venerdì 30 luglio 2010

Lezioni di poesia con Jane Campion


"Una cosa bella è una gioia per sempre. Cresce di grazia, mai passerà nel nulla" (Keats, Endimione)

Come Bright Star abbia potuto mancare tutte le nomination principali all'ultima edizione degli Oscar (a parte quella, meritatissima, per i costumi di Janet Patterson) resta una mistero. E come l'Academy abbia potuto preferire all'ultimo lavoro di Jane Campion il più convenzionale An Education (per citare il titolo più vicino per gusto e sensibilità) insieme ad un paio di altri film decisamente meno degni (leggi The Blind Side e Precious, di cui parlerò a breve) è una vergogna. Qualcuno dica a Jane Campion che Bright Star non avrà avuto fortuna agli Oscar ma è stato immediatamente inserito nelle canditature ai Best Confidential Awards 2009-2010 come miglior film, miglior regia, miglior attrice e miglior attore. Oltre a figurare nella cinquina Best My Heart Confidential che annovera i miei titoli preferiti della stagione appena conclusa: Coraline, Chéri, A Single Man e Amabili Resti.

"Una poesia deve essere compresa attraverso i sensi", "lenisce l'animo e lo incita ad accettare il mistero", dice il giovane poeta Keats alla neo allieva Fanny nel corso della loro prima lezione di poesia. Ed è attraverso i sensi che va esperito e compreso un film come Bright Star: luminoso e puro come il suo titolo, come le parole di Keats, come il volto sublime di Abbie Cornish.

La tormentata storia d'amore tra John Keats, orfano senza rendita e dalla salute cagionevole, e la vicina di casa Fanny Brawne, ricamatrice dal temperamento forte, caparbio ed indipendente nonché musa del poeta nei suoi ultimi anni di vita (1818-1821), offre a Jane Campion l'occasione per un film fuori dal tempo e dalle mode, perfettamente ancorato nello stile visivo (trasparente) e nel passo narrativo (piano e silenzioso) all'idea di amore romantico espressa nelle poesie di Keats. Il risultato è un gioiello assoluto di misura, rigore e grazia, all'altezza dei capolavori dell'autrice neozelandese, Lezioni di Piano e Ritratto di Signora.

Ma se nei film precedenti la Campion sviscerava la dimensione selvaggia e carnale dell'amore o quella dell'amore come violenza e fascinazione/sottomissione psicologica, in Bright Star è l'amore vagheggiato attraverso la sublimazione poetica a costituire il centro del discorso. Non c'è spazio per la fisicità, se non in brevi fugaci momenti (elettrizzanti) ma questo non vuol dire che il dolore e la passione non siano ugualmente lancinanti. Tutto passa attraverso la magia della parola poetica, che si tratti di un poema appena composto o di una lettera che tiene avvinti gli amanti ad un sogno, una promessa, l'attesa di un ritorno. Una parola poetica che non è mai stata così sensuale e così abilmente tradotta in immagini.



La Campion taglia inquadrature-capolavoro con la luce così come Fanny ricama e taglia tessuti e Keats compone architetture di parole. Arte. Il film non corre mai il rischio dell'esercizio di stile e dell'accademismo proprio perché ogni immagine ha una densità ed una compenetrazione di forma e contenuto che toglie il fiato. Nessun movimento di macchina gratuito. Nessun momento narrativo o artificio registico superfluo. Ma Bright Star funziona perfettamente anche come rasserenato ed al tempo stesso dolente melodramma su un amore imbevuto di poesia e destinato, come tale, a scontrarsi con il mondo prosaico (la condizione economica di Keats che non gli permette di sposare Fanny, l'avversione del suo tutore, Charles Brown, la malattia). E come tale è dominato da un'eroina volitiva ed orgogliosa che lotta fino alla fine per restare vicina al suo amato.


Ben Whishaw sembra nato per incarnare John Keats, ma l'anima del film è Abbie Cornish. La Campion è sempre stata magistrale nel dirigere le sue attrici fino ad un livello di eccellenza. E dopo Hunter, Kidman e Winslet, non smentisce il proprio dono con la Cornish: radiosa, misurata e potente, alterna l'orgoglio, la spigolosità e la schiettezza salottiera delle prime scene ("Il mio cucire ha più merito ed ammiratori degli scarabocchi di entrambi. Ed io posso ricavarci denaro", sentenzia verso Brown e Keats) ai fremiti dell'amore in tutte le sue fasi, tra dolcezza, paura, estasi ed abbandono. Fino all'epilogo, indimenticabile, senza dubbio tra i finali più belli dell'anno (e bello quanto la corsa di Nicole/Isabel Archer nel finale di Ritratto di Signora): la reazione di Fanny alla notizia della morte di Keats è una scena di devastante intensità (e rigore registico da manuale) e la Cornish avrebbe meritato l'Oscar solo per questo momento. L' immagine della carrozza funebre in una Piazza di Spagna mai così deserta è raggelante. Ed è magnifico l'ultimo primo piano su Fanny che cammina nel bosco vestita di nero e recita tra le lacrime i versi del suo amato.


"Ristorati ed imperlati dal piacere", applaudiamo in silenzio.

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