti dovuto assumerti la tua parte di carico, una giovane moglie e magari anche dei figli. E così finirai per soffrire. Sentirai la mia mancanza e dovrai trovare dentro di te saggezza, equilibrio e tolleranza per non causare sofferenza agli altri. Sì, è così. Hai avuto un assaggio di giovinezza. Non ti appagherà mai, ma vorrai sempre tornare da lei per averne di più. E' meglio che tu vada. Io ti amo, ma è troppo tardi. Quindi ora vestiti ed esci da questa casa".

Lo sguardo di Lea nel primo piano finale è quello di chi non ha più nessuno da amare e più nulla in cui sperare. Lea non deve prepararsi all'incontro con la morte. Lei è già lì. Nei suoi occhi la vediamo lentamente avvicinarsi.
Inarrivabile Michelle Pfeiffer. Incarnazione della bellezza al pari di Catherine Deneuve o Isabelle Adjani. Ed attrice dal talento incomparabile. Il ruolo di Lea de Lonval non può non richiamare alla memoria la Madame Olenska de L'età dell'innocenza. Non una cortigiana, ma una donna ugualmente scandalosa, con un matrimonio sbagliato alle spalle ed il coraggio di lottare contro le convenzioni sociali. Per amore e per la propria libertà.

Di una bellezza sovrumana l'inquadratura in cui, durante il ricevimento in suo onore dai Van der Luydens, Ellen osa sfidare le regole dei salotti newyorchesi ed abbandona la compagnia di un gentiluomo per andare incontro a Newland Archer. Il carrello, il ralenti e lo splendore della Pfeiffer creano un momento di rara magia. Ellen-Lea-Michelle 16 anni fa, nel pieno della sua sensualità e del suo mistero. Sedici anni dopo lei è sempre immensa. E' il cinema che è diventato troppo piccolo. Forse non ci meritiamo tanta incantevole grazia.

mercoledì 10 marzo 2010

Oscar 2009, Jeff & Michelle



Dopo 16 anni (l'ultima volta risaliva al 1993, anno in cui era candidata per Love Field - Due sconosciuti un destino) Michelle Pfeiffer è tornata sul palco degli Academy Awards per presentare il discorso-omaggio a Jeff Bridges, suo grande amico e co-star ne I favolosi Baker. Susie Diamond e Jack Baker di nuovo insieme dopo 20 anni! Qualcuno prima o poi dovrebbe far riunire sullo schermo questa coppia meravigliosa...

martedì 9 marzo 2010

Oscar 2009, Julianne Moore e Michelle Pfeiffer...


... insieme nella stessa inquadratura! Una visione mistica, un'esperienza religiosa. Vinceranno mai? If Sandra can...

venerdì 5 marzo 2010

Aspettando gli Oscar (1)


Countdown per la notte delle stelle. Lunedì mattina conosceremo finalmente i vincitori di quest'anno. Nel frattempo Avatar è diventato il film di maggior incasso della storia del cinema (2 miliardi e oltre 500 milioni di dollari l'incasso a livello mondiale, di cui 710 negli Usa, mentre anche in Italia il film di Cameron ha superato Titanic, raggiungendo ad oggi 62 milioni di euro), ma The Hurt Locker resta il favorito sia come miglior film che come miglior regia. Nelle categorie per gli attori i giochi sembrano fatti, anche se non perdo le speranze per il terzo Oscar a Meryl Streep (e per Colin Firth). E c'è grande attesa anche per il miglior film straniero: chi la spunterà fra i Il Nastro Bianco e A Prophete, entrambi capolavori?
Questi i pronostici definitivi delle categorie principali:

Miglior film
Vincerà: The Hurt Locker
Dovrebbe vincere: Avatar
Avrebbe dovuto essere candidato anche: A Single Man (e, sulla fiducia, Bright Star di Jane Campion: quanto ci scommettiamo che è infinitamente più bello di An Education?)

Miglior regia
Vincerà: Kathryn Bigelow
Dovrebbe vincere: Kathryn Bigelow
Avrebbe dovuto essere candidato anche: Joel & Ethan Coen (ma anche Micheal Mann, gli europei Haneke ed Audiard, il debuttante Tom Ford, Jane Campion...)

Miglior attore
Vincerà: Jeff Bridges
Dovrebbe vincere: Colin Firth
Avrebbe dovuto essere candidato anche: Tahar Rahim (Un Prophete), Michael Stuhlbarg (A Serious Man), Joaquin Phoenix (Two Lovers)

Miglior attrice
Vincerà: Sandra Bullock
Dovrebbe vincere: Meryl Streep
Avrebbe dovuto essere candidata anche: Michelle Pfeiffer (Chéri) e Saoirse Ronan (Amabili Resti)

Permettetemi qualche considerazione in più sulla mia categoria preferita. Dispiace non aver ancora visto Precious, anche perché, se non fosse l'anno di Sandra Bullock e se Meryl Streep non fosse meritevole di un terzo Oscar dopo 27 anni di nomination a vuoto (27! ogni commento è superfluo), secondo il parere di molti la statuetta finirebbe nelle mani di Gabourey Sidibe. Attenendomi alle performance che ho potuto vedere finora, devo dire che Carey Mulligan è brava ma non eccezionale e che l'interpretazione di HelenCorsivo Mirren nulla aggiunge al suo prestigio. Al loro posto avrei preferito Michelle Pfeiffer e Saoirse Ronan. Nell'attesa di recuperare anche la Charlotte Gainsbourgh di Antichrist e la Tilda Swinton di Julia (e sperando che la 01 distribuisca presto Bright Star con Abbie Cornish), vi dò appuntamento ai Best Confidential Award le cui nomination saranno rese note nelle prossime settimane.

Miglior attore non protagonista:
Vincerà: Christoph Waltz
Dovrebbe vincere: Christoph Waltz
Avrebbe dovuto essere candidato anche: Anthony Mackie (The Hurt Locker)

Miglior attrice non protagonista
Vincerà: Mo'nique
Dovrebbe vincere: Mo'nique
Avrebbe dovuto essere candidata anche: Julianne Moore (A Single Man) e Marion Cotillard (Nine)

Mo'nique di Precious ha già l'Oscar in tasca. E' impossibile che non vinca. Se non ci fosse stato l'exploit del film di Lee Daniels, chi avrebbe avuto maggiori possibilità di vincere in questa categoria? Forse le attrici di Tra le nuvole, Kendrick e Farmiga, o le muse tarantiniane Laurent e Kruger. Ma ritengo che senza Mo'nique in gara, sarebbe stata Julianne Moore a spuntarla e, giunta alla quinta nomination, avrebbe anche portato a casa l'Oscar (come accadrà quest'anno per Jeff Bridges). Per quanto riguarda la Cotillard, i Weinstein hanno azzerato le sue probabilità di candidatura nel momento in cui l'hanno sostenuta come protagonista e non come supporting role.

Miglior sceneggiatura originale
Vincerà: The Hurt Locker
Dovrebbe vincere: Bastardi senza gloria
Avrebbe dovuto essere candidato anche: Il nastro bianco

Miglior sceneggiatura non originale
Vincerà: Tra le nuvole
Dovrebbe vincere: Tra le nuvole
Avrebbe dovuto essere candidato anche: A Single Man

Per il miglior film straniero non saprei proprio chi tifare, se il gelido splendore austriaco o la sanguinosa odissea carceraria francese. Quanto al film d'animazione, mi vergogno di non avere ancora visto Up, ma sono completamente innamorato di Coraline (ed attendo con ansia The Fantastic Mr Fox, in uscita ad aprile).

E i vostri pronostici quali sono?

martedì 2 febbraio 2010

Pioggia di nominations su Avatar e The Hurt Locker


Annunciate dalla soave Anne Hathaway, sono state rese note questa mattina le candidature ai premi Oscar. Tutto come da copione, più o meno. Pioggia di nominations sui favoriti della vigilia, Avatar e The Hurt Locker: entrambi guidano la corsa con 9 candidature a testa. Seguono Bastardi senza gloria con 8 candidature e Precious e Tra le nuvole con 6.

Miglior Film
Avatar / The Hurt Locker / Tra le nuvole / Bastardi senza gloria / Precious / An Education / The Blind Side / Up / District 9 / A Serious Man /

The Blind Side, inatteso campione d'incassi di questa stagione invernale, alla fine ce la fa e, trainato dall'incredibile successo di Sandra Bullock, riesce a strappare la candidatura come miglior film. Una sorpresa prevista, anche se chi l'ha visto sostiene che il film sia appena dignitoso. Peccato che A Single Man sia rimasto fuori. Stessa sorte è toccata ad altri due film indipendenti molto apprezzati dalla critica come Crazy Heart e The Messanger. Snobbate le commedie Una notte da leoni e (500) giorni insieme e, per il secondo anno consecutivo, Clint Eastwood con Invictus. La presenza di A Serious Man, ultimo gioiello dei Coen, nella rosa dei dieci candidati rende felici.

Miglior regia
James Cameron, Avatar / Kathryn Bigelow, The Hurt Locker / Lee Daniels, Precious / Jason Reitman, Tra le nuvole / Quentin Tarantino, Bastardi senza gloria

Nessuna sorpresa nella cinquina per la regia. Kathryn Bigelow, proclamata regista dell'anno dalla Directors Guild of America, potrebbe spuntarla sull'ex marito James Cameron ed entrare nella storia come la prima regista donna a vincere l'Oscar.

Miglior attore
Jeff Bridges, Crazy Heart / George Clooney, Tra le nuvole / Colin Firth, A Single Man / Jeremy Renner, The Hurt Locker / Morgan Freeman, Invictus

Anche in questo caso, cinquina prevista in pieno. L'insuccesso di Nine è costato caro a Daniel Day-Lewis e l'eccessiva cupezza di The Road non ha permesso a Viggo Mortensen di ripetere l'exploit del 2007 con La promessa dell'assassino. Trionfo annunciato per Jeff Bridges.

Miglior attrice
Sandra Bullock, The Blind Side / Carey Mulligan, An Education / Gabourey Sidibe, Precious / Helen Mirren, The Last Station / Meryl Streep, Julie & Julia

Ok. L'unico punto interrogativo era per Helen Mirren: non si è capito se The Last Station sia stato distribuito o no in America, perché pare non l'abbia visto ancora nessuno. Che l'attrice inglese sia stata votata solo sulla base del suo pedigree artistico? Nessun posto per Emily Blunt (The Young Victoria) ed Abbie Cornish (Bright Star). E nessuno nutriva più alcuna speranza che nella cinquina potessero magicamente rientrare Tilda Swinton (Julia), Michelle Pfeiffer (Cheri) o Charlotte Gainsbourgh (Antichrist). Il fatto che Julie & Julia non sia stato nominato come miglior film aumenta le speranze di Sandra Bullock di vincere l'Oscar. Tuttavia la nomination al Razzie Award come peggior attrice dell'anno per All About Steve potrebbe costare caro alla Bullock e riportare i pronostici sulla buona strada, vale a dire in favore di Meryl Streep. Dopotutto, come ha scritto sul suo blog Nathaniel Rogers (thefilmexperience) "per la storia del cinema ha più senso che la Streep vinca il suo terzo Oscar, piuttosto che la Bullock vinca il suo primo".

Miglior attore non protagonista
Matt Damon, Invictus / Woody Harrelson, The Messanger / Christopher Plummer, The Last Station / Christoph Waltz, Bastardi senza gloria / Stanley Tucci, Amabili resti

Christopher Plummer ottiene la sua prima candidatura a 80 anni! E finalmente ce la fa anche l'amabile Stanley Tucci. Nonostante Invictus non sia riuscito ad entrare nelle cinquine per film e regia, Matt Damon conquista la nomination come non protagonista (una candidatura che vale anche per la lodatissima prova in The Informant). Snobbati Christian McKay (Me and Orson Welles), Alfred Molina (An Education) ed Anthony Mackie (The Hurt Locker).

Miglior attrice non protagonista
Penelope Cruz, Nine / Mo'nique, Precious / Anna Kendrick, Tra le nuvole / Vera Farmiga, Tra le nuvole / Maggie Gyllenhaal, Crazy Heart
L'unica cinquina con due (spiacevoli?) sorprese. La Cruz era stata candidata sia ai Golden Globe che ai SAG ma, dato il clamoroso flop del film, i pronostici erano diventati sfavorevoli. Penelope è scintillante in Nine, ma se proprio si voleva dare una candidatura al musical di Marshall, una scelta migliore sarebbe stata Marion Cotillard (che la Weinstein Company ha erroneamente sostenuto come protagonista nella corsa agli Oscar), senza ombra di dubbio più meritevole della Cruz. Quanto a Maggie Gyllenhaal, la candidatura arriva sull'onda del trionfo annunciato di Jeff Bridges per Crazy Heart. Ed è anche vero che questa brava attrice non è mai stata nominata, nemmeno per Secretary. Questo significa che Julianne Moore è stata scandalosamente ignorata, ma la sua Charley di A Single Man resta un piccolo capolavoro. Dita incrociate per il prossimo anno: Juli potrebbe rifarsi con The Kids Are All Right e Boone's Lick. Fuori anche Samantha Morton (The Messanger) e le splendide dark ladies tarantiniane Diane Kruger e Melanie Laurent.

Miglior film d'animazione
Coraline / Up / The Fantastic Mr Fox / La principessa e il ranocchio / The Secret of Kells

I bloggers d'oltreoceano si stanno chiedendo in coro cosa sia The Secret of Kells. Io tifo spudoratamente per Coraline, ma vincerà Up. Dov'è finito il bellissimo Ponyo sulla scogliera?

Miglior sceneggiatura originale
The Hurt Locker / Bastardi senza gloria / The Messanger / A Serious Man / Up

Miglior sceneggiatura non originale
District 9 / An Education / In the Loop / Precious / Tra le nuvole

Miglior film straniero
Ajami (Israele) / The Milk of Sorrow (Perù) / The Secret in Their Eyes (Argentina) / Il nastro bianco (Germania) / A Prophet (Francia)
Devo ancora vedere A Prophet ma il film di Haneke è davvero stupendo.

Miglior scenografia
Avatar / The Imaginarium of Doctor Parnassus / Nine / Sherlock Holmes / The Young Victoria

Miglior fotografia
Avatar / Bastardi senza gloria / Harry Potter e il Principe Mezzosangue / Il nastro bianco / The Hurt Locker

Migliori costumi
Bright Star / Coco Avant Chanel / Nine / The Young Victoria / The Imaginarium of Doctor Parnassus
Unica candidatura per Bright Star di Jane Campion. Non avrebbe di certo sfigurato nemmeno una nomination per Cheri: splendidi i costumi disegnati da Consolata Boyle.

Miglior montaggio
Avatar / The Hurt Locker / Bastardi senza gloria / District 9 / Precious

Miglior trucco
Il divo / Star Trek / The Young Victoria

Miglior colonna sonora originale
Avatar / The Hurt Locker / Up / The Fantastic Mr Fox / Sherlock Holmes
Sherlock Holmes? Mah. E la colonna sonora di Avatar è noiosa e ripetitiva. Decisamente i membri dell'Academy non hanno un buon orecchio: altrimenti avrebbero nominato i magnifici score di Nemico pubblico, A Single Man e Cheri.

Miglior canzone
"Almost there", La principessa e il ranocchio / "Down in New Orleans", La principessa e il ranocchio / "Loin de Paname", Paris 36 / "Take it all", Nine / "The Weary Kind", Crazy Heart

"I see you", il polpettone composto da James Horner nella speranza di ripetere il colpaccio di "My Heart Will Go On" (cui è peraltro molto simile nella linea melodica) non è entrato nella cinquina. Una testimonianza divina? Snobbata "Cinema italiano", ma almeno "Take it all" ce l'ha fatta. Decisamente da vedere a questo punto è il film con Jeff Bridges, Crazy Heart. Chissà quando verrà distribuito in Italia!

Migliori effetti visivi
Avatar / District 9 / Star Trek

Miglior montaggio sonoro
Avatar / The Hurt Locker / Bastardi senza gloria / Up / Star Trek

Miglior missaggio sonoro
Avatar / The Hurt Locker / Bastardi senza gloria / Stra Trek / Transformers 2

Questa la lista delle nominations. Attendo con avida curiosità i vostri commenti.

domenica 24 gennaio 2010

L'autunno della bellezza: Michelle Pfeiffer in Chéri


E' uscito finalmente in dvd il sottovalutato Chéri, ultimo film di Stephen Frears sceneggiato da Christopher Hampton dal romanzo breve di Colette. Sagace e conciso schizzo della Belle Epoque, l'opera di Colette trova nel team de Le Relazioni Pericolose i talenti adatti a trasferire sullo schermo la perfida ironia della scrittrice francese e a suggerire dietro merletti e crinoline una serpeggiante ed incontenibile malinconia.

Nella Parigi dei primi del '900, Lea de Lonval (Michelle Pfeiffer) è una ricca ed ancora bellissima cortigiana d'alto bordo giunta alla fine della sua gloriosa carriera. La vecchia rivale ed ora amica Madame Peloux (Kathy Bates, petulante e infida) le chiede di occuparsi dell'educazione sentimentale e sessuale del figlio Chéri (Rupert Friend, angelico e irridente), fulgido giovane dalla condotta debosciata e senza freni. Le lezioni d'amore sfociano in una relazione che dura sei anni, fino a quando Madame Peloux non pianifica il matrimonio di Chéri con la giovane Edmée. Costretti a separarsi, Lea e Chéri si scoprono innamorati. Ma è troppo tardi per un futuro di autentica felicità.

Chéri è un film-miniatura (poco più di 80 minuti di durata) in cui la trama scorre rapida e stringata, senza alcuna divagazione, come un racconto popolare d'appendice; una miniatura fitta di dettagli ambientali e psicologici, un piccolo, splendido cameo in cui personaggi e azioni sono congelati in una commedia delle maniere imposta dai ruoli, dalle convenzioni sociali e dal Tempo che passa inesorabile; un teatrino dei sentimenti che nega l'amore rincorrendo il piacere e l'effimera felicità del denaro, ma che verrà spazzato via dalla ferocia della prima guerra mondiale (cui la voce fuori campo accenna seccamente nel gelido finale). Frears sceglie il registro leggero della commedia ed impone al materiale narrativo l'andamento brioso, apparentemente frivolo ed effervescente, di un'operetta. Ma sotto la superficie pulsa l'anima del melo' e del valzer autunnale.

A sottolineare le aperture sentimentali al melodramma interviene la colonna sonora di Alexandre Desplat, autentico gioiello che rievoca magistralmente l'atmosfera dell'epoca ed accompagna gli spettatori nel cuore di questi personaggi che si seducono l'un l'altro ma non sanno (come) essere felici e si amano ma non riescono a dirselo. Ma ancor più della musica e delle aperture paesaggistiche (dal palazzo in stile liberty di Lea e dalla serra lussureggiante di Madame Peloux, si passa ad una corsa in auto lungo un viale alberato, o all'ariosa vista sul mare dalla terrazza dell'Hotel a Biarritz) è il montaggio a dare dinamismo alla storia, mentre la finissima regia di Frears con precisi movimenti di macchina svela l'interiorità dei personaggi al di là delle maschere sociali.

Nella scena della seduzione iniziale, Chéri, lascivamente appoggiato alla vetrata del giardino, chiama a sé Lea: la macchina da presa si muove sinuosamente accompagnando il movimento di Lea che, apparentemente in controllo del proprio potere ma già sedotta dal fascino dell'impetuosa giovinezza di Chéri, gli si avvicina e lo bacia. E una lacrima bagna il volto limpido del giovane amante a sigillare un'unione che non sarà solo contrattuale, ma sincera e dolorosa per entrambi.

La macchina da presa insegue, rincorre, inquadra Lea in piena adorazione della sua figura e della sua dignità, ma soprattutto scruta nel privato della sua stanza ed indaga sul suo volto alla ricerca dei momenti in cui il controllo delle emozioni nei duelli verbali cede il passo alla verità interiore: ed ecco che la maschera cade e lo sguardo di Frears coglie per un istante sul volto di Lea il turbamento, la delusione, il dolore, l'abbandono, la malinconia per l'Età che inesorabilmente la separa da Chéri. Sublime la scena in cui annusa una rosa ed un istante dopo i petali si sfaldano fra le sue mani, simbolo di una bellezza che sta svanendo.

Tragica elegia sull'autunno dei sentimenti e della bellezza, Chéri è anche un film su Michelle Pfeiffer, colta in pose da dea dello schermo come solo la Garbo un secolo fa. La Pfeiffer, radiosa, non deve far nulla per essere credibile, tanto perfetta è l'adesione tra attrice e ruolo: lei è Lea de Lonval, Lea è Madame Olenska quindici anni dopo la partenza da New York. Chéri ci ricorda in ogni scena quanto sensibile e delicata sia la recitazione della Pfeiffer, capace di esprimere emozioni senza esibirle, e quanto cieco sia il cinema americano ad essersi (quasi) dimenticato di lei. Crudele ed asciutto come nel finale di Le relazioni pericolose e Rischiose abitudini, Frears chiude il suo vacuo, decadente balletto con un epilogo fulmineo che trafigge come una lama: un impietoso primo piano su Lea/Michelle che registra tutte le imperfezioni del volto e i segni del Tempo. Se fosse l'ultimo film della Pfeiffer sarebbe una splendida uscita di scena. Ma ci auguriamo tutti che non lo sia.
Voto: 8

venerdì 8 gennaio 2010

Duplicity & Ricatto d'amore


Giorni di glamour-immersion. Nel giro di 48 ore ho recuperato Duplicity, la romantic-comedy-spy-story di Tony Gilroy uscita la scorsa primavera con Julia Roberts e il clamoroso successo dell'estate americana Ricatto d'amore (The Proposal) con Sandra Bullock. Entrambe le dive sono fresche di candidatura ai Golden Globes nella categoria best actress comedy, anche se, visti i film, mi chiedo come sia possibile che siano state preferite alla malinconia autunnale di Michelle Pfeiffer in Cherì. Certo, il fascino della Roberts è immutato, così come la simpatia della Bullock, ma il monologo finale della Pfeiffer nel film di Frears è più incisivo dei sorrisi smaglianti di Julia o del finto impaccio di Sandra. Evidentemente la Roberts conta ancora su una schiera infinita di sostenitori e la Bullock è diventata un infernale garanzia di trionfo al box office. Ma l'arte è altrove.

Duplicity (6/6+) è un sofisticato giallo-rosa che non mantiene tutte le premesse ma si lascia guardare con gusto. Costato 60 milioni di dollari, ne ha incassati in America solo 40, ma ha recuperato terreno oltreoceano arrivando alla non esaltante cifra di 78 milioni. Il mix di generi (spionaggio industriale in salsa rosa) non ha quindi convinto: la struttura a scatole cinesi, con il consueto meccanismo dei doppi e tripli giochi, e la costruzione temporale con frequenti andirivieni, se non confondono lo spettatore di certo lo distanziano dal cuore della trama e dei personaggi. Girato con classe indiscussa, il film resta freddo e come congelato nel suo brillante cinismo e nella programmatica sagacia dei suoi dialoghi. Gli interpreti sono quindi la ragione di maggior interesse e Julia Roberts e Clive Owen, già insieme in Closer, sono una coppia che funziona a meraviglia. Nei ruoli di due spie very cool, sexy e sbrigativa lei, stropicciato e irresistibile lui, si amano selvaggiamente e, pur non fidandosi l'uno dell'altro (deformazione professionale del mestiere di spia), diventano soci in un affare che potrebbe fruttare milioni di dollari. Le loro schermaglie da screwball-comedy sono indubbiamente la cosa migliore del film.



Se Duplicity riesce tutto sommato gradevole, la stessa cosa non si può dire di Ricatto d'amore (4), nonostante la bella faccia di Ryan Reynolds e la verve di Sandra Bullock. Saranno pure 184 i milioni incassati in America, ma il film di Ann Fletcher è uno sconfortante accumulo di stereotipi e di situazioni già viste un migliaio di volte quasi sempre con risultati migliori. Fosse solo leggero, il film evaporerebbe senza lasciar traccia, ma si segnala per due scene a dir poco imbarazzanti (lo striptease nel bar e la danza propiziatoria nella foresta) e per una visione della dinamica fra i sessi che definire retriva, fallocentrica e desolante è dir poco. L'inizio cita/copia Il diavolo veste Prada con l'editrice in tailleur stronza-ma-frigida che semina il terrore fra i dipendenti. Al posto delle assistenti Andrea ed Emily, abbiamo il belloccio di turno Ryan Reynolds che subisce ogni capriccio del capo in gonnella, ma accetta i colpi senza fiatare per realizzare i suoi sogni nel cassetto. Così come furbamente accetta di sposarla per evitare che venga rimpatriata in Canada, mettendo su una farsa da finti innamorati che coinvolgerà con prevedibili risultati la "normalissima" famiglia di lui. La progressione narrativa gli darà ampiamente modo di vendicarsi del capo e di dimostrare quanto lui sia un ragazzo meraviglioso. Parallelamente, innumerevoli saranno le situazioni in cui la protagonista sarà messa in ridicolo, fino a rivelare (ma va'?) un animo tutto sommato nobile, ferito e deluso dalla vita. Alla fine, ma guarda un po', si scopriranno innamorati per davvero. Amen.

martedì 15 dicembre 2009

Golden Globes nominations!


Dopo The Boston Film Critics Society (miglior film The Hurt Locker; regia Kathryn Bigelow per The Hurt Locker; attrice Meryl Streep per Julie&Julia; attore Jeremy Renner per The Hurt Locker; attrice non protagonista Mo'Nique per Precious; attore non protagonista Christoph Waltz per Bastardi senza gloria); The Los Angeles Film Critics Association (miglior film e regia The Hurt Locker; attrice Yolande Moreau per Seraphine; attore Jeff Bridges per Crazy Heart; non protagonisti Mo'Nique e Waltz) e The New York Film Critics Association (film e regia The Hurt Locker; attrice Meryl Streep; attore George Clooney per Up in the Air; non protagonisti Mo'Nique e Waltz), oggi sono state finalmente annunciate le candidature per i Golden Globes, i premi della stampa estera ad Hollywood, da sempre considerati anticamera degli Oscar.


Miglior film drammatico
Avatar / The Hurt Locker / Bastardi senza gloria / Precious / Up in the Air

Miglior commedia/musical
(500) giorni insieme / The Hangover / Nine / It's Complicated / Julie & Julia

Miglior regia
Kathryn Bigelow (The Hurt Locker) / James Cameron (Avatar) / Clint Eastwood (Invictus) / Jason Reitman (Up in the Air) / Quentin Tarantino (Bastardi senza gloria)

Probabilmente saranno questi i nomi dei registi candidati all'Oscar. Lee Daniels, regista di Precious, qui escluso, potrebbe spuntarla alla fine su Eastwood o, più probabilmente, su Tarantino. Ma la gara è tutta tra Bigelow e Cameron, ex-marito e moglie l'un contro l'altro armati!
Snobbati sia come miglior film che come miglior regia An Education e soprattutto Bright Star di Jane Campion.

Miglior attrice in un film drammatico
Emily Blunt (The Young Victoria) / Sandra Bullock (The Blind Side) / Helen Mirren (The Last Station) / Carey Mulligan (An Education) / Gabourey Sidibe (Precious)

Miglior attrice in una commedia/musical
Sandra Bullock (Ricatto d'amore) / Marion Cotillard (Nine) / Julia Roberts (Duplicity) / Meryl Streep (Julie & Julia) / Meryl Streep (It's Complicated)

Incredibile riconoscimento (ma era tragicamente nell'aria) per Sandra Bullock in entrambe le categorie. Non stupisce anche la doppia nomination come attrice comica per Meryl Streep (arrivata a quota 25 candidature!): probabilmente è arrivato l'anno in cui Meryl riuscirà a mettere la mani sul terzo meritatissimo Oscar. Inattesa la candidatura per Julia Roberts, ma i GG la adorano (l'avevano candidata anche due anni fa per il supporting turn di Charlie Wilson War) ed è sempre una grande star (mille volte meglio lei della Bullock). Possibile che non c'era posto per la favolosa Michelle Pfeiffer di Chéri? La sua stella è ormai definitivamente in declino? Immensa tristezza. Quanto alla lista delle attrici drammatiche, Emily Blunt ottiene a sorpresa la candidatura al posto di Abbie Cornish, apprezzata protagonista di Bright Star e, come previsto, Tilda Swinton è stata completamente ignorata per il film Julia.

Miglior attore in un film drammatico
Jeff Bridges (Crazy Heart) / George Clooney (Up in the Air) / Colin Firth (A Single Man) / Morgan Freeman (Invictus) / Tobey McGuire (Brothers)

La vera sorpresa è Tobey McGuire per il dramma di Jim Sheridan (recensioni freddine): i GG lo hanno preferito ai più quotati Jeremy Renner per Hurt Locker e Viggo Mortensen per The Road. Credo che gli Oscar voteranno per Renner, visto lo straordinario supporto che il film della Bigelow sta ricevendo dalle associazioni dei critici.

Miglior attore in una commedia/ musical
Matt Damon (The Informant) / Daniel Day-Lewis (Nine) / Robert Downey Jr (Sherlock Holmes) / Joseph Gordon-Levitt (500 giorni insieme) / Michael Stuhlbarg (A Serious Man)

Credo che nessuno di questi attori a parte Matt Damon abbia chance effettive di una candidatura agli Oscar (nemmeno Daniel Day-Lewis, data l'accoglienza non entusiatica che la critica sta riservando a Nine), ma fa immensamente piacere vedere candidato Michael Stuhlbarg, eccellente interprete del film dei fratelli Coen.

Miglior attrice non protagonista
Penelope Cruz (Nine) / Vera Farmiga (Up in the Air) / Anna Kendrick (Up in the Air) / Mo'Nique (Precious) / Julianne Moore (A Single Man)

Lasciatemi gioire per Julianne Moore. Probabile cinquina degli Oscar, ma credo che alla fine Marion Cotillard sarà candidata come non protagonista al posto della Cruz. Saldissima Mo'Nique, che sta vincendo tutti i premi della critica, ed in ascesa le ragazze di Up in the Air. Ignorata Samantha Morton per The Messanger.

Miglior attore non protagonista
Matt Damon (Invictus) / Christoph Waltz (Bastardi senza gloria) / Woody Harrelson (The Messanger) / Christopher Plummer (The Last Station) / Stanley Tucci (The Lovely Bones)

Doppia nomination anche per Matt Damon: difficile immaginare che gli Oscar si dimentichino di entrambe le sue performance. In questa categoria i GG lo hanno preferito al celebratissimo Alfred Molina di An Education, film che peraltro ha raccolto solo un'altra candidatura per la migliore attrice.

Miglior film straniero
Baaria / Gli abbracci spezzati / Il nastro bianco / A Prophet / The Maid

Giuseppe Tornatore ce la fa, ma anche Matteo Garrone per Gomorra era stato riconosciuto dalla stampa estera americana e poi escluso dalla cinquina degli Oscar. Impossibile però che Baaria sia preferito al film di Haneke o a The Prophet di Audiard.

Miglior film d'animazione
Cloudy with a Chance of Meatballs / Coraline / The Fantastic Mr Fox / Up / La principessa e il ranocchio

Grande cinquina. Coraline è un capolavoro e si parla un gran bene di The Fantastic Mr Fox di Wes Anderson. Up è stato un successo mondiale e il nuovo Disney promette bene.

Nominata anche la magnifica colonna sonora del film A Single Man: se esce sul mercato italiano prima delle feste, sarà il mio regalo di Natale. Per me stesso.

domenica 13 dicembre 2009

I miei Oscar: 1993

Film dell'anno L'età dell'innocenza di Martin Scorsese



2° posto Lezioni di piano di Jane Campion


Il 1993 è l'anno del film che più di ogni altro ha sconvolto il mio mondo adolescente e posto le radici del mio amore per il melodramma, rimanendo da solo al vertice della mia classifica per quasi un decennio. Si tratta de L'età dell'innocenza di Martin Scorsese, raffinatissima e crudele storia d'amore tratta dal romanzo di Edith Wharton, un film talmente perfetto in ogni suo elemento (forma e contenuto, visione e narrazione, attori e colonna sonora di Elmer Bernstein, malinconica e struggente) da toccare le vette del sublime cinematografico (il tramonto infuocato sul molo, il bacio in carrozza, il finale a Parigi, solo per citare alcuni momenti memorabili). Ma il 1993 fu un anno ricco di gemme rare: la tempestosa fantasia femminile di Lezioni di piano, diretto da Jane Campion e saldamente al secondo posto tra i film dell'anno (magnifica la partitura di Michael Nyman, diventata un classico); l'epica nazista di Schindler's List di Steven Spielberg, trionfatore agli Oscar; l'opera in assoluto più bella di James Ivory, Quel che resta del giorno, l'emozionante Nel nome del padre di Jim Sheridan e l'importante Philadelphia di Jonathan Demme, prima ricognizione hollywoodiana sul dramma dell'aids. E come dimenticare Nightmare Before Christmas di Henry Selick e Tim Burton autentico cult movie in stop-motion?


Tra le attrici l'Oscar non poteva non andare alla meravigliosa Holly Hunter di Lezioni di piano: la sua Ada, fiera, ostinata, scontrosa e fragile al tempo stesso, è una delle performance del decennio e il modo in cui la Hunter si esprime solo attraverso lo sguardo, il linguaggio del corpo e la musica del pianoforte è stupefacente. Scandaloso, tuttavia ,che le altre due grandi interpretazioni dell'anno siano state ignorate dagli Oscar: Juliette Binoche in Film Blu e la divina Michelle Pfeiffer de L'età dell'innocenza. Nel difficile ruolo di Madame Olenska la Pfeiffer va ancora più a fondo nella sua ricerca (dimostrando ancora una volta la sua incredibile versatilità), emergendo con una prova di grande naturalezza ed (apparente) semplicità, trattenuta, sfumata, intensa e contemporaneamente sfolgorante (nelle pose e nelle stupende inquadrature che Scorsese le regala). Ancora una volta troppo (bella, brava ed autentica) per essere riconosciuta.


Le altre candidate erano la bravissima Emma Thompson (sebbene Quel che resta del giorno sia dominato soprattutto da un monumentale Anthony Hopkins) e Stockard Channing nella sorprendente commedia drammatica Sei gradi di separazione. Sopravvalutate invece Angela Bassett nella biografia di Tina Turner What's love got to do with it? e Debra Winger nel dramma Shadowland. La Winger era anche l'acclamata interprete di Una donna pericolosa e, con due titoli in competizione, era inevitabile che ottenesse una nomination.


Tra le non protagoniste, l'ambigua e sotterranea Winona Ryder de L'età dell'innocenza si vide sottrarre il premio dalla giovanissima Anna Paquin di Lezioni di piano. Notevoli le altre candidate: Holly Hunter ed Emma Thmpson fecero il bis e vennero nominate anche come supporting character rispettivamente per Il socio e Nel nome del padre. Ma la May Welland di Winona Ryder, con il suo "doppio" candore e la sua apparente ingenuità, è un personaggio difficile da dimenticare.

Eccezionali gli interpreti maschili. Tom Hanks vinse per Philadelphia nel ruolo dell'avvocato gay Andrew Beckett ammalato di aids. Tuttavia il 1993 era l'anno di Daniel Day-Lewis con le prove magnifiche (quanto di più opposto e lontano si possa chiedere ad uno stesso attore) de L'età dell'innocenza e Nel nome del padre (per cui fu candidato).

Se nel 1989 avesse vinto Jeremy Irons per Inseparabili (come avrebbe dovuto essere, e non Day-Lewis per Il mio piede sinistro), l'Oscar 1993 avrebbe dovuto essere suo. Grandi anche Hopkins nel film di Ivory e Liam Neeson in Schindler's List. Al posto di Lawrence Fishbourne (What's love got to do with it?), avrei candidato senza dubbio l'emozionante Al Pacino di Carlito's Way. Ignorati Harrison Ford per Il fuggitivo, Robin Williams per Mrs Doubtfire e Denzel Washington per Philadelphia.

Carlito's way, memorabile mix di thriller, romance, noir e ganster's movie tra le vette del cinema di Brian de Palma, avrebbe meritato anche la candidatura tra i non protagonisti per Sean Penn. Il vincitore della categoria fu Tommy Lee Jones per Il fuggitivo, ma ugualmente straordinari erano anche il giovanissimo Leonardo di Caprio per Buon compleanno Mr Grape e l'allora poco conosciuto Ralph Fiennes, gelido ufficiale nazista in Schindler's List. Gli altri candidati erano il grande John Malkovich (Nel centro del mirino) e Pete Postlethwaite (Nel nome del padre).

lunedì 7 dicembre 2009

Meaw!


"Voi la fate tanto facile, non è vero?
Aspettate sempre che spunti qualche Batman a salvarvi.
Io sono Catwoman. Ascolta il mio ruggito."

Catwoman/Selina Kyle (Michelle Pfeiffer) in Batman Returns
di Tim Burton

giovedì 3 dicembre 2009

I miei Oscar: 1992


Film dell'anno Bram Stoker's Dracula di Francis Ford Coppola



2 posto La moglie del soldato (The Crying Game) di Neil Jordan


Anno di grandi ritorni e gradite conferme. Robert Altman, immenso regista della nuova Hollywood riemerge dalle nebbie degli anni '80 con un affresco al vetriolo della Mecca del cinema, I protagonisti, e si scalda per il capolavoro successivo, Short Cuts-America oggi. Un altro grande vecchio, Clint Eastwood, fa incetta di Oscar con Gli spietati (miglior film, regia, attore non protagonista), riporta il western ai vertici del box office ed avvia quella straordinaria carrellata di grandi film con cui continua a stupire e commuovere le platee di tutto il mondo. James Ivory si conferma un maestro del cinema letterario con Casa Howard, una delle sue trasposizioni più belle, e Tim Burton dà nuovamente prova della propria autorialità spingendo il pedale sul tema del doppio, della schizofrenia e della diversità nel maledetto Batman Returns. Ma i due film dell’anno sono il fiammeggiante Bram Stoker’s Dracula di Francis Ford Coppola, melodramma horror esteticamente sublime che riconcilia con la magia del grande cinema attraverso il ricorso a tecniche di creazione artigianale degli effetti speciali, e il noir di Neil Jordan La moglie del soldato (The Crying Game il bellissimo titolo originale), un sorprendente, ardito ed ispiratissimo mix di thriller, melo’, poliziesco e commedia interpretato da un gruppo di attori in stato di grazia.


Il premio Oscar come migliore attrice andò alla poco conosciuta Emma Thompson, all’epoca moglie di Kenneth Branagh ed interprete di film come L’altro delitto ed Henry V. Bravissima in Casa Howard nel ruolo della borghese Margaret Schleghel: fascino atipico, sguardo acuto ed intelligente, fisicità nervosa, grande intensità. Per qualche anno la Thompson fu indubbiamente l’attrice inglese preferita dall’Academy. Le altre candidate erano Catherine Deneuve per Indocina, Mary McDonnell per Passion Fish, Michelle Pfeiffer per Love Field e Susan Sarandon per L’olio di Lorenzo. Entrambe alla terza candidatura, la Pfeiffer e la Sarandon erano ai vertici della loro carriera ma videro sfumare ancora una volta le possibilità di vittoria (la Sarandon avrà comunque modo di rifarsi qualche anno dopo, Michelle chissà … ).


Nel docu-drama L’olio di Lorenzo la Sarandon abbandona i panni avventurosi e sexy dei film precedenti e si immerge nel ruolo dimesso di Micaela Odone, madre coraggio che non si arrende alla diagnosi dei medici ed insieme al marito scopre un farmaco naturale alternativo per curare la terribile malattia del figlio, l’adrenoleucodistrofia. Ispirato alla storia vera dei coniugi Odone, il film di George Miller fu un autentico caso: in coppia con Nick Nolte la Sarandon è così intensa, fiera, ossessiva e totalizzante nell’amore per il figlio che supera ogni cliché e conferisce al personaggio un’imponente statura tragica. In assoluto una delle sue migliori interpretazioni.

Ma il 1992 fu indubbiamente l’anno di Michelle Pfeiffer. Due sconosciuti un destino (Love Field) fu un fallimento in termini economici, ma la Pfeiffer era perfetta nel ruolo di Lurene Hallett, casalinga disperata nell’America ferita dall’assassinio di Kennedy.


Tuttavia l’Academy avrebbe dovuto avere il coraggio di candidarla per la fenomenale Catwoman di Batman Returns: uno star turn micidiale in cui la diva shakera al massimo tutti gli ingredienti del suo carisma unico: magnetismo, autoironia, sex appeal, inventiva, una presenza che buca lo schermo, una padronanza espressiva unita ad un gusto per la stilizzazione formidabili. Selina Kyle/Catwoman è una ninfomane dissociata e schizofrenica e la Pfeiffer stratifica il personaggio in modo geniale, infondendo disperazione e rabbia autentica allo splendore simbolico del cartoon. Il risultato è una performance complessa che trasuda elettricità, animalità e brivido in ogni passaggio. La scena della trasformazione è un capolavoro gotico assoluto. E nei combattimenti sui gelidi tetti di Gotham City la Pfeiffer è una meraviglia da guardare. L’Oscar sarebbe stato troppo poco. Un’interpretazione che è già leggenda. Icona. Mito.


Tra le altre attrici snobbate dalle nominations ricordiamo almeno la meravigliosa Tilda Swinton di Orlando, Whoopie Goldberg per Sister Act, Geena Davis per Ragazze vincenti e soprattutto l’efficace e notevole Sharon Stone di Basic Instinct, catapultata dall’anonimato al ruolo di diva assoluta e nuovo, chiacchieratissimo sex symbol del decennio. Lo scandalo ed il rumore sollevato del film non permise di valutare pienamente la grande prova della Stone in quello che, assieme alla Ginger di Casino, resta il suo ruolo migliore, Catherine Tramell.


La sconosciuta e bravissima Marisa Tomei si portò a casa l’Oscar come non protagonista per la commedia Mio cugino Vincenzo, battendo contro ogni pronostico Judy Davis (Mariti e mogli), Joan Plowright (Un incantevole aprile), la potente Miranda Richardson (Il danno) e perfino un mostro sacro come Vanessa Redgrave (Casa Howard). Personalmente avrei preferito veder vincere la Tomei in anni più recenti per prove più mature e complesse (In the Bedroom o The Wrestler) e avrei dato senza dubbio la statuetta alla Richardson (impressionante anche come perfida dark lady ne La moglie del soldato).


Per quanto riguarda gli uomini, l’Oscar ad Al Pacino per Scent of a woman valeva più come premio alla carriera che per l’interpretazione istrionica nel film di Martin Brest. Ma l’attore italoamericano avrebbe prima o poi dovuto vincere ed era anche candidato fra i non protagonisti per Americani. Gli altri candidati Clint Eastwood (Gli spietati), Robert Downey Jr (Chaplin), Denzel Washington (Malcom X) e Stephen Rea (La moglie del soldato) dovettero passare la mano. Ma la cinquina per il miglior attore avrebbe facilmente potuto essere costituita da altri nomi, tanti furono gli snobbati eccellenti: Tom Cruise (Codice d’onore), Jack Nicholson (Hoffa), Tim Robbins nominato ai Golden Globes sia per I protagonisti che per Bob Roberts e ignorato dall’Academy, il selvaggio e bellissimo Daniel Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani. Ma il mio cuore nel 1992 batteva solo per Gary Oldman, romantico, tragico e spaventevole principe Vlad nel Bram Stoker’s Dracula.


Tra gli attori non protagonisti il vecchio leone Gene Hackman (Gli spietati) tornò a vincere a venti anni di distanza dall’Oscar come protagonista per Il braccio violento della legge e si impose su Jack Nicholson (Codice d’onore), Al Pacino (Americani), David Paymer (Mr Saturday Night) e l’incredibile Jaye Davidson de La moglie del soldato.



Nel ruolo di Dil, il cuore nero del film di Jordan, Davidson non ha bisogno di recitare: gli basta quel volto e quel corpo carico di mistero per aprire una voragine in cui sprofondare. Ancora una volta troppo perfetto per vincere un Oscar.

mercoledì 25 novembre 2009

I miei Oscar: 1991

Film dell'anno Il Silenzio degli Innocenti di Jonathan Demme


2° posto Thelma & Louise di Ridley Scott


Il mio viscerale e sconsiderato amore per il cinema e per le attrici affonda definitivamente le sue radici nel 1991. In un solo anno Thelma & Louise e Clarice Starling de Il silenzio degli innocenti ridefiniscono il concetto di eroismo declinando al femminile il road movie e il thriller metafisico, percorrendo le strade d'America alla ricerca di un riscatto impossibile o guardando l'abisso del male dritto negli occhi. L'impatto che questi due film hanno avuto con gli anni sul mio immaginario e sulla costruzione della mia identità giovanile è enorme. Jodie Foster e Susan Sarandon entrano nei miei sogni di fuga e ribellione, rivincita sul passato e necessaria lotta contro i propri demoni. E soprattutto danno anima e corpo a due ruoli memorabili: da una parte la disperata ironia e la forza di Louise Sawyer in quel viaggio senza speranza sulla mitica thunderbird verde, dall'altra lo sguardo impavido e tremante di Clarice di fronte al male assoluto. Entrambe potenti ed impressionanti.


L'Oscar andò a Jodie Foster, nonostante lo avesse vinto appena due anni prima per Sotto accusa, probabilmente perché l'Academy non volle dividere Susan Sarandon e Geena Davis, bravissima nel ruolo della svagata, immatura ed adorabile Thelma. Ma entrambe le interpretazioni della Foster e della Sarandon sono incommensurabili: nessuna scena madre, nessuna concessione al facile effetto, sfumature sotterranee a profusione e grinta da vendere in ogni scena, carisma e introspezione siderali. Corpi veri e sanguinanti sulla superficie dello schermo. Avrei assegnato l'Oscar ad entrambe (senza nulla togliere alla formidabile Geena Davis capace di rendere alla perfezione l'evoluzione del personaggio, ma il ruolo è meno stratificato, e di conseguenza meno deflagrante nell'impatto generale). Susan Sarandon proveniva dalle magnifiche prove di Bull Durham e White Palace (Calda Emozione), per le quali non aveva ricevuto importanti riconoscimenti (solo le candidature ai Golden Globes): con Thelma & Louise, strappa finalmente la sua seconda nomination agli Oscar (la prima risale al 1981 per Atlantic City), diventa star di assoluta grandezza a 45 anni suonati e l'attrice drammatica più quotata d'inizio decennio.


Le altre attrici candidate erano Laura Dern per Rosa Scompiglio e i suoi amanti e Bette Midler per la commedia musicale For the Boys. Ignorate l'iper-glamour Annette Bening di Bugsy, la Kathy Bates post-Misery di Pomodori verdi fritti, la strepitosa Anjelica Huston de La famiglia Addams e soprattutto l'altro grande star-turn dell'anno, la splendida Michelle Pfeiffer di Frankie & Johnny-Paura d'amare (per un'analisi della performance della Pfeiffer nel film di Marshall vedi post precedente).

Fra le attrici non protagoniste Mercedes Ruehl per La leggenda del Re Pescatore trionfò su Diane Ladd (Rosa Scompiglio), Kate Nelligan (Il principe delle maree), Jessica Tandy (Pomodori verdi fritti) e sulla giovanissima e sconvolgente Juliette Lewis di Cape Fear, il thriller ad altissimo voltaggio di Martin Scorsese. La scena della seduzione tra lei e Max Cady (Robert de Niro) nel teatro della scuola è un trionfo di perversione assolutamente paralizzante. La Lewis meritava la statuetta.

I candidati come miglior attore erano Warren Beatty (Bugsy), Nick Nolte (Il principe delle maree), Robin Williams (La leggenda del Re Pescatore), Robert de Niro (Cape Fear) e sir Anthony Hopkins (Il silenzio degli innocenti). Forse solo De Niro avrebbe potuto insidiare la vittoria di Hopkins: ma la geniale, epocale ed ontologica interpretazione di Hannibal Lecter non poteva avere rivali. Raramente gli Oscar centrano in pieno il migliore dell'anno. In questo caso, forse, del decennio.


Il trionfo del film di Demme fu superiore ad ogni aspettativa, non solo in termini di incassi, ma anche di riconoscimento da parte dell'Academy. Per la prima volta un thriller vinceva i cinque Oscar maggiori: film, regia, sceneggiatura ed interpreti principali. E non stiamo parlando di un thriller qualsiasi, ma di un'opera controversa, coraggiosa, lucida e devastante, lontana anni luce dalla classiche pellicole da Oscar. Un film alternativo e maledetto, sporco e crudele, sceneggiato alla perfezione e diretto con mano ispiratissima da un Jonathan Demme capace di creare incubi veri con una forza espressiva straordinaria. Bugsy, JFK e Il principe delle maree al confronto sembrano film per neonati. Thelma & Louise di Ridley Scott avrebbe invece meritato maggiore considerazione, a parte l'Oscar per la sceneggiatura originale e le candidature per regista e le due eccezionali attrici.


Harvey Keitel avrebbe infatti dovuto vincere fra i non protagonisti proprio per il film di Scott, invece era candidato per Bugsy insieme a Ben Kingsley (Bugsy), Tommy Lee Jones (JFK), Micheal Lerner (Barton Fink) e Jack Palance, cui andò l'Oscar per Scappo dalla città.

Tutto sommato, un'annata straordinaria. Cosa ne pensate?