domenica 4 ottobre 2009

La maschera doppia di Glenn Close



Il 20 settembre scorso sono stati assegnati al Nokia Theatre di Los Angeles i premi della televisione americana, gli Emmy. Assieme agli Academy Awards per il cinema e ai Tony Awards per ilt eatro, gli Emmy rappresentano l'altra grande cerimonia con cui lo show-biz a stelle e striscie premia e celebra sé stesso e le proprie star. Per il secondo anno consecutivo Glenn Close ha trionfato come migliore attrice drammatica per la serie tv Damages. Nel ritirare il premio l'attrice ha affermato che Patty Hewes è probabilmente il ruolo della sua vita. Forse Glenn non si è rivista di recente né in Attrazione fatale né nelle Relazioni pericolose.

Ora, Damages è sicuramente un ottimo prodotto e Glenn Close tratteggia con finezza e acume un altro dei suoi personaggi femminili perfidi e ambigui. Ma la cosa migliore di Damages è Damages stesso, con la sua pazzesca costruzione a puzzle e i suoi andirivieni temporali che confondono il telespettatore e lo tengono incollato alla poltrona. Quanto alla star protagonista, c'è qualcosa di risaputo ormai nella maschera "doppia" di Glenn Close, di puramente professionale e consumato. Non ci stupisce che il suo personaggio possa compiere azioni inique, anzi, vorremmo quasi che il ritratto si capovolgesse all'improvviso e Patty Hewes si rivelasse di colpo una "brava persona". Ovviamente gli autori sono abbastanza furbi e smaliziati da non dare certezze e lasciare i telespettatori nel dubbio: Patty Hewes è solo un'ottima avvocatessa, la migliore sulla piazza, disposta a tutto pur di vincere o è un vero e proprio squalo? Con quello sguardo acuto ed intelligente e quell'aura aristocratica a distante, Glenn Close è perfetta ed inietta nella parte scosse di elettricità ad alto voltaggio, unite ad una solidissima presenza scenica. Tutto però già visto e con risultati molto più sorprendenti in altre caratterizzazioni della grande attrice, prime fra tutte quelle di Attrazione fatale e de Le relazioni pericolose.


Alex Forrest, la stalker che dopo un week end di sesso sfrenato trasformava la vita tranquilla di Micheal Douglas in un incubo in Attrazione fatale, era uno studio sconvolgente e disperato di una personalità disturbata e malata. La genialità, l'esito eccellente della performance consiste nel fatto che Glenn Close non interpreta Alex come un mostro psicopatico (a questo ci pensa la regia, soprattutto nella parte conclusiva del film, in un corto circuito contraddittorio di grande interesse per la critica post-femminista), ma come una donna sola e triste, disperatamente in cerca di affetto e calore umano. Con un impatto deflagrante la Close capovolgeva il cliché femminile rassicurante che aveva incarnato nei film precedenti (Il mondo secondo Garp, Il grande freddo e Il migliore tra gli altri) e divenne una star, avvicinandosi alla parte con un'adesione e una compassione viscerali e fornendo una performance così potente e terrificante da rimanere impressa in modo indelebile nella memoria cinematografica collettiva. Era il 1987 e il film di Adrian Lyne catapultò Glenn Close nell'olimpo delle attrici più famose e apprezzate, al fianco di Meryl Streep e Jessica Lange.

L'anno successivo Glenn fece il bis con quella che, probabilmente, resta ad oggi la sua performance migliore, la Marchesa de Merteuil ne Le relazioni pericolose di Stephen Frears. Un capolavoro di sottile perversione, un monumentale e millimetrico lavoro sulla maschera e sulla dissimulazione, sull'immobilità del corpo e sul conflitto interiore. Bastino due scene per spiegare la levatura della prova attoriale. Quando la marchesa apprende la notizia della morte di Valmont, il corpo dell'attrice, fino ad allora congelato nella forma e nel trattenere (conservare) l'energia (i sentimenti), si sfalda in preda all'angoscia e alla disperazione. L'urlo è indimenticabile, così come i movimenti convulsi del corpo che si accascia a terra con la voce rotta dal pianto. E quando riconosce la sconfitta ed è costretta a gettare la maschera, Frears inquadra giustamente il volto della Marchesa mentre si strucca difronte allo specchio, come se fosse un'attrice al termine di una piece teatrale. Il primo piano conclusivo sul volto della marchesa è, forse, uno dei finali più belli del cinema contemporaneo. Sapienza e crudeltà registica da una parte e adesione dell'attrice dall'altra producono un effetto devastante e raggelante.
La forza di Glenn Close, la sua peculiarità, il suo carisma è tutto qui: nell'energia e nella precisione con cui scolpisce ed edifica personaggi che sembrano incrollabili come cattedrali e nella profonda verità che riesce ad afferrare e ad esprimere nel momento in cui questi personaggi cadono miseramente. Sono questi i ruoli "definitivi" della carriera di Glenn Close. Una carriera che dagli anni '80 ad oggi è passata dal cinema (sarebbe un crimine non ricordare almeno la strepitosa, stilizzatissima caratterizzazione di Cruella de Vil ne La carica dei 101 in cui in modo geniale Glenn Close modella il suo corpo come se fosse davvero un cartone animato con risultati esilaranti) alla televisione al teatro. E che ha toccato il suo punto più alto nel 1994, proprio a teatro (dove l'attrice aveva mosso i primi passi negli anni '70) con il ruolo di Norma Desmond nel musical Sunset Boulevard di Andrew Lloyd Webber. Un trionfo personale senza precedenti, pare che Glenn mandasse il pubblico in visibilio. Peccato non esserci stato. Detto questo... Patty Hewes chi?

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