sabato 27 febbraio 2010

Alice in Wonderland: la vera magia la fanno gli attori


Una cosa è certa: fin quando gli effetti speciali saranno utilizzati in modo funzionale per arricchire il risultato finale di una performance possiamo dormire sonni tranquilli. E' il miracolo (forse l'unico) in cui riesce Alice in Wonderland di Tim Burton: le caratterizzazioni del Cappellaio Matto e della Regina Rossa sono ispessite dal ricorso al trucco e agli effetti visivi, e la straordinaria bravura, l'espressività e la stilizzazione recitativa di Johnny Depp e di Helena Bonham-Carter restano perfettamente riconoscibili ed apprezzabili in tutta la loro efficacia. Potete darci tutti i 3D che volete, ma la vera magia al cinema la fanno sempre gli attori (e lo sguardo del regista).


Potete ben intuire che alla proiezione stampa dell'attesissimo film di Tim Burton ho lasciato la sala con un po' di amarezza e disappunto, in parte mitigati dalle elettrizzanti interpretazioni del cast, su tutti un toccante Johnny Depp (formidabile Cappellaio Matto: in più momenti emerge vivissimo e struggente il ricordo dell'altra immensa creazione del duo Burton-Depp, Edward Mani di Forbice) e una Helena Bonham-Carter assolutamente irresistibile e perfida nei panni dell'iraconda, dispotica ed infantile Regina Rossa. Anche Anne Hathaway lascia il segno, iniettando nella Regina Bianca Mirana, sorella minore di Iracebeth, una sottile dose di ironia ed oscurità, sotto l'apparente candore. E Mia Wasikowska funziona, col suo viso luminoso spesso corrucciato e cupo, così come tutti gli altri folli ed eccentrici personaggi di Sottomondo: dal fantasmagorico Stregatto al Brucaliffo, dal Bianconiglio alla topolina Mally.


Cos'è che non convince allora di Alice in Wonderland? Il mix di live action e performance capture non è tecnicamente avanzato come in Avatar ed anche il 3D sembra avere una resa inferiore. Alcune sequenze dinamiche (soprattutto i movimenti del Fante di Cuori) sono tutt'altro che impeccabili ma sono difetti che si possono perdonare, dal momento che stiamo parlando di tecnologie in fase di sperimentazione e continuo sviluppo. Il disappunto principale nasce a livello poetico e narrativo: Burton torna dopo anni a lavorare con la Disney in una super produzione e si ha la sensazione che abbia dovuto tenere a bada il suo talento visionario. Lo splendore degli scenari c'è, eccome, ma manca quell'aspetto profondamente dark, sinistro e maledetto che ha fatto la grandezza di Burton.

Da un punto di vista narrativo, la sceneggiatura mescola situazioni e personaggi da "Alice nel paese delle meraviglie" e "Attraverso lo specchio" di Lewis Carroll ed ha l'intuizione di spostare la storia in avanti nel tempo, raccontando di un'Alice ormai diciannovenne che sta per diventare adulta. Il ritorno nel paese delle meraviglie che aveva visitato da bambina e che aveva rimosso dalla sua memoria non solo sarà occasione di nuove avventure ma costituirà un vero e proprio rito di passaggio al termine del quale la giovane Alice prenderà in mano la sua vita ed il suo destino.


L'idea è buona ma lo sviluppo è convenzionale e normativo e il racconto procede prevedibile verso il climax della battaglia finale in cui si affrontano gli eserciti delle due regine rivali, mentre Alice, come previsto dalla profezia dell'Oraculum, dovrà riuscire a sconfiggere il terribile, mostruoso Ciciarampa.

Il divertimento è comunque assicurato e il film farà sfracelli al botteghino. Che io abbia perso la capacità di meravigliarmi? Da un regista come Burton è giusto aspettarsi di più, soprattutto quando gli ultimi Sweeney Todd e La sposa cadavere erano dei capolavori.

voto: 7

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