mercoledì 10 febbraio 2010

Il Quarto Mondo delle Creature del cielo


Venerdì 12 esce finalmente Amabili resti. La mia recensione è già nell'elenco degli screenings 2009-2010. Con Amabili resti Peter Jackson torna a percorrere un territorio a lui familiare e molto affine: la storia di un atroce delitto immersa in una narrazione che fonde realtà e fantasia. Il regista neozelandese aveva già trattato una storia simile in Creature del cielo: negli anni '50 a Christchurch in Nuova Zelanda, l'intensa amicizia tra Pauline e Juliet si trasforma in un legame morboso che sfocia in febbrile delirio matricida. Da due settimane fremevo per rivedere questo film del 1994, passato alla storia anche per il folgorante debutto di Kate Winslet. Il film è davvero una perla oscura , un autentico tuffo nell'incubo, ed ho trovato la visione ancora più disturbante di 15 anni fa. Considerata la filmografia successiva di Jackson, Creature del cielo è probabilmente il suo capolavoro.

"Oggi abbiamo scoperto la chiave del Quarto Mondo (...) Abbiamo visto un cancello tra le nuvole. Tutto era carico di pace e di beatitudine".

Partendo dai diari tenuti da Pauline tra il 1953 e il 1954, Jackson ricostruisce l'universo biografico/realistico e quello visionario/fantastico in cui si muovono le due protagoniste. Costrette ad un'educazione repressiva e vittime di una cieca autorità familiare (troppo rigida la famiglia proletaria di Pauline, troppo assente quella borghese di Juliet) le due brillanti studentesse (l'una introversa e razionale, l'altra espansiva ed emotiva) si incontrano fra i banchi dell'austero istituto femminile e mettono insieme il loro fervido potere immaginativo al servizio della creazione di un mondo fantastico in cui trovare rifugio dal grigiore della realtà. E' il Quarto Mondo, il Regno di Borovnia, che dalle pagine del romanzo scritto a quattro mani prende magicamente vita sotto forma di visioni e nuove identità (Juliet diventa la principessa Debora, Pauline è prima Charles, suo amante, poi Gina, la bella gitana).


E' un paradiso di musica, arte e godimento puro, consacrato al culto del tenore Mario Lanza e di James Mason, e popolato dalle statue di plastilina che incarnano i personaggi del romanzo medievale frutto del loro genio. La dimensione fantastica è ansia di libertà e desiderio di fuga, ma anche droga pericolosa: in questo nuovo spazio dalle possibilità illimitate Pauline e Juliet si muovono spensierate ed incontrastate. Più le rispettive famiglie cercano di restaurare una parvenza di autorità e si sforzano di separare le due ragazze (la loro amicizia diventa ogni giorno più "malsana" e va incontro all'inevitabile diagnosi di "disordine mentale" ed "omosessualità" pronunciata dal dottore, altro grottesco esponente di un'istituzione vuota ed inerte), più il loro mondo fantastico prende piede e si sovrappone alla realtà fino a sostituirsi ad essa. I confini vacillano, il contatto con la realtà inizia ad annebbiarsi, la separazione si fa totale. Con conseguenze devastanti.

"Abbiamo concluso che per la gente è molto triste non poter apprezzare il nostro genio".

La regia vorticosa ed allucinata di Jackson traduce magistralmente il delirio di onnipotenza delle protagoniste, registrando lo scivolamento senza più ritorno dalla dimensione reale a quella fantastica (fino all'omicidio, il momento "della fine di tutto", come presagisce consapevolemente Pauline nel suo diario). Il racconto procede inarrestabile ed esala un senso di malata inquietudine che è difficile scrollarsi di dosso: a differenza di Pauline e Juliet, la narrazione non perde mai il contatto con la realtà e l'orrore del delitto è restituito in tutto il suo crudo, sconvolgente realismo.
Voto: 9

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