Preceduto da una diffusa fama di flop (sia critico che commerciale: 65 milioni di dollari di budget, 33 milioni l’incasso finora raccolto oltreoceano), esce in Italia il 12 febbraio
Amabili Resti (
The Lovely Bones) di
Peter Jackson, tratto dal bestseller di Alice Sebold. Credo di essere nella ristretta cerchia di persone che non solo hanno apprezzato il film ma se ne sono lasciati quasi completamente (e piacevolmente) avvolgere. Sarà per la potenza narrativa di Jackson (che ha fatto di meglio, ma nemmeno si smentisce), per gli effetti visivi “favolosi” e funzionali o per
Saoirse Ronan, ma
Amabili Resti è un viaggio onirico disturbante e commovente che merita il prezzo del biglietto.
Il plot è noto: brutalmente assassinata, la quattordicenne Susie Salmon (Saoirse Ronan) staziona in una sorta di limbo ultraterreno dal quale osserva la sua famiglia sgretolarsi di fronte alla difficoltà di elaborare il lutto. Il desiderio di alleviare il dolore dei genitori (
Mark Wahlberg e
Rachel Weisz) si unisce alla brama di vendetta verso il suo assassino, il placido e solitario Mr Harvey (
Stanley Tucci).
In Creature del cielo Peter Jackson aveva già raccontato la storia di un atroce omicidio mescolando in modo eccellente realtà e fantasia senza mai perdere di vista gli aspetti più tragici e cruenti della vicenda. Accentuando fortemente il realismo della storia, Jackson otteneva l’effetto di rendere ancora più eccentrici, bizzarri e disturbanti gli inserti fantastici, appartenenti al mondo visionario delle due ragazzine matricide. In Amabili Resti conduce un’operazione differente: la storia è raccontata in voce fuori campo dalla protagonista morta, di conseguenza è il livello fantastico che predomina su quello realistico. Ciò che i critici americani non gli perdonano è di aver sorvolato sugli elementi violenti dell’omicidio ed aver ammorbidito una storia tanto terribile stemperandone i toni più cupi nella visione di un aldilà dalle generiche tinte pastello.
Una presa di posizione da parte della critica Usa abbastanza discutibile. Pur attenuando i dati più cruenti del racconto (Jackson sceglie intelligentemente di non mostrare il delitto), il film non risulta meno angoscioso e terrificante. Anzi, la prospettiva ultraterrena che Jackson impone sin dall’inizio agli spettatori è assolutamente convincente ed è portata avanti in modo suggestivo ed originale con risultati drammatici di notevole efficacia.
Il punto di vista principale (determinato dalla voce narrante) mette in atto un’identificazione quasi immediata tra la protagonista che, dal cielo, guarda i genitori e gli spettatori che guardano il film. Questa posizione non solo accentua la dimensione onirica dell’esperienza spettatoriale ma fa in modo che gli spettatori partecipino emotivamente al “viaggio” di Susie come se fossero intrappolati anche loro in questo mondo inbetween, sorta di terra di mezzo o dimensione parallela dove stazionano le anime prima di raggiungere il paradiso. E cos’è questo inbetween se non la dimensione altra creata dal mezzo filmico?
In questo parallelismo c’è l’aspetto più originale ed interessante di Amabili Resti. Nel dare forma a questa dimensione onirica, Jackson è molto abile nel suggerire ed evocare determinate sensazioni ed emozioni che richiamano la sfera percettiva del sogno. E questo luogo, sospeso fra cielo e terra, è assolutamente credibile soprattutto perché è costruito partendo dall'immaginario specifico, personale e "limitato" di Susie, teenager con tutto un bagaglio di sogni, visioni e desideri legati alla sua esperienza e alla sua età. L'aldilà che ne risulta, quindi, è sì celestiale, etereo e per certi versi ingenuo, ma ha anche un lato oscuro, perturbante e lugubre. in una parola favolistico. Come Avatar, Amabili Resti è un'esperienza che chiede di essere vissuta: Jackson conferma una grande capacità immaginifica nel dar corpo a sogni/incubi dalle implicazioni tutt'altro che pastello, ricorrendo ad un uso accorto e visivamente stupefacente degli effetti speciali.
Da un punto di vista narrativo non era certo facile tenere le fila di un materiale che fonde family drama, ghost story e thriller, ma la scommessa può dirsi riuscita nonostante il sentimentalismo eccessivo di alcuni momenti (soprattutto il finale) e qualche lungaggine di troppo. Dalla trilogia tolkeniana a King Kong, Jackson non è mai stato un narratore asciutto, ma Amabili Resti rischia di soffrire di questa prolissità molto più dei film precedenti.
Il principale difetto è un altro e riguarda il “pesante” approccio registico: Jackson impone la sua presenza in ogni inquadratura con continui movimenti di macchina, dilatazioni temporali o frammentazioni narrative non sempre necessarie e il film ne risulta appesantito, sovra-montato e sovra-diretto.
Nondimeno, il regista neozelandese è abile nel mantenere altissimo il livello di tensione e nel garantire una commozione che risuona autentica. Qualche dubbio sullo scioglimento finale che non appaga pienamente le aspettative e lascia un senso di amaro in bocca difficile da digerire, ma Amabili Resti rimane opera rispettabilissima, potente e ipnotica.
Difficile dimenticare il Mr Harvey di Stanley Tucci, mellifluo, magnetico ed inquietante. Nel ruolo della fulminatissima nonna Lynn Susan Sarandon ha il compito di portare il sorriso in una manciata di scene e ci riesce così bene che ne vorresti di più. Ma il film non sarebbe possibile senza Saoirse Ronan che rende credibili tutti i palpiti e i sogni infranti di Susie, ed àncora stupendamente la dimensione emotiva del racconto. Catturata dalla macchina da presa, la magia del suo volto e dei suoi occhi vale più di ogni effetto visivo.
Voto: 7