domenica 1 novembre 2009

Lacrime Viennesi su Halloween (II)


Preso nel vortice della colpa e dell’ossessione d’amore di Leslie, avverto il bisogno di stemperare il nero fiammeggiante di Ombre Malesi con la morbidezza e l’umidità, in realtà non meno spietate, di un melo’ in cui la protagonista è sì folle paladina dell’amore assoluto, ma nella sua variante pura e innocente.

Ho sempre amato Lettera da una sconosciuta, capolavoro immortale di Max Ophuls del 1948, per l’atmosfera onirica di una Vienna sospesa interamente ricostruita in studio e percorsa da ombre barocche, per la magica regia fatta di sinuosi carrelli che scivolano sulle scene danzando con lo spettatore e accarezzando corpi e volti, per il senso di estatica bellezza che si respira dall’inizio alla fine. Ophuls è un esteta sopraffino ma le sue sinfonie visive raramente sono state così dense e grondanti sangue: qui compone un malinconico canto funebre, uno struggente inno all’amore impossibile, l’amore non ricambiato che ti porti dentro per sempre e che ti porta alla morte.


“Quando leggerai questa lettera io forse sarò già morta”. Nel ruolo della giovane Lisa, Joan Fontaine è miracolosa, totale e devastante, dolente angelo perduto che insegue fino alla fine un folle sogno d’amore. Lisa è una giovane ragazza che si innamora del bellissimo pianista Stefan Brand (Louis Jourdan) semplicemente sentendolo suonare. Poi un giorno incrocia il suo sguardo e da allora decide di vivere questo amore in silenzio, con una devozione assoluta, nell’attesa e nella speranza che Stefan prima o poi si accorga di lei e possa amarla. Anche solo una volta.


Nella scena in cui lui finalmente la nota ai margini della strada e le si avvicina, il nostro cuore palpita con quello di Lisa e l’emozione potrebbe sciogliere tutta la neve di Vienna. Il sogno d’amore sembra avverarsi e coincide col sogno del cinema nella magnifica scena al Prater. Lui la conduce a casa sua, su per quelle scale, in quell’appartamento dove tante altre donne sono già entrate ma finalmente è il turno di Lisa, è il suo momento di essere felice. Ma la felicità dura un istante. Lui diventa sfuggente, deve allontanarsi da Vienna per lavoro ma quel treno lo allontana da lei per sempre. Nasce un figlio e lei sceglie di crescerlo da sola trovando nel bambino ogni conforto alle sue sofferenze. Stefan ritorna dopo anni, corrotto e distrutto dal vizio, non la riconosce ma riesce comunque a spezzarle di nuovo il cuore. E quando il figlio contrae il tifo non c’è più nessun amore reale che può eguagliare l’amore sognato. Nessun ombra di vita che valga la pena di essere vissuta.

Di fronte alla lettera di Lisa e al suo certificato di morte, Stefan finalmente si ricorda di lei e ripercorre i momenti trascorsi insieme. Riconquista quel senso di onore che credeva smarrito e va incontro ad un duello e, forse, alla morte. E mentre si avvicina alla carrozza gli sovviene la prima immagine di Lisa e gli sembra di vederla: è lì davanti ai suoi occhi, il fantasma di una giovane e timida fanciulla che gli apre il portone e gli sorride dietro il vetro, con quegli occhi adoranti e quell’aria sognante. Pura poesia.

Nessun commento:

Posta un commento