mercoledì 20 gennaio 2010

Il sapore della vita nel nuovo Virzì


Ha il sapore della vita vera il nuovo film di Paolo Virzì e la densità della grande commedia all'italiana, quella in cui tutti possiamo riconoscerci perché ci rappresenta e racconta un pezzo di noi, come eravamo e cosa siamo diventati. La vita vera, crudele e complicata, senza sconti per nessuno ma inguaribilmente bella, in cui risate e lacrime sono intrecciate in modo indissolubile e sorprendente, e che solo il buon cinema, quello onesto e sincero, magari imperfetto, ma appassionato, può restituire.

Nell'estate del 1971, sotto lo sguardo imbarazzato del figlio Bruno e quello gioviale della piccola Valeria, Anna viene proclamata "la mamma più bella", suscitando la gelosia del marito e l'inizio dei pettegolezzi e delle malignità del paese. Parte così La prima cosa bella, tragicommedia agrodolce e malinconica ricognizione su un passato avventuroso, sfociato in un presente grigio e sospeso. Bruno è diventato un professore di lettere a Milano, fa uso di droghe ed è immensamente infelice. La notizia della malattia terminale della madre lo costringe a tornare a Livorno e a fare i conti con il passato. I ricordi si affacciano vividi e tumultuosi: Anna è sempre stata una madre troppo bella, esuberante e moderna per non provarne vergogna o imbarazzo. Tutti gli uomini perdevano la testa per lei, tutte le donne sparlavano di lei, mentre lei attraversava le (terribili) vicissitudini della vita senza perdere il sorriso, il coraggio e l'innocenza. Sopravvissuta alla morte di un marito scontroso e ostile e alle dicerie di provincia, Anna non ha perso un briciolo di quella forza, di quel candore e di quella straordinaria vitalità. E giunta alla fine del suo viaggio, è forse tempo di mettere a posto le cose e riunire la famiglia, In fondo non è mai troppo tardi per concedersi ancora un po' di felicità.



La prima cosa bella è soprattutto un tuffo nell'infanzia alla ricerca delle radici del malessere incolmabile del protagonista (magnificamente interpretato da Valerio Mastandrea). Da queste acque torbide e malinconiche, Virzì riemerge con un affresco familiare umido e caldo, sentito e partecipe, luttuoso e riconciliante. Non tutto funziona alla perfezione come nel precedente Tutta la vita davanti (che probabilmente resta la sua opera migliore): lavorando su un materiale privato, Virzì eccede in toni nostalgici ed autoindulgenti e non sempre ha il distacco necessario per asciugare il racconto. Ma evita facili bozzettismi alla Baaria, non ha paura di scavare e ferire, e muove i suoi personaggi con un amore ed una compassione che farebbero sciogliere le pietre. Molto più compatta la parte contemporanea, che racchiude i momenti più emozionanti e divertenti. Anche per merito del cast e di una sceneggiatura acuta e sensibile, chiaramente modellata sugli attori.

Mastandrea àncora il film col suo finissimo ritratto di uomo inadeguato ai margini della sua stessa vita e Claudia Pandolfi (Valeria) non è mai stata così brava. Se Micaela Ramazzotti (Anna da giovane) è intensa ma gioca un po' troppo con lo stereotipo della svampita innocente vessata dalle avversità, Stefania Sandrelli semplicemente illumina lo schermo e riempie i cuori con una interpretazione fra le migliori della sua gloriosa carriera. Nel passaggio di testimone fra le due attrici sembra davvero di rivedere il bellissimo personaggio di Adriana nel film Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli. Virzì intreccia consapevolmente passato e presente dei personaggi e del cinema italiano, infarcendo la narrazione di rimandi cinefili (fra cui anche una citazione da Roma città aperta) e regalando alla Sandrelli una parte che non sarà (mai più) dimenticata.

Voto: 7+

1 commento:

  1. Uno dei film più belli che ho visto negli ultimi mesi. Davvero mi ha colpito, e dire che sono andata a vederlo quasi per caso.
    Molto brava la Ramazzotti, splendido Mastandrea e superba la Sandrelli. Una storia senza troppe pretese ma che si snoda tra passato e presente con una sempicità disarmante.

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