Some things we lost in the middle (a brief walk through the last three years)
Dal 2010 al 2012 gli Oscar hanno visto trionfare i gradevoli ma normativi
The King's Speech, The Artist e
Argo, ma scelte decisamente migliori sarebbero state
The Social Network, The Tree of Life e Zero Dark Thirty.
Annette Bening è rimasta per la quarta volta a bocca asciutta ma almeno la prova di
Nathalie Portman nel turbinoso
Black Swan era davvero eccezionale (anche per merito del buon Darren).
L'immarcescibile
Meryl Streep si è finalmente portata a casa il tanto sospirato terzo Oscar per una grande performance, certo, ma imprigionata in un film tremendo. E, la povera
Glenn Close col suo dolente
Albert Nobbs è arrivata ad eguagliare il record di Deborah Kerr e Thelma Ritter: sei nomination e zero statuette.
Ancor peggio è andata a
Julianne Moore, adorabile troublemaker in
The Kids Are All Right, alla metafisica
Tilda Swinton di
We Need To Talk About Kevin, a
Charlize Theron, affilata e geniale in
Young Adult, all'aspra, fiera
Marion Cotillard di
Rust and Bone e alla sublime
Rachel Weisz di
The Deep Blue Sea: tutte performance eccezionali, ignobilmente snobbate.
Nel frattempo la divina
Cate Blanchett si è rinchiusa nel teatro di Sidney ed ha diradato le sue apparizioni sullo schermo. Ma presto la vedremo nei nuovi film di Woody Allen e George Clooney.
Nicole Kidman, dopo aver inanellato una serie sterminata di flop, è tornata a rifulgere prima in
Rabbit Hole e poi nello sfrontato, oltraggioso e dannatamente divertente
The Paperboy.
Carey Mulligan ha confermato il suo talento drammatico in
Shame e
Drive e quest'anno l'attendiamo al varco de
Il Grande Gatsby e del nuovo film dei Coen.
Jennifer Lawrence è deflagrata, prima al box office con
The Hunger Games e poi agli Oscar col sopravvalutatissimo
Silver Linings Playbook, scippando la statuetta alle ben più meritevoli
Emmanuelle Riva e
Jessica Chastain.
La Chastain è infatti la vera rivelazione degli ultimi due anni ma la più brava tra le nuove leve resta ancora
Michelle Williams: da
Blue Valentine a
Meek's Cutoff, da
My Week with Marylin a
Take This Waltz, nessuna riesce ad essere così intensa e naturale, senza affettazioni o manierismi.
Blue Valentine è uno dei cult movie del decennio ed ha definitivamente lanciato
Ryan Gosling nella stratosfera. Posto che condivide con
Michael Fassbender, immenso in
Shame e
Jane Eyre e unica vera ragione per addentrarsi in
Prometheus.
E i film? Bellissime sorprese sono state il delicato
Beginners col terzetto McGregor-Laurent-Plummer, l'irriverente
Bridesmaids (sorprendente, malinconico film sulla depressione abilmente mascherato da commedia) e, da poco uscito anche in Italia, il bellissimo
The Perks Of Being A Wallflower (Noi siamo infinito). E i capolavori assoluti
The Tree of Life,
A Separation,
Amour,
Moonrise Kingdom e la prima metà di
The Master. Ma il mio cuore ha battuto soprattutto per il crudele ritratto di
Young Adult, la discesa agli inferi di
Shame e il romanticismo tempestoso di
Jane Eyre, il lancinante melo'
Rust and Bone con la memorabile coppia Cotillard-Schonaerts e i cromatismi psicologici di
Take This Waltz.
Quanto alla tv, la ferale Patty Hewes di Glenn Close ci ha definitivamente lasciati con la chiusura di
Damages, le crinoline british di
Downton Abbey hanno fatto il pieno di ascolti e gli intrecci psico-fanta-spio-politici di
Homeland hanno conquistato tutti i premi possibili. E meritatamente, perché si tratta di una delle serie migliori dello schermo anche grazie alle prove di Claire Danes e Damian Lewis.
Kate Winslet si è tenuta in disparte dopo l'Oscar per
The Reader ma non prima di aver fatto i fuochi d'artificio con
Mildred Pierce, miniserie capolavoro diretto dal genio di Todd Haynes, in cui dà ulteriormente prova della sua generosità senza limiti. E
Julianne Moore ha finalmente agganciato il ruolo giusto, Sarah Palin in
Game Change, per raggranellare i primi premi importanti (Emmy, SAG e Golden Globe) dopo 20 anni di carriera. L'Oscar non dovrebbe essere tanto lontano.
Best Actress Confidential is back.