giovedì 25 marzo 2010

The Best of Nicole Kidman


Da morire (To Die For, 1995): ritratto al vetriolo della provincia americana e delle deformazioni indotte dalla fruizione incontrollata del mezzo televisivo. Nel ruolo di Suzanne Stone, arrivista senza scrupoli disposta a tutto pur di diventare famosa, la Kidman esplode rivelando uno smagliante talento comico e un'eccellente padronanza nel gestire le trasformazioni del personaggio: barbie finto-ingenua, squallida dark lady di provincia, squalo assetato dei quindici minuti di notorietà di warholiana memoria. Performance strabiliante e multistratificata. La Kidman ha tutto: stile, tempi e carisma. Gustosa ed agghiacciante la citazione da Viale del tramonto.


Ritratto di signora (Portrait of a Lady, 1996): splendido incontro di sensibilità artistiche, Henry James, Jane Campion e Nicole Kidman, per uno degli adattamenti letterari più belli degli ultimi vent'anni. L'attrice si spoglia dell'allure hollywoodiana e diventa Isabel Archer, signora dell'ottocento in lotta tra desiderio d'amore (masochistico) ed aspirazione alla libertà. Musica sublime di Wojciek Kilar (lo stesso del Dracula di Coppola, per intenderci). Nessuna scena madre, intensità alle stelle, finale meraviglioso. Per il secondo anno consecutivo è snobbata dalle candidature agli Oscar.


Eyes Wide Shut (1999): dopo il successo in teatro a Londra con The Blue Room diretta da Sam Mendes, è il film della svolta. Nel girotondo imperfetto ma ipnotico e vagamente psicanalitico orchestrato da Kubrick partendo dal Doppio Sogno di Schnitzler la Kidman perfora lo schermo con una performance di erotica, misteriosa complessità. Il monologo in cui confessa al marito il suo sogno di infedeltà vale da solo tutto il film. La profondità visiva di Kubrick e la sua New York notturna e labirintica sono abbaglianti ma è lo sguardo della Kidman che trafigge e resta impresso nella memoria.


The Others (2001): ispirata rivisitazione dell'horror gotico con un turning point alla Sesto Senso. Ma il film di riferimento di Amenabar è Suspence (The Innocents) di Jack Clayton, capolavoro assoluto del 1961. Una casa circondata dalla nebbia, due bambini pallidi e malati, una donna sola ed impressionabile, strane presenze. Cult movie. La Kidman va a scuola di stile da Grace Kelly e Deborah Kerr e sforna la sua performance drammatica per eccellenza. Mirabile.


Moulin Rouge (2001): è il suo anno. Dopo il gotico spagnolo arriva il musical forsennato di Luhrmann e la consacrazione a star del momento. Nel ruolo di Satine la Kidman canta, balla e recita in assoluto stato di grazia, passando con magistrale disinvoltura dal travolgente vaudeville della prima parte al fiammeggiante melo' della seconda. L'obiettivo di Luhrmann la venera come una dea. E forse lo è. I capelli rosso fuoco omaggiano Rita Hayworth in Gilda e la Kidman si conquista un posto al suo fianco fra le grandi seduttrici del cinema. Prima nomination, ma l'Oscar
va ad Halle Berry.


The Hours (2002): l'Oscar riparatorio arriva per il bel film di Stephen Daldry anche se la sua interpretazione è la meno sorprendente e suggestiva delle tre (a parte il trucco ed il consumato trasformismo). La Kidman traduce il genio oscuro della Woolf nel fremito dello sguardo e nella tensione febbrile della mano che percorre il foglio bianco e dà corpo alle visioni. Ammirevole l'asciuttezza drammatica. Ed elettrizzante la scena alla stazione, in cui sembra davvero completamente dentro la parte.


Cold Mountain (2003): classico melo' western di pregevole fattura. Per la prima volta la Kidman sfiora la maniera: l'attrice è troppo avanti con gli anni per essere davvero credibile come oggetto d'amore del giovane disertore Inman e più che il personaggio Ada Monroe vediamo la diva Kidman avvolta da un'aura da star d'altri tempi. Mistcasting a parte, è sempre bellissima ed intensa. Molto bello il momento visionario del presagio funesto in fondo al pozzo e l'incontro dei due amanti nella neve. Ed originale la riflessione sulla natura irreale del desiderio e dell'amore suggerita dal film.


Dogville (2003): la Kidman mette la sua bellezza salvifica nelle mani del folle Von Trier per un impietoso e metaforico pamphlet contro l'America travestito da raffinato studio sul rapporto tra cinema e teatro. Grace è un'altra creatura femminile debole, vessata e sfruttata dalla crudeltà e dall'egoismo degli altri, ma questa volta reagisce in un finale terrificante che capovolge la prospettiva. Prova sublime della Kidman: tecnica eccellente, precisione millimetrica nella gradazione emotiva, cuore pulsante.


Birth (2004): affascinante e kubrickiano studio d'ambienti immerso in atmosfere da horror psicologico. Kidman senza paura in una delle sue performance più complesse e rischiose ama il piccolo Cameron Bright, forse la reincarnazione del suo defunto marito. Estenuante primo piano sul volto dell'attrice impossibile da dimenticare. Sospeso, torbido e disturbante.


Il matrimonio di mia sorella (Margot at the wedding, 2007): commedia velenosa su una famiglia che più disfunzionale non potrebbe essere. Scrittrice antipatica e dalla vita affettiva disastrosa, Margot porta la tempesta in casa della sorella Pauline prossima alle nozze. Autentiche Kidman e Jennifer Jason Leigh ma è il ritratto appuntito e sfaccettato di Margot che catalizza il film e conquista gli spettatori pur nella sgradevolezza e nella crudeltà del personaggio.

In attesa di Rabbit Hole e The Danish Girl quali sono secondo voi i ruoli più belli e le migliori performance di Nicole Kidman?

2 commenti:

  1. Grandissima Nicole. L'ho letteralmente adorata in "Ritratto di signora", un film che mi ha profondamente segnata. Ed è di una bellezza e di una bravura semplicemente sovrumane in "Moulin Rouge".

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  2. Hai già elencato tutte le sue prove più belle, più intense e sentite... Quella a cui sono più affezionato è sicuramente la Satine del Moulin Rouge, e attendo con ansia una uscita in dvd di To die for...

    Amata anche in Fur e nell'ultimo Australia, che meraviglia! E come scordare la bellezza di questo teaser trailer?

    http://www.youtube.com/watch?v=Kbs69voK8zg

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