mercoledì 3 marzo 2010

Invincibile Clint


Piccolo, grande film l'ultimo di Clint Eastwood. Apprezzato (ma non troppo) in America (solo due nominations agli Oscar, per l'eccellente Morgan Freeman e un puntualissimo Matt Damon), osannato in Europa e in Italia, dove sta andando anche piuttosto bene al botteghino, Invictus scorre solenne e gonfio di commozione dall'inizio alla fine. Attraverso la travolgente vittoria del Sudafrica ai mondiali di rugby del 1995, Eastwood racconta la volontà di rinascita di tutta una nazione, grazie agli insegnamenti, alla forza inossidabile e all'ispirazione di un uomo, Nelson Mandela, dalle vedute immense.

"Sono io il padrone del mio destino, il capitano della mia anima": con queste parole tratte dalla poesia Invictus di Henley, Mandela incita ed infonde coraggio a Francois Pieenar, capitano degli Springbocks. Francois guiderà la sua squadra verso una vittoria incredibile che, almeno per un giorno, porrà le basi per un nuovo Sudafrica. Un domani fatto di perdono ed accoglienza del prossimo, a prescindere dal colore della pelle, nel nome di un unico popolo. Eastwood coglie tutta la grazia, la lungimiranza e la grandezza di un uomo che aveva visto nello sport l'occasione giusta, in quel momento storico, per unire il paese al di là degli odi e delle divisioni razziali.

Semplicità ed umanità. Questa la sostanza del film, ma sono anche le parole chiave che ne definiscono lo stile, classico ma mai tronfio, percorso da una tensione felice che sfocia nella lunghissima, travolgente sequenza finale della partita. Eastwood asciuga qualsiasi conflitto eppure la narrazione tiene lo spettatore scorrendo come un fiume di gioia inarrestabile. L'unica ingenuità è ravvisabile nell'inserimento di un paio di sequenze sulla paura di un attentato ai danni del presidente: una sottotraccia narrativa che vorrebbe costituire un motivo di tensione in più ma di cui non c'era affatto bisogno. Questo non è un thriller, non è Gran Torino: Invictus è quasi un reportage, un resoconto, un documento, un omaggio alle infinite possibilità dell'uomo. Mystic River, Million Dollar Baby, Lettere da Iwo Jima e Gran Torino (per citare i titoli più belli della sua recente filmografia), erano narrativamente più complessi e stratificati. Ma anche dolorosi, cupi e profondamente pessimistici. Al contrario Invictus è semplice, limpido e commovente come un bellissimo giorno di sole.

Voto: 8

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