mercoledì 19 maggio 2010

Miscellaneous Cate: Babel, Ripley, The Gift e altri


Babel (2006)
Nel mosaico caleidoscopico di Inarritu il segmento in Marocco con le star hollywoodiane Cate Blanchett e Brad Pitt è il meno incisivo, anche se il regista si sforza di sottrarre ogni allure divistica dalla loro immagine. Cate è comunque in uno stato di grazia (il 2006 è anche l’anno di Intrigo a Berlino e Notes) e la sua dolente figura di moglie occidentale insoddisfatta, infelice e letteralmente ferita a morte vale molto di più dell’espressione contrita e delle rughe (finte?) di Brad Pitt. Prove generali di alchimia pre-Benjamin Button.



Little Fish (2005)
Piccolo thriller australiano dall’atmosfera liquida e sospesa. Cate è una credibilissima ex-tossicodipendente in una trama di complessi rapporti familiari ed affettivi. Interessante e molto ben interpretato, ma il finale delude non poco.


The Gift (2000)
E’ il primo titolo in cui ho davvero apprezzato il talento dell’attrice australiana. Horror psicologico senza effettismi e colpi bassi, ambientato nel torrido e sonnolento sud e con una bella galleria di personaggi (su tutti il disturbatissimo Giovanni Ribisi, che tornerà a far splendida coppia con la Blanchett in Heaven). Nel ruolo della sensitiva Annie, Cate vibra di (in)credibile terrore per il suo dono esoterico e per il crudele maschilismo di una comunità che la taccia di stregoneria ma ricorre a lei per curare i suoi mali. Annie è strumento della verità, interpreta i segnali dei sogni e dei tarocchi senza reagire ai soprusi, affronta l’orrore e la cattiveria degli altri a testa bassa ed è l’unico baluardo dell’amore per gli altri e dell’importanza dell’ascolto e della comprensione in un mondo dominato dalla violenza.


Il talento di Mr Ripley (1999)
Noir d’annata con cast da capogiro: Matt Damon luciferino e dannato, Jude Law irresistibile e magnetico, Philip Seymour Hoffman strepitoso, Gwyneth Paltrow dolce e patetica. La Meredith di Cate Blanchett, frivola e spensierata ragazza americana di buona famiglia in libera uscita nel belpaese, è il comic relief di questo soleggiato e cartolinesco incubo italiano diretto da Anthony Minghella. In poche sequenze l’attrice schizza un bellissimo ritratto e ruba la scena alla Paltrow, costretta nel tragico (e scontato) ruolo della fidanzata abbandonata. Pagine di grande cinema: l’inizio con la ninna nanna per Caino intonata da Sinead O’ Connor; l’omicidio di Dickie in mezzo al mare sotto la luce accecante del sole; il tesissimo dialogo tra il sospettoso Freddie Miles e Tom Ripley nell’appartamento di Dickie a Roma; il finale senza speranza.


Oscar e Lucinda (1997)
In perfetta sintonia con l’altrettanto pallido ed intenso Ralph Fiennes, Cate è Lucinda, un’indipendente e scandalosa ereditiera con la mania del gioco d’azzardo, il gusto per gli affari e il sogno di costruire una chiesa di vetro. Primo ruolo da protagonista: Cate è radiosa ed attrice già matura. Bei paesaggi e una sensibilità tutta femminile dietro la macchina da presa (Gillian Armstrong, autrice del delicato Piccole donne con Winona Ryder)

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